Riti)
RAMON IERI Li 43 PMLI ta
TERI CM EI
chi
Ù
SCHTA DENTISTI 3 INCBLEY DADLIR PO,
DE) MSI ILHD 9
IRE NILO) ig \ MUTI AMICI IENA TI di UO] DAREI
e rn: ASA
sù
wr. \w = ud a ceto. = USI | SwwSTESeTTITTI TIA SIIT ve af
; E w NDAARDAA A ba ornca "27° "eg SVI! VANI
x Y \ AS TRAA SÈ ved at ITA AZ sv vvevy "Vv o «Aeg ALDI id rod sritezeze er = A ot - DIGAASI Aa MJet se SHIA va Sato Bg IVCZTO®*
(9, <A di di ® mA SÉ Ve ge — AA oncsve, SSR ARI ie = UE o hai ali © uu Cid ne È Mega vet 5 tt ve Siruepey®VC A ! cretitvw
reserve o “CETÈ “gi id 405 VARI NAST IS | : TI ARIMA vu
gui *essnvvito "eu ene
hai / ROSATI 1A
“on
veti? UE vw°vi “ LAI è Gi deg hl suut Vy i i RSI ul | : RA ALSIARALAI i be Io TVRRIRI PARITA Aug y è
w he ; Vebn A IA ATO ATT- x NU cdr gi o=ouroti
lA SA ui
a re ESRI voi E
da °° SAI egizi
IPER] “sc : sveva S& 3 SII
: SV revte ron è calli suona SPAM sera cilaito AT a AAT IA DAARARII
ng er
a SU dd
de ag <<. | dn + es No tuali. Ad wa Ch, { <_ vee: =“ * vv
È ASINI we Uè, -oryVy SV ADAIAAATIA = hd IO! 39 Ve MAIA LT uw—wegT o
lu 9> < & - go veUEtS UNE pitti >" <SON VA SIHYHH È eulteo . AA d
è Nur "o ogg
sa iaan zie
vi y w i < » ia
SIAE
4 AA SR RA ST = ue °°} — pr TITTI] SARI ati ggauamenzi Es se. GE i AC RA visgegzsi Siate O ed Uri” Aa “uu ù SIT v/ lyoveotde i LI ww hg Moe PMI IDATA UTTAA Svevi vi AA A N % SL + N gv = = ! n ha “ liu do 3 Aide rog sitter Pa CEEÈ dg He ] 9 ly LATTA 4A. 20338 “up VEGUICTUVONE RAIL. la Frasi a veud so yy Pyg®W9?7<- Sd " << ° RR È osato vio setta y ye” Jil ue, “= — PAC pttha e x. vd Toei A DIARI È w* ve : ii per ; centi o vg iv Ei AO RO I Au de SS, | vg a EST “AG ARIKA 90% SIA SARZANA dl SIRIA MI AIA 1] NINA SIIT AIDA DARLAASAEAIRAA DEAL DA ITMANAI- RATTO “e bui AAA DA AMIBRAAIANE FAL he ese & ww = = » w mit A LAMA I 99 "vir S loro tito” VITI BERARIRORZZAS & © 36 tn w è © |> si lo AE 3 AGR Lg uvtugeLIRIGRIO” % zo lL £ Pl A FAIAHIP ra TOror | I UTIUIVITCÀIO nen \_ ‘3 i ii yy #\ ì Sx suv TI ha sSevivizzia 4, vu vv ‘N MY | Grid ERE e i = S LI i I i = E; È FE = vm. RARA A IROTT AAT MA GUT oI99I AA Sen o90 MATA ANI © ru f A 7 9 N me = il e de i È - ren i vg =, wu” MANI mx O e se ivo. 4497, edi i È AAA Moi vd a n] ve qISE . A TTAZIA A AA hd vw MISI I _AAAAAABATA MEA - * (ANTA MALO, wZ--<>7v35=""* o uovo DA big uv Ma AA Ma ve STI fi > RE id e ed È pi rat E VITA AO PRIFITRIATE
UPRPRE LO $ "a ri (324% 19), Pa "1 rai È, } DE Vadim: CI î Vu f TEAEO TEO pUltINC Y v ; tUI x ì t i È L''RO ù . >) x CI RAGIINRAI i TUNING TTO TE } SMRIOBCONIINTO 4
SEIN SE vi
SERIE QU
PUBBLICATI PER CURA DII SH
Volume III — F: 1° SEMESTI
Seduta del 9 gem
f
alaiosi i
Safin gp A Phopliristr 4
ROMA = sa ' TIPOGRARIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
pegate pre
PROPRIETÀ DEL CAV. V. SALVIUCCI
leggi.
L
1. I Rendiconti della R. Accademia dei Lincei si pubblicano regolarmente due volte al mese; essi contengono le Note ed i titoli delle Memorie presentate da Soci e ‘estranei, nelle due sedute mensili dell’ Accademia, nonchè il . bollettino bibliografico.
Dodici fascicoli compongono un volume, due volumi formano un’annata.
2. Le Note presentate da Soci o Corrispon- denti non possono oltrepassare le 12 pagine di stampa per la Classe di scienze fisiche, ma- tematiche e naturali, e 16 pagine per la Classe
scienze morali, storiche e filologiche.
di estranei presentate da Soci, che o la responsabilità, sono portate a li stampa per la Classe di scienze a 12 pagine perla Classe di scienze
Accademia dà per queste comunicazioni tti gratis ai Soci e Corrispondenti, e 25 stranei; qualora l’autore ne desideri un «mero maggiore, il sovrappiù della Spesa è posta a suo carico. |
4.I Rendiconti non riproducono le discus- sioni verbali che si fanno nel seno dell’Acca- lemia; tuttavia se i Soci, che vi hanno preso parte, desiderano ne sia fatta menzione, essi sono tenuti a consegnare al Segretario, seduta stante, una Nota per iscritto.
Dot ot He
REGOLAMENTO INTERNO
PER LE PUBBLICAZIONI ACCADEMICHE
IDE
1. Le Note che oltrepassino i limiti indi- cati al paragrafo precedente, e le Memorie pro- priamente dette, sono senz'altro inserite nei Volumi accademici se provengono da Soci 0 da Corrispondenti. Per le Memorie presentate da estranei, la Presidenza nomina una Com- missione la quale esamina il lavoro e ne rife- risce in una prossima tornata della Classe.
2. La relazione conclude con una delle se- guenti risoluzioni. - 4) Con una proposta di stampa della Memoria negli Atti dell’Accade- mia o in sunto o in esteso, senza pregiudizio dell’ art. 26 dello Statuto. - 2) Col desiderio di far conoscere taluni fatti o ragionamenti contenuti nella Memoria. - c) Con un ringra- ziamento all’ autore. - d) Colla semplice pro- posta dell'invio della Memoria agli Archivi dell’ Accademia.
3. Nei primi tre casi, previsti dall’ art. pre- cedente, la relazione è letta in seduta pubblica, nell’ ultimo in seduta segreta.
4. À chi presenti una Memoria per esame è data ricevuta con lettera, nella quale si avverte che i manoscritti non vengono restituiti agli autori; fuorchè nel caso contemplato dall’art. 26 dello Statuto.
5. L'Accademia dà gratis 75 estratti agli au- tori di Memorie, se Soci o Corrispondenti, 50 se
‘ estranei. La spesa di un numero di copie in più
che fosse richiesto, è messa a carico degli autori.
dei
è JI
DELLA
REALE ACCADEMIA DEI LINCEI
ANNO CCLXXXIV.
337
—_____— —
rr A EA
RENDICONTI
PUBBLICATI PER CURA DEI SEGRETARI
VOLUME III.
1° SEMESTRE
ROMA
TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI .
PROPRIETÀ DEL CAV. V. SALVIUCCI
1887
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
DIADD—-<K---
Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Seduta del 9 gennaio 1887
F. BrIoscHI Presidente.
MEMORIE E NOTE DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Botanica. — Diagnosi di funghi nuovi. Nota I. del Socio G. Pas- SERINI.
« Non è senza esitazione che mi determino a pubblicare le diagnosi di un numero abbastanza considerevole di funghi che ho creduto nuovi, in un tempo in cui le specie note sonosi prodigiosamente moltiplicate, e col pericolo di non riescire ad altro fuorchè a rendere più pesante ed intricata la farragi- nosa sinonimia micologica: ma poichè coi eriterii ora seguiti nella definizione delle specie e colle accurate ricerche fatte nelle più recenti pubblicazioni, non mi fu possibile di riferire le specie da me studiate a nessuna di quelle finora descritte, azzardo presentarle ai Colleghi, colla fiducia che non vor- ranno essere giudici troppo severi nei casì, sgraziatamente possibili, ne’ quali mi fosse occorso di dare nomi nuovi a forme già prima osservate e ricevute nella scienza.
« 1. LARSTADIA VITIGENA Passer. hb. — Perithecia sparsa, minima, punctiformia atra, epidermidi innata, contextu cellulis amplis subhexagonis, fuligineis formato. Asci parvuli, aparaphysati? obovato-clavati vel ovales aut
ZIO ia saccati, recti vel curvi 4P-Sspori, 25-37 X 10-12: sporae subdistichae vel conglobatae, ovoideo-oblongae, continuae, hyalinae, 12 X 4-5.
«In sarmenti secchi di vite, insieme a Diplodia, Phoma, Coniothy- rium ete.; Vigheffio presso Parma. Estate.
« 2. LAESTADIA PARMENSIS Passer. hh. — LZaestadia Mali Erbar. crittog. ital. ser. II n. 1366 saltem ex parte. — Perithecia amphigena, gre-
garia vel subsparsa, pusilla, epidermide tecta, dein ostiolo acutiusculo emersa, atra. Asci cylindrico-clavati, obtusi, recti vel leniter arcuati, sessiles, apara- physati, Sspori, 35-40 X 7-8: sporae distichae, fusiformes, rectae vel vix curvae, continuae, guttulis 4 minutis foetae, hyalinae, 10-12 X 2-2, 5.
« Sulle foglie sternate di Pero; Parma. Primavera.
« 3. LAESTADIA ABsinTHI Passer. hb. — Perithecia sparsa, pusilla, tecta, ostiolo punctiformi vix perspicuo. Asci lanceolati, brevissime paraphysati, 8 spori, 50-60 X 7, 5: sporae distichae vel oblique monostichae, fusiformes, rectae, inaequilaterales vel vix curvae, continuae, intus granulosae vel nucleolatae, hyalinae, 16 X 3-3,5.
« Nei cauli secchi dell'Artemisia Absinthium; Vigheffio presso Parma. Estate.
« 4. GNOMONIELLA CERcosPoRAE Passer. hh. — Perithecia epiphylla sparsa, parenchymati immersa, ostiolo breviusculo eylindrico erumpente. Asci clavati, inferne attenuati, 35 X 5, 8 spori: sporae distichae, subfusiformes, gut- tulis minutis 3-4 foetae, hyalinae, 7 X2.
Sulle foglie del Rudus glandulosus, nelle macchie formate dalla Cercospora Rubi (Nees); a Collecchio presso Parma. Autunno.
« 5. PuvsaLospora NeRuI Passer. hh. — Perithecia sparsa, cortici immersa, atra, primo tecta, dein plus minus nudata. Asci clavati, paraphy- sibus crassis aequilongis obvallati, basi attenuato-stipitati, 8spori?: sporae oblongo-ellipticae, integrae hyalinae, 1-3 guttulatae, 25 X 7, 5.
« Nei rami secchi di Nerium Oleander; a Livorno nel Giardino pub- blico. Febbraio.
« 6. URrosPORA BICAUDATA Passer. hh. — Perithecia crebre sparsa vel gregaria, tecta, globosa, minuta, papillata. Asci paraphysati ampli, crasse tuni- cati, clavati, recti vel gibbi, 65-112 X 15-25, 4-8 spori: sporae cymbaeformes, subinde oblongo-ellipticae, granulosae et guttulatae, 20-27 X 10-12, utrinque in appendiculam hyalinam 6-7 «. long. productae.
« Ne ramicelli secchi di Cornus sanguinea ; Vigheffio presso Parma.
« 7. BoTRYOSPHAERIA IMPERSPICUA Passer. hb. — Perithecia pauca, minuta, papillata, in acervulos parvulos pustulaeformes vel lineares vix pro- minulos, saepe tectos, aggregata, fusca. Asci paraphysati oblongo-clavati atte- nuato-stipitati octospori, 175 X 15: sporae continuae, rhombeae, intus granu- losae et guttulatae, hyalinae, 20-25 X 10.
« Ne cauli secchi dell'’Euphordia Characias ; presso al Lago di Bolsena.
DR
« 8. SPHAERELLA ViraLBAaR Passer. hb. — Perithecia crebre sparsa, punctiformia, atra: asci breves, basi ventricosi, breviter constricto-stipitati, 62 Xx 20, Sspori: sporae subtristichae, apice altero obtusiore, 20-25 X 7-7, 5 hyalinae.
« Nei sarmenti aridi della Clematis Vitalba ; Fornovo Prov. di Parma.
« 9. SPHAFRELLA CARPOGENA Passer. hb. — Perithecia sparsa, sub- cutanea minuta, ostiolo atro, acuto vix perspicua. Asci oblique ovoideo-oblongi, 90-75 X 15-20: sporae tristichae vel conglobatae, oblongo-ovatae, medio septatae, non constrictae, hyalinae, 15-17, 5 X 5.
« Sphaerellae Tassianae fructificatione similis sed perithiciorum forma et situ distinguenda.
« Sul dorso dei frutti del Ziriodendron tulipifera; Parma R. Orto Botanico.
« 10. SpHAERELLA ALsIinEs Passer. hb. — Perithecia crebre sparsa, punctiformia, atra, ostiolo acutiusculo, contextu celluloso, fuligineo. Asci apa- raphysati obovato-pyriformes vel gibbi, basi acuti, sessiles, 8 spori, 45 X 17-20: sporae tristichae vel conglobatae, oblongae, medio septatae, non constrictae, utrinque rotundatae, loculo altero paullo longiore et angustiorae, 15-17 X 5.
« Nelle foglie inferiori aride dell’A/sine larzeifolia ; nel Monte Prin- zera Prov. di Parma. Autunno.
« ]l. SPHAERELLA PULVISCULA Passer. hb. — Perithecia perpusilla, crebre sparsa, granuliformia, atra, nitida. Asci obovati, subsessiles, 25 X 10: sporae subtristichae naviculares, medio septatae, hyalinae, 10 X 2,5.
« Nel caule del Dianthus brachyanthus, nei Pirenei. avuto dall'amico prof. Cocconi.
« 12. SPHAERELLA CaRrvopHyLLI Passer. hb. — Perithecia sparsa vel subgregaria, minima, ostiolo acuto, atra, nitida, cellulis ampliusculis fulgi- neis contexta. Asci oblongo-clavati, 8 spori, 60-75 X 15: sporae cuneiformes, ad septum non constrictae, 12,5-15X 3,5, hyalinae.
« Nelle guaine secche del Dianthus Caryophyllus e nelle brattee e nelle foglie morte del Dianthus prolifer ; Vigheffio presso Parma. Estate. Autunno.
« 15. SPHAERELLA FIRMIANAE Passer. hb. — Perithecia laxe gregaria, minuta, tecta, ostiolo acuto erumpente, atra. Asci caespitosi oblongi, infra medium plus minus inflati et saepe inaequilateres, basi constricta stipitati, 50-65 X14-15: sporae subdistichae, oblongae, medio septatae, loculo altero vix angustiore, 18-20 X 7-7,5.
« Nei picciuoli fracidi della Yjyrmiana platanifolia ; Parma nel KR. Orto Botanico.
« 14. SPHAERELLA BRACTEOPHILA Passer. hb. — Perithecia epiphylla sparsa, subglobosa, atra. Asci oblongi, clavati vel medio turgiduli, 8 spori : sporae oblongae, apicibus rotundatis, altero angustiore, medio septatae, subcon- strictae, 18-23,5 X 5-6,5.
SS,
« Nelle brattee sternate della 7%%a europaca; Parma. Primavera.
« 15. SPHAERELLA SUCCEDANEA Passer. hb. — Perithecia epiphylla in maculis irregularibus, exaridis subgregaria, globosa vel lenticulari-depressa, atra. Asci fasciculati, ovato-oblongi vel gibbi aut clavati, basi breviter con- stricto-stipitati, 8 spori, 45-62 X 15-20: sporae bi-tristichae vel conglobatae, medio septatae, non constrictae, hyalinae; 15-20 X 6-7.
« Peritheciis semper epiphyllis, nucleo durissimo carente et sporis an- gustioribus non constrictis, a Sphaerella Vitis Thilm. Fuckel, videtur distin- guenda.
« Su foglie languide di vite, già attaccate dalla Peronospora, insieme con Phoma succedanea Passer.
« 16. SPHAERELLA JAPONICA Passer. hb. — Perithecia amphigena, gregaria vel sparsa, epidermide tecta, punctiformia, non pertusa, atra, con- textu obscure celluloso. Asci fasciculati, non paraphysati, oblongo-clavati vel infra medium inflati, 8spori, 62-85 X 10-20: sporae subdistichae oblongae, prope medium septatae, non vel vix constrictae, hyalinae, 20-25 X 5-7.
« Nelle foglie fracide dell'£vorymus japonica; Parma nel Giardino della R. Università. Primavera.
« 17. SPHAERELLA CERASICOLA Passer. hb. — Perithecia minutissima, sparsa, epidermide tecta eamque punctiformi sublevantia, globulosa, atra, ostiolo simplici, pertuso, membranacea, eximie parenchymatica. Asci oblongo-pyrifor- mes vel cuneati, 8 spori, 30-36 X 12-15: sporae conglobatae vel subtristichae, obovato-oblongae, prope medium septatae, loculo altero breviore et angustiore, hyalinae, 10-12 X 5.
« Su ramicelli di. Prunus Cerasus affetti dalla gomma, insieme con Co- niothyrium Cerasi Passer; Vigheffio presso Parma. Estate.
« 18. SPHAERELLA RHODOPHILA Passer. hb. — Hypophylla subgregaria, peritheciis minutis ‘prominulis, maculas griseas, venis limitatas, formantibus. Asci breves, saepius basi vel medio ventricosi, interdum globoso-ovati, 6-8 spori?: sporae oblongae, didymae, hyalinae, medio leniter constrictae; 20-23 X 8.
« Nelle foglie sternate di Rosa, nel Giardino della R. Università insieme a Discosia Artocreas. Parma.
« 19. SPHAERELLA SAXIFRAGAE Passer. hb. — Perithecia epiphylla, sparsa vel subgregaria, globosa, velata, atra. Asci oblongo-clavati 50 X 15, 8 spori: sporae subdistichae vel inordinatae, oblongo-spathulatae, medio septatae, non constrictae, hyalinae, 22,5 X 5, endoplasmate opaco granuloso.
« Nelle foglie morte della Sax:/raga muscoides ; sul Colle del Gries nel Piemonte.
« 20. SPHAERELLA PAPYRIFERA Passer. hb. Perithecia gregaria in ma- culis fuscis oblongis, subglobosa, atra. Asci magnitudine varia, clavati vel cylindrici: sporae oblongae, subspathulatae, obscure tenuiter septatae, hyali- nae, endoplasmate granuloso, interdum uni-biguttulatae, 20 X 7-7,5.
li Pesi
« Diflert a Sphaerella Firmianae Passer. peritheciis in maculas aggre- gatis et ascorum forma; et a Sphaerella Araliae C. et Harkn. saltem spo- rarum forma et magnitudine.
« Nei picciuoli dell’Aralia papyrifera offesi dal gelo; nel R. Orto Bota- nico di Parma.
« 21. SPHAERELLA RAMULORUM Passer. hb. — Perithecia crebre sparsa, minuta, ostiolo conico epidermidem perforante. Asci ovati vel ovato-oblongi, utrinque attenuati vel etiam clavati, 8 spori, 40-80 X 12: sporae bi-tristichae, oblongo-fusiformes, medio septatae, non constrictae, hyalinae, 12-15 X 3-5. —
« Nei ramicelli vivi della Zonzcera Caprifolium ; Vigheffio presso Parma. Estate.
« 22. SPHAERELLA IMPLEXA Passer. hbh.— Maculae amphigenae, griseae, submarginales, fusco limitatae, perithecia amphigena, sparsa, ostiolo nigro vix emerso. Asci oblongo-clavati, basi attenuato-stipitati, 60 X 12: sporae disti- chae, oblongae, medio septatae, non vel vix constrictae, loculis guttulatis, altero majore, hyalinae, 17-20 X 5-7,5.
« Sulle foglie languide della Zonicera implexa; nel R. Orto Botanico di Parma. Giugno. i
« 23. SPHAERELLA RItRo Passer. hb. — Perithecia sparsa, tecta, sub- globosa. Asci ex ovata basi superne attenuati, 8 spori: sporae tristichae vel conglobatae, oblongae, hyalinae, 10-15 X 3-5.
«A Sphaerella compositarum Auerswd. ascis sporisque multo minori- bus, et a Sphaerella Jurineae Fuckel ascorum forma distinguenda.
« Nel caule fracido dell’Zehirops Ritro; Vigheffio presso Parma.
« 24. SPHAERELLA PTEROPHILA Passer. hb. — Perithecia minuta, aggre- gata, atra, matricem plus minus infuscantia. Asci oblongo-clavati vel etiam breves, ovati aut gibbi, 45-75 X 15, 8 spori: sporae distichae vel conglobatae, cuneato-oblongae, extremo altero acutiusculo, altero rotundato, medio septatae, non constrictae, hyalinae, 17-5 X 5.
« Nelle samare del Yrazinus Ornus con una Pleospora immatura; Parma nel R. Orto Botanico. Marzo.
« 25. SPHAERELLA EupHRASIAE Passer. hb. — Perithecia minuta, sparsa, lenticularia, fusca, primo tecta, dein per epidermidem fissam emersa, nucleo albo farcta. Asci breves, subcylindrici, basi breviter angustati circiter 47-50 X 12-13, 8 spori: sporae subdistichae, oblongae, didymae, leniter con- strictae, loculis inaequalibus, altero subcuneato angustiore, 12,5-15 X6-7,5, hyalinae.
« Ne' cauli secchi dell’ Euprhasia lutea; a Vigheffio presso Parma nelle ghiaje del Torrente Baganza. Autunno. -
« 26. SPHAERELLA SERPYLLI Passer. hb. — Perithecia minima super- ficialia, globosa solitaria vel subgregaria atra. Asci oblongi, subsessiles, basi plus minus inflati vel gibbi, octospori, 37-45 X 10-12: sporae distichae vel
PEIONIE inordinatae, oblongae, medio septatae et leniter constrictae, hyalinae, endopla- smate granuloso opaco, 15-20 X 5-7.
«A Sphaerella calycicola Passer. Erbar. crittog. ital. ser. II, n. 1462 cui affinis, characteribus allatis videtur distinguenda.
« Nei calici secchi del 7hymus Serpyllum; a Vigheffio presso Parma. Autunno. | _« 27. SPHAERELLA ALOYSIAE Passer. hh. — Perithecia minuta, sparsa, epidermidi immutata adnata, atra. Asci oblongo-clavati, basi abrupte breviter stipitati, 8 spori, 50-70 X 15: sporae distichae, oblongae, didymae, vix con- strictae, vage pluriguttulatae, hyalinae, 17-22,5 X 7,5.
« Nei ramicelli secchi della Verdena Aloysia; nel R. Orto Botanico di Parma. Febbrajo.
« 28. SPHAERELLA sPINICOLA Passer. hb. — Perithecia crebre sparsa, su- perficialia, minima, punctiformia, atra. Asci ventricosi aut saccati, 25-30 X 7,5-12: sporae distichae vel conglobatae, oblongae, utrinque rotundatae, medio septa- tae, vix vel non constrictae, hyalinae, 10 X3.
« Negli spini dell’Zippophae rhamnoides ; nell’ alveo del Taro a For- novo, Prov. di Parma. Estate.
« 29. SPHAERELLA CyPARISSIAE Passer. hb. — Perithecia sparsa, epi- dermide tecta, dein vertice acutiusculo denudata, subglobosa, atra. Asci obovati, sessiles, 8 spori, 15-17X7,5-8: sporae subtristico-stipatae, oblongo-cuneatae, loculo altero breviore et angustiore, 9-10 X 3, perfecte hyalinae.
« Sphaerellae Salicorniae Averswd. affinis, sed ascis minoribus et spo- rarum forma et colore, satis diversa videtur.
« Nel caule fracido di Euphorbia Cyparissias; a Vigheffio presso Parma.
« 30. SPHAERELLA TirHymaLi Passer. hb. — Perithecia crebre sparsa, innato-erumpentia, atra, ostiolo obtuso. Asci cylindrici, 8 spori, 40-50 X 7,5-8: sporae distichae, fusiformes, medio septatae, hyalinae, 12-15 X 2,5-3, intra ascos tantum visae.
« Nel caule fracido di Euphorbia Cyparissias insieme a Pleospora her- barum ; a Fornovo Prov. di Parma. -
« 31. SPHAERELLA FUSCA Passer. hb. — Perithecia minuta, pustulaefor- mia, laxe gregaria, epidermide fuscata tecta, ostiolo papillaeformi atro emer- gente, maculas oblongas, nigricantes, in matrice dealbata efficientia, vel matricem omnino nigrificantia. Asci ovati basi brevissime constricto-stipitati, superne attenuati, 8 spori, 45-50 X 17: sporae subtristichae, oblongae, utringque rotun- datae, medio septatae, non constrictae, hyalinae 17,5 X 5.
« Nei cauli e nelle foglie aride del G/adiolus segetum ; a Vigheffio presso Parma. Autunno.
« 32. SPHAERELLA DioscoreAE Passer. hh. — Perithecia minutissima sparsa. Asci aparaphysati! obovati vel subventricosi, 8 spori, 50-75 X 10-15:
sE ‘sporae di-tristichae, oblongae, uniseptatae, loculis subaequalibus, hvalinae, 20 X 5-6,5.
«An Didymella Dioscoreae (B. et C.), Sace. Syl1. I pag. 560 huc spectet, e dyagnosi brevi et manca haud facile judicandum.
« Nei cauli secchi di Dioscorea Batatas ; nel R. Orto Botanico di Parma. Aprile.
» 33. SPHAERELLA HEMEROCALLIDIS Passer. hh. — Perithecia gregaria vel sparsa, epidermide fusca tecta, subglobosa, ostiolo acuto, matricem plus minus infuscantia. Asci ovato-oblongi, vix stipitati, 8 spori, 45-57 X 20: sporae tristichae, oblongo-obovatae, utrinque rotundatae, tenuzter medio septatae, non constrictae, 17,5 X 7,5 hyalinae.
« Ascorum forma et sporis non constrictis a Sph. Pales Sace. videtur distinguenda.
« Nei cauli secchi di Hemerocallis fulva ; a Vigheffio presso Parma.
« 54. SPHAERELLA ZEINA Passer. hb. — Perithecia in matrice dealbata erumpentia, sparsa, minuta, globosa, atra. Asci ovati vel oblique ovati, 25 X 14-15, 8 spori: sporae oblongae, non constrictae, didymae, hyalinae, 10X 2,5.
« Nei culmi fracidi di Zea Mays; Vigheffio. Estate.
« 35. SPHAERELLA MaypINA Passer. hb. — Perithecia minutissima, superficialia, sparsa, cellulis fuligineis grandiusculis contexta. Asci parvuli, ovato-oblongi, subsessiles, Sspori, 25X10: sporae conglobatae, oblongae, prope medium septatae et breviter constrictae, utrinque rotundatae, hyalinae, 10X3,5.
« A praecedente peritheciis multo minoribus e matrice griseola oriun- dis praecipue distinguenda.
« Nei culmi fracidi di Zea Mays; a Vigheffio presso Parma. Estate.
« 36. SPHAERELLA BuLALIAE Passer. hb. — Maculae nullae: perithecia punctiformia, sparsa, vel in series lineares breves digesta, ostiolo vix per- spicuo, primo tecta, dein plus minus nudata, erumpentia. Asci ovato-oblongi, basi gibbo-ventricosi, breviter abrupte stipitati, 50 X 15, 8 spori: sporae subtri- stichae, ovoideo-oblongae, rectae, ad septum leviter constrictae, hyalinae, lo- culis varie guttulatis, altero crassiore, 22,5 X 7,5.
« Nelle foglie secche dell’Ex/alia japonica ; nel BR. Orto Botanico di Parma. Inverno.
« 37. SPHAERELLA DacTyLIDIS Passer. hb. — Perithecia sparsa, erum- pentia, tecta, ostiolo acuto. Asci ex ovata basi attenuati, recti vel gibbi, bre- viter abrupte stipitati, 45-50 X 20-23, 8 spori: sporae conglobhatae vel subtri- sticae, obovato-oblongae, utrinque rotundatae, uniseptatae, non vel vix con- strictae, 18-19 X 7-8, hyalinae, endoplasmate opaco, granuloso.
« Nel culmo e nelle rachidi fracide della Dactylis glomerata insieme a Phoma ; Vigheffio presso Parma.
RenpicontI. 1887, Vor. II, 1° Sem. 2
Lg
« 88. SPHAERELLA LOLIACEA Passer. hh. — Perithecia minima, puncti- formia, sparsa vel laxe gregaria. Asci parvuli obpyriformes vel clavati apara- physati, 8 spori: sporae oblongo-cuneatae, ad septum vix constrictae, hyalinae, 16 X5.
« Ascorum basi angusta ab affinibus Sphaerella Tassiana et S. Maydis praecipue distinguenda.
« Nelle spighe aride del Zolium perenne; Vigheffio presso Parma.
« 39. SHAERELLA ALTERA Passer. hb. — Perithecia minuta, tecta, in seriem simplicem disposita, maculas lineares formantia, per epidermidem fissam vix perspicua, contextu minuto celluloso, fuligineo. Asci aparaphysati, oblongi, basi plus minus inflati, ad apicem attenuati, 45 X 12, 8 spori: sporae subtri- stichae, oblongae, utrinque obtusae, prope medium septatae, vix vel non con- strictae, endoplasmate granuloso, non guttulatae, hyalinae, 15 X 5.
« Ne' cauli e rami fracidi di Wguisetum ramosum insieme a Cladospo- rium fasciculare Cda.; Gajone presso Parma.
« 40. DIipDyMELLA HYPoPHLOEA Passer. hh. — Perithecia sparsa, puncti- formia ovata, fusca, opaca, ostiolo acuto. Asci oblongo-clavati, 75 X 10, para- physibus filiformibus aequantibus intermixtis: sporae oblique monostichae, fusi- formes, medio septatae, non constrictae, apicibus acutis, 15 X 2,5, hyalinae.
« Nella faccia interna della scorza di P/rus Malus; Vigheffio presso Parma.
Geologia. — GU strati con Rhynchonella Berchta Oppel presso Taormina (Piano Batoniano (parte) D'Omalius, Vesulliano Mayer). Nota del Corrisp. G. SEGUENZA.
« Dal 1871 le successive ricerche stratigrafiche da me rivolte al terri- torio di Taormina (provincia di Messina), oltre varî rappresentanti del paleo- zoico, del triassico, del cretaceo e membri variati e numerosi del terziario e del quaternario, mi aveano fatto riconoscere sino a pochi mesi fa una serie giurassica di altissima importanza, che constava di tutti i membri del Lias, del Dogger inferiore, del Malm a cominciare dall’Osfordiano sino al più re- cente piano il Titonio, mancavano quindi, perchè la serie fosse completa, taluni membri, che per la loro assenza formavano una laguna tra il Baiociano e l’Osfordiano già conosciuti. Ora taluni nuovi trovati vengono ben a propo- sito, perchè tendono a colmare siffatta interruzione stratigrafica.
« Dapprima una serie di strati lungo il Selina, che si sovrappone ai cal- cari e schisti rossi del Dogger inferiore, forma un membro che gli succede in ordine cronologico; di fatti quegli strati sono formati di calcare grigio-scuro quasi nero e cristallino, disgiunti da piccoli strati di schisti marnosi micacei dello stesso colore; in quest'ultimi raccogliesi la Posidonomya alpina Gras. e qualche altro raro fossile.
— 11 |
« Quindi trattasi evidentemente dei ben noti strati di Klaus, di un mem- bro del Dogger, del piano Batoniano D'Orbigny.
« Tali strati, come quelli delle altre zone, che s’ incontrano lungo il Se- lina, si estendono dal lato destro restando ricoperti dalle rocce eoceniche, che bentosto li occultano ed invece sul fianco sinistro della valle si lasciano se- guire interrottamente pei sovrapposti strati Titonici e Neocomiani sino al Tirone, dove i loro distinti caratteri e la caratteristica bivalve li fanno agevol- mente riconoscere.
« Del rinvenimento della zona con Posidonomya alpina nel giurassico taorminese, ho fatto una breve comunicazione alla Società geologica italiana nella sua ultima riunione del 20 ottobre scorso.
« La comunicazione che mi proposi di fare con questa brevissima Nota all’illustre Sodalizio, cui mi onoro di appartenere, è in intima relazione colla scoperta annunciata alla Società geologica, trattandosi di altro lembo del piano con Posidonomya alpina, ma assai diverso nella sua costituzione e nella sua fauna e quindi vicario veramente eteropico del lembo precedentemente scoperto.
« Alla distanza di due chilometri in linea retta verso nord-est dal Tirone, dove pervengono presso la costa gli strati del Selina, con P. alpina sorge una roccia di calcare compatto con crinoidi, di colore rosso abbastanza varia- bile, che passa dal rosso vivo, al rosso mattone, al rosso chiarissimo, al gial- lastro ed anco tende talvolta al grigio e sempre venato e macchiato in vario modo ed in vario grado di bianca calcite spatica o saccaroide, e contenente una bella ed importante fauna costituita sopratutto di Brachiopodi, tra i quali hanno un gran predominio le RAynehonella prive di costole.
« Quei fossili, più tosto in buono stato, e taluni anco ben conservati, permettono in generale facilmente la loro ricognizione, e spettando in gran parte a forme note, riesce agevolissimo, anco a prima giunta, precisare l'età di quella fauna e di quegli strati calcarei. Vi si trova infatti la Posido- nomya alpina unita ai Brachiopodi delle Alpi di Klaus presso Hallstadt descritti da Oppel, e quindi i calcari rossi testè descritti spettano anch’ essi agli strati batoniani e perciò sono coetanei ai calcari e schisti quasi neri del Selina e del Tirone.
« Volendo per ora dare un semplice annunzio della scoperta di questo nuovo e differente lembo del Batoniano presso Taormina, tralascio di discor- rere della sua posizione stratigrafica, delle sue relazioni e dei suoi rapporti colle rocce che lo circondano, riservandomi di trattare più tardi estesamente di questi ed altri argomenti importantissimi, e mi limito quindi ad enume- rare i fossili riconosciuti in un primo e breve esame; eccone le specie:
IRMOIGILOS 0 9 0 dd doro Stephanoceras cfr. Daubenyi Gemm. Posidonomya alpina Gras. colla var. striatula Gemm.
SSR ini
Terebratula Phryne Gemm.
” fylgia Oppel.
” cfr. fyIgia Parona. ” laticora Oppel.
” sulcifrons Ben.
Pygope Andreae n. sp. aff. P. rupicola Zittel » cfr. curviconcha (Oppel.) » pteroconcha Gemm. » Mykonionensis Di Stef. i Rhynchonella atta Oppel. colla var. polymorpha Oppel. e con diverse varietà e forme comunemente sparse.
” “coaretata Oppel colla var. miscella Oppel.
” Berchta Oppel.
” Ucinensis Di-Stef.
” medio-sulcata n. sp. af. PR. micula Oppel. + ” subechinata Oppel.
” Galatensis Di-Stef.
« Bastano queste specie per riferire colla massima sicurezza agli strati di Klaus il calcare rosso che racchiude una tale fauna di Brachiopodi, pria d'ora non osservata nel territorio di Taormina. Esso dunque spetta come suol dirsi alla zona con Posidonomya alpina Gras, ad un membro del Bato- niano di D'Omalius e di D'Orbigny, al piano Vesulliano di Mayer, al piano Alpiniano sotto-orizzonte Greppino De Gregorio.
« Questo orizzonte collo stesso /aezes e con buon numero di Cefalopodi è stato osservato in molti luoghi in Sicilia, e ricorderò specialmente che venne riconosciuto nella provincia di Messina al monte Ucina presso Galati sul lato settentrionale.
« La definizione cronologica di questo lembo di calcare rosso ci porta naturalmente a riguardare siccome coetanei gli strati quasi neri di calcare cristallino e di schisti marnosi con /. a/pina del Selina e del Tirone, tanto diversi nella loro costituzione, che poggiano direttamente sulla zona con Yar- poceras Murchisonae Sow :
« Siffatta naturalissima conclusione ci porta alla conoscenza di un caso, nel territorio di Taormina, di sicuri vicarzi eteropici; gli strati neri del Selina con Posidonomya alpina ed il calcare rosso con Brachiopodi or ora de- scritto essendo sicuramente coetanei, siccome ho dimostrato, ed intanto sì di- versi litologicamente e paleontologicamente sono perciò stesso reciprocamente vicarii eteropici spettanti al piano Vesulliano. i
« Il luogo dove mi venne fatto d'incontrare il calcare rosso a crinoidi con Rhynchonella Berchta, Atla ecc. si è il capo S. Andrea, che recente- mente venne dichiarato di semplice costituzione, molto facile a riconoscersi perchè formato dal Lias medio e dal Titonio, così in una sua Nota asseriva
Roe
il dott. G. Di Stefano, (!) ma la scoperta di un membro fossilifero del Dogger contradice in gran parte quelle asserzioni, che sono infirmate anco da altri fatti molto importanti ».
Chimica. — Intorno ad alcuni nuovi derivati dell’ acido isosuc- cinico. Memoria del Socio G. KoERNER e del dott. A. MENOZZI.
Questo lavoro sarà inserito nei volumi delle Memorie.
Astronomia. — Sui fenomeni della cromosfera solare osser- vati al R. Osservatorio del Collegio Romano nel 4° trimestre 1886. Nota del Corrisp. P. TACCHINI,
« Il numero dei giorni di osservazione fu solamente di 39, e le osserva-
zioni vennero eseguite da me in 28 giorni, da Chistoni in 8, e da Millosevich in 3. Ecco i risultati dell’ultimo trimestre 1886:
Protuberanze.
Medio nu- Media Fine Massima
1886 SI altezza i altezza
per giorno | per giorno osservata
Ottobre. . . 6,9 473 109 80% Novembre . 7,2 45,7 1,5 120 Dicembre . 7,8 44,7 1,4 80 Trimestre . 7,28 45,9 1,6 120
« Paragonando questi dati con quelli del trimestre precedente si può dire, ‘ che anche il fenomeno delle protuberanze idrogeniche è in continua diminu- zione, sebbene le differenze non siano così rilevanti come per le macchie solari, ciò che si avvertì anche nella Nota precedente. Al forte minimo delle macchie avvenuto nel mese di novembre non corrisponde analoga diminuzione nel fenomeno delle protuberanze.
« Nessun fenomeno degno di nota speciale presentò la cromosfera, ciò che accorda colla generale diminuzione dell'attività solare ».
(1) G. Di Stefano, Sugli schisti con Aptychus di capo S. Andrea presso Taor- mina (11 Naturalista Siciliano anno V.:n. 12).
n
ru
Astronomia. — Osservazioni di macchie e facole solari. Nota del Corrisp. TACCHINI.
« Presento all’ Accademia i risultati delle osservazioni di macchie e facole solari fatte nel R. Osservatorio del Collegio Romano durante l’ultimo trimestre del 1886. Il numero dei giorni di osservazione fu di 76 così di- stribuiti: 26 in ottobre, 27 in novembre, e 23 in' dicembre. In 27 giornate le osservazioni vennero eseguite da me, e nei rimanenti 49 dall’ assistente sig. Righetti.
4° Trimestre 1886.
Frequenza moro nerone imtarore Frequenza! Frequenza' Media | Media ; d dei giorni|dei giorni O estensione estensione 1886 delle dol: elle senza con soli di a delle delle | Macchie Fori M+F M+F F Gruppi | Macchie Ì Ottobre. . || 0,92 | 0,54 | 1,46 | 0,81 | 004 | 0,69 | 8,08 | 18,08
Novembre. || 0,04 | 0,00 | 0,04 | 0,96 | 0,00 | 0,04 | 015| 741 Dicembre. || 1,89 | 4,78 | 6,17 | 0,85 | ‘(0,00 | 1,22 | 27,04 | 15,65
Trimestre. 0,75 1,63 2,98 0,55 0,01 0,62 11,00 | 13,55
Facole
« Se paragoniamo questi risultati con quelli del trimestre precedente, risulta evidente una grande diminuzione nel fenomeno delle macchie e delle facole solari in questi ultimi tre mesi del 1886, con un minimo marcatissimo nel mese di novembre, perchè in 27 giorni di osservazioni in uno solo fu notata una macchia e piccola. È ben curioso il fatto, che ad ogni trimestre del 1886 corrisponde nel mezzo del periodo un minimo secondario delle macchie, nei mesi cioè di febbraio, maggio, agosto e novembre. L'ultimo minimo delle macchie solari ebbe luogo nel marzo del 1879, e l’ultimo mas- simo nel febbraio del 1884, così che se questa grande diminuzione nel feno- meno osservato in questi ultimi mesi del 1886, e che ancora continua, segna il nuovo minimo, allora fra l’ultimo massimo e il nuovo attuale minimo non sarebbero trascorsi che 2, 8 anni appena, mentre il medio di questo intervallo è rappresentato da un periodo di circa 7 anni. Il fatto sarebbe veramente eccezionale, perchè nella serie più sicura, cioè dal 1750 fino ad ora, il più piccolo intervallo fra un massimo e il susseguente minimo è rappresentato da anni 4,3 fra il 1829 e il 1833, mentre in tutti gli-altri periodi detto intervallo non fu mai minore di 5 anni. Il più lungo poi riscon- trasi fra il 1788 e il 1798, di anni 10 ».
ERA Jo Rote
Matematica. — Sulla derivazione covariante ad una forma quadratica differenziale. Nota del prof. G. Ricci, presentata dal Socio DINI.
« Nelle mie ultime ricerche sono stato naturalmente condotto ad asso- ciare alle funzioni di 7 variabili una forma quadratica differenziale @* come espressione del quadrato dell'elemento lineare di una varietà, di cui quelle variabili rappresentavano le coordinate. Indicando con U una funzione arbi- traria di queste, mi si sono così presentate delle espressioni a due o tre indici, la cui considerazione si può sostituire a quella delle derivate seconde o terze di U, e che hanno su queste il vantaggio di essere coefficienti di forme cova- rianti a g?. Ho pure accennato alla possibilità di una simile sostituzione per le derivate di un ordine qualunque. La utilità della sostituzione stessa in ispecie nelle ricerche, che sono per loro essenza indipendenti dalla natura della varietà o dalla scelta delle coordinate in una varietà data, è evidente. Così per esempio queste espressioni (che chiamerò derzvate covarianti nella varietà di elemento lineare 4) dànno necessariamente forma più semplice e perspicua a tutte le espressioni, che godono della proprietà caratteristica dei parametri differenziali, e mi hanno permesso di dare alle equazioni, cui deve soddisfare il parametro di una famiglia di luoghi ad n—1 dimensioni in una varietà qual si voglia ad % e qualunque sia il sistema delle coordi- nate per poter far parte di un sestema 7."2° ortogonale, una forma tanto sem- plice quanto quella data dal Darboux nel caso, in cui la varietà proposta sia piana od euclidea e le coordinate siano cartesiane ortogonali.
« Reputo dunque opportuno il ritornare sopra questo argomento per dare nella forma che mi appare più semplice, le espressioni delle derivate cova- rianti di ordine qualunque e far notare le proprietà fondamentali, di cui esse godono, qualora si riguardino come simboli di operazioni da eseguirsi sulla funzione arbitraria U, il che metterà pure in evidenza una proprietà note- volissima degli spazî piani da me gia avvertita limitatamente alle derivate covarianti di 3° ordine. Sul vantaggio di sostituire queste operazioni a quelle di ordinaria derivazione, specialmente quando si tratti di ricerche del genere sopra accennato, non occorre mi trattenga. Per esempio nel problema citato dei sistemi n.2 ortogonali si giungerebbe direttamente alle equazioni gene- rali nello stesso modo, con cui il Darboux giunse a quelle relative al suo caso speciale, semplicemente col sostituire la derivazione covariante alla ordinaria.
« Otterremo le espressioni delle derivate covarianti applicando un teorema generale già dimostrato dal Chriotoffel (!), di cui riporterò qui la dimostrazione.
(1) Veber die Transformation der homogenen differentialausdriichke aweiten Grades $ 6, Borchardt's Journal, 70° Band.
SPE « Data una forma quadratica differenziale
I) gp? = Dis Us der das
e posto
das dat, © dx
se alle x variabili indipendenti 4, se ne sostituiscono altre 7 pure indipen- denti x, e si conviene di indicare con x, P, «,92,.. le derivate di x, rispetto ad up, ad up ed wy ecc., si trova
ars, ==
II) 4° = Zpq (Upg) dup dug , essendo 1) (EE ia
Se di più si conviene di distinguere mediante parentesi le quantità, che si riferiscono alla espressione (II) di g? da quelle analoghe relative alla espres- sione (I) e si pone d log a
das i indicando con « il discriminante di g* e nella derivazione riguardando come distinto da 4, si ha dalle (1)
Crs =
; (4,3) = da Za Ink 9 sd dd” + în Ung di) si e da queste 2) N° = Zpg (Cp9) (4rs,4) CI — Zpgr Cnp dip &g LI.
« Si abbiano ora delle quantità con p indici U,,,,.,, legate coi coeffi- cienti di g? per guisa che passando dalla espressione (I) alla (II) di questa si passi dalle U,,,,..-, alle (Un,n,..1p) legate ad esse dalle relazioni
RE My) (Ma) Map) 5) (Upi) © Î;r3.p Up A Ur, «Urp >
il che esprimeremo dicendo che le U,,,,..-, S0N0 coefficienti a p indici di una forma covariante a g*?. Derivando la (3) rispetto ad n,,, e per le derivate seconde delle x, sostituendo i valori dati dalle (2), valendosi poi di nuovo delle (3) e ponendo
4) Ur,ra.roroti ia — de X T° Ur, Tp+178 USE *Th-rVhn+1"Tp
sl avrà (Uk, n.. h, a PE Da oi U,. Ta ola ata con 1) AO . « Questo risultato si può enunciare come segue : Se le espressioni U,,yy..rp SONO coCfficienti a p indici di una forma covariante @ 4° le U,,r,..1p+, date dalle (3) sono coefficienti a p+1 indici di una forma pure covariante a g°.
ISCR 7] er ) : E dU pra « Se U è una funzione qualunque di 4,,72..0, le o sono coefficienti di una forma lineare covariante a g?. Mediante il teorema sopra dimostrato possiamo dunque costruire successivamente delle espressioni con 2, 8,..p indici, per guisa che quelle con p indici siano coefficienti di forme covarianti a g? e contengono le derivate di U fino all'ordine p. Si vede di più facilmente che esse saranno tutte lineari rispetto alle derivate stesse, e che contengono ciascuna una sola derivata di ordine p. Noi le chiameremo derivate cova- rianti di ordine p nella varietà, che è definita in sè dalla espressione g? del quadrato del suo elemento lineare. Dalle considerazioni fatte sopra risulta che riguardando le U,,,,..,, come simboli di operazioni da eseguirsi sopra una funzione arbitraria U, queste operazioni godono della proprietà d/s47/0v- tiva, e che le derivate di ordine p di U si possono sempre esprimere linear- mente per le derivate covarianti dello stesso ordine e per quelle degli ordini inferiori. «“ Dalle (4) abbiamo per le derivate covarianti del 1° e 2° ordine le espressioni
AU Lioni dx, U,s== sol — Znk Chk Ursh Un das dalle quali deduciamo 5) U,s E Us °
« Supponiamo ora che nelle derivate covarianti dell'ordine p—1 i p—1 indici si possono scambiare fra di loro senza alterare i valori delle derivate stesse. Partendo dalle espressioni delle U,,,...rp_, €d Ur,r,..rn_+rr analoghe alle (4), sostituendo alle derivate delle derivate covarianti di ordine p—2 le loro espressioni per le derivate covarianti di ordine p—1 e omettendo dei termini, che si elidono scambievolmente, si trova
i da, dr; PL P
a dem dowe al. 02417, Urzrp “da Ta Urrfy=i dEi AD AA EI 1 Tu cm
‘*p_2 pur boia =? Vo)
2 vi; Ss dari = Vryrzo ' Urra p «e T,_o uo >" dar, der, io Oa
sai S° fi Lun luv Da (4,7, ;u U,, SR Ora uu U,. Opi pa 2)
p_2
i IDE (SS Urp UT ul.) U,, "Ty ny pae ® SÉUO
RenpIcontI. 1887, Vor. III, 1° Sem. 3
cea
I
| ste
Da questa poi, se si nota che è
Se das Uoryy 387 da, repo pur U <q va: IU, farmi dU,, meta Vla p-1"p ViTa" p-2p"p>1 7 da, dx, p poi p_2
TO A Cuv Da Urp» u U,, Tara pr Ur, Tp=1?% U,, “Thor Vi po x)
e si pone
dar,r, O dar, pi
6) Up ; raf + DI 04(0r, ra 38 UurptUrytp NI duri)
CA ig dx, PIL P
si trae
7) U,, USO STURA U,. ge
Se ora si ricorda che l’annullarsi delle espressioni Uru,
uv Cu Uru 37,
pi alpi
pe rory, Sofinite dalle (6) dà la condizione necessaria e sufficiente perchè g rappresenti l’ elemento lineare di una varietà piana ed euclidea, si trae dalle (5) e dalle (7) che, mentre si possono sempre scambiare i primi due indici in una derivata covariante qua- lunque senza alterarne il valore, ciò è permesso per gli altri indici unica- mente nelle varietà piane. In altri termini si può dire che: Za derivazione covariante gode della proprietà commutativa fino al 2° ordine in una varietà qualunque e al di là del 2° ordine unicamente nelle varietà piane od euclidee» .
da to 2tiplip en
Astronomia. — Osservazioni della cometa Finlay fatte all'equa- toriale di 25 cm. di apertura del R. Osservatorio del Collegio Ro- mano. Nota di E. MiLLosevIcH, presentata dal Corrisp. P. TACCHINI.
« L'ultima mia Nota su questa cometa conteneva la serie delle osser- vazioni fino al 28 novembre. Durante il mese di dicembre, ad onta del cielo eccezionalmente burrascoso, potei fare le posizioni seguenti:
DATA Tempo Ascensione retta | Log. del Distanza polare Log. del 1886 medio apparente fattore di ; ; fattore di Roma della cometa | parallasse dolaicon ca
di parallasse
Dic. 5 5h 50mITS 21347225559 DIN 6 20 17 21 39 38.15 D 8 5 46 19 21 49 47.95
.195 106° 16° 5275 0.876 n 303 105 47 18.4 0.869 n 119 104 48 1.4 0.871 n
o oo e o o
Do IU d 52 57 22 5 17.43 127 103 15 28. 6 0.855 n » 16 5 49 4 22 81 7.74 114 100 24 51.1 0.841 n » 18 5 50 30 22 41 27.36 . 047 99 14 14.5 0.834 n » 28 9 59 23 23 7 7.36 036 96 13 5.7 0.815 n
ENO
« L’orbita ellittica, calcolata da A. Krueger (A. N. 2765) sull’ampio inter- vallo di tempo 29 sett.-23 dic., deve essere considerata come ben prossima al vero, meno il moto medio e la eccentricità certamente suscettibili di mo- dificazioni. Dal valore di 4 risulta T=6,6228, dove l’unità è l’anno giuliano.
«Tl log. 4 della cometa Vico 1844 era secondo i calcoli di Brimnow
0,491775, cioò T=5,4660. L'intervallo in anni giuliani fra i passaggi al pe- rielio del 1844 e del 1886 essendo 42,22 circa, qualora la cometa Finlay fosse la Vico 1844, probabilmente questo dovrebbe essere il 7° passaggio al perielio, mentre era da supporre che fosse l'8°9, e però senza un calcolo grave di perturbazioni, non sarà possibile dalle osservazioni del 1886-87 deci- dere la questione ».
Astronomia.— Osservazioni e calcoli sul nuovo pianeta scoperto da C. H. FP. Peters il 22 dicembre 1886. Nota di E. MILLOSEVICH, presentata dal Corrisp. P. TACCHINI.
« Il nuovo pianeta, scoperto da Peters il 22 dicembre 1886, fu da me osservato nei giorni 25, 26 e 30 dicembre; poscia il tempo burrascoso e la luce della luna arrestarono le osservazioni, che si potranno riprendere dopo il plenilunio. L’astro fu trovato in circostanze sfavorevoli per la buona riu- scita d'un orbita, poichè giù da lungo tempo passò l’opposizione, attual- mente è di tredicesima grandezza e si potrà osservare per poco e coi gran- ‘dissimi equatoriali.
« Allo scopo di ritrovarlo dopo il plenilunio, sentii la necessità di cal- colare almeno un'orbita circolare per mezzo della quale si potrà riosservarlo. La posizione del piano
o = 53°40'
de= 910 non lascia sospettare che il nuovo astro sia uno dei 14 perduti o quasi perduti, tanto più che il valore del logaritmo del raggio (= 0.33524) colloche- rebbe l’astro fra quelli più vicini all'orbita di Marte, quantunque ignorando il valore dell’eccentricità e l'orientamento dell'asse maggiore sull'orbita, nulla si può asserire sul valore del semiasse.
« Le posizioni del pianeta sono le seguenti:
Dic. 25. 11*32485. Roma (C. R.) Ascensione retta apparente 121548560; de- clinazione apparente + 6°1539”2.
» 26. 621"345. Roma (0. R.). Ascensione retta apparente 121614594; de- clinazione apparente + 6°21‘47”8.
» 30. 6R11®355S. Roma (C. R). Ascensione retta apparente 121843571; de- clinazione apparente + 6°5446”7.
« La posizione all'epoca della scoperta era:
Dic. 22. 10256"65. Clinton. Ascensione retta apparente 1°14"2050; declina- zione apparente + 5°53/30%.....».
— 0) =
Fisica terrestre. — Su/ terremoto del 29 agosto 1886. Nota di F. GracomeLLI, presentata dal Socio RESPIGHI.
« La sera del 29 agosto 1886 mentre stavo osservando il livello appli- cato allo strumento meridiano, mi accorsi che la bolla oscillava fortemente. Verificato che nello strumento non era avvenuto alcun spostamento od avaria, attribuii il fenomeno a movimenti sismici o del suolo ; difatti il pendolo sis- mografico situato in una sala al primo piano dell’Osservatorio, lasciava una traccia nell’ arena di 15 mm; ed essendo la lunghezza di questo pendolo, compreso il filo, la grossa palla di ottone pesante 10 chilogrammi e la punta della palla che pesca nell'arena, di m. 3,80, essa corrisponderebbe ad una am- piezza angolare della totale oscillazione di 15' circa.
« La scossa principale avvenne a 10° 50” secondo le indicazioni desunte dal sismografo, mentre io mi avvidi delle oscillazioni della bolla a 10% 59%, nel qual tempo potei rilevare il massimo spostamento della bolla in 10 verso ovest; in questo nuovo equilibrio la bolla rimase per parecchi secondi, poi ritornò alla posizione normale; a brevi intervalli di tempo successero altre oscillazioni, ma di minore importanza ; poscia sospesi l'osservazione del fenomeno per verificare, se lo strumento destinato a queste ricerche dava indi- cazione di scosse sismiche.
« Fino ad un quarto dopo mezzanotte la bolla ad intervalli irregolari di parecchi minuti continuò ad oscillare ; alle volte le oscillazioni si succe- devano le une alle altre, e prima che se ne compisse una, se ne manifestava un’altra; in generale però a ritornare la bolla alla sua posizione impiegava dai 5 agli 8 secondi; il fenomeno si produceva nel seguente modo: la bolla sì spostava con una certa rapidità e cioè in meno di un secondo, rimaneva ferma per alcuni secondi e poi con uguale rapidità ritornava al posto.
« Verso il fine, tanto nell’intensità che nella frequenza il fenomeno divenne sempre più debole e raro. i
« Notai che la bolla scorreva sempre verso ovest dalla posizione normale, innalzandosi per tal modo sempre verso quella parte, almeno non osservai alcun innalzamento dalla parte opposta.
«Io non provai nessuna sensazione, nè al momento della scossa princi- pale, nè quando stavo osservando il livello; nel secondo caso forse i moti sismici erano troppo deboli per poterli avvertire senza l’aiuto di uno stru- mento sensibilissimo come appunto era il livello adoperato. La scossa princi- pale poi deve essere provenuta da una onda sismica ondulatoria molto pro- lungata e lenta, poichè in altri casi di terremoti sensibili il sismografo ha dato indicazioni di molta minor importanza.
« Da ultimo è bene avvertire che provenendo la scossa molto prossima- mente dall’est, la componente sul livello era quasi massima ».
SO
Astronomia. — Risultati delle osservazioni delle protuberanze solari eseguite nel KR. Osservatorio di Palermo nel 1885. Nota di A. Riccò, presentata dal Corrisp. TACCHINI.
« Dalla discussione delle osservazioni delle protuberanze del 1885 (che fra poco verranno pabblicate nelle Memorie degli spettroscopisti italiani) emergono taluni risultati che meritano qualche attenzione. i
« Le osservazioni furono fatte coi soliti metodi e coi soliti strumenti, in 152 giorni da me ed in 13 dall’assistente sig. Muscari; in tutto si rileva- rono 1360 protuberanze d'altezza non minore di 30".
«I medii mensili danno le seguenti epoche critiche:
Minimi Massimi re quenz ego Re e i nh IATZO, settembre Estensione complessiva . . . . RESI - LITEIZAO novembre Altezza Mento CURRIE IA dE io e aprile agosto
« Dunque si può co che le epoche critiche del fenomeno delle protu- beranze nel 1885 furono intorno a marzo e a settembre.
« Le medie annue della frequenza diurna 8,24, dell'estensione comples- siva diurna 27°,9, dell'altezza 49,9, sono tutte superiori alle corrispondenti del 1884 e degli anni precedenti. Dunque anche in questo periodo unde- cennale (come già fu stabilito dal prof. Tacchini per il precedente) il massimo delle protuberanze si prolunga dopo il massimo delle macchie.
« Dalle medie mensili delle latitudini eliografiche delle protuberanze si hanno le seguenti epoche critiche.
Minimi Massimi Protuberanze boreali. . . . . marzo (e giugno) settembre (e maggio) Protuberanze australi ... . settembre febbraio
« Dunque le epoche critiche delle latitudini medie delle protuberanze nei due emisferi sono in opposizione tra loro: esse coincidono colle epoche critiche delle frequenze e delle dimensioni delle protuberanze stesse.
« Dal 1° al 2° semestre le latitudini medie delle protuberanze boreali aumentarono di circa 3°, quelle delle protuberanze australi diminuirono pure di circa 3°. Dunque le zone delle protuberanze della 1% alla 2* metà del 1885 si spostarono insieme sulla sfera solare di circa 3° verso nord.
« Le medie annue delle latitudini delle protuberanze nei due emisferi distintamente e complessivamente, cioè -+-31°,1, —269,2, 28°,7 sone tutte di circa 4° inferiori alle corrispondenti del 1884 e di quelle degli anni pre- cedenti, cosicchè dal 1880 in poi si ha uno spostamento generale delle zone delle protuberanze di 12° eliografici verso l’equatore solare, ossia un rilevante movimento di 24° d’avvicinamento delle zone delle protuberanze dei due emisferi.
« Quasta variazione delle latitudini medie delle protuberanze ha una
SV
particolare importanza perchè ha la sua corrispondente nella diminuzione delle latitudini medie delle macchie, la quale perdura. pur essa dal 1880 in poi (e presso a poco colla stessa estensione); che anzi secondo la legge di Spoerer si estende da un minimo undecennale al seguente, in cui succede un salto alle maggiori latitudini. i
« Dal 1883 al 1884 (poco dopo il massimo delle macchie) vi fu un rialzo delle latitudini medie delle protuberanze boreali, quelle delle australi restarono pressocchè stazionarie ; corrispondentemente dal 1883 al 1884 le latitudini medie delle macchie (e specialmente delle boreali) ebbero una dimi- nuzione assai minore di quel che era stata negli anni precedenti.
« In conclusione vi è un notevole accordo fra i movimenti in latitudine delle zone delle protuberanze ed i movimenti delle zone delle macchie ».
Magnetismo terrestre. — Valori assoluti della declinazione ma- gnetica e della inclinazione, determinati in alcuni punti dell’ Itaha settentrionale nell'estate del 1886. Nota del dott. Ctro CHISTONI, pre- sentata dal Corrisp. TACCHINI.
« I valori, che riporto nella tabella seguente, appartengono in maggior numero a stazioni fatte nella parte meridionale del Piemonte, dove dopo la rilevante anomalia da me trovata fra Arenzano ed Albissola Superiore sulla riviera Ligure (!), era ben da attendersi che le linee isogoniche ed isoclini- che avrebbero mostrato un andamento irregolare. E tale difatti si mostrò e ad un grado straordinario ed in luoghi (come nelle vicinanze di Torino) nei quali nessuno certo avrebbe sospettato di qualsiasi lieve anomalia magnetica. La tavola seguente dimostra la mia asserzione.
Giorni S| 8 3£ | È
È LUOGO di Latitudine #35 | £8 | È
osservazione E È 33 | S Alessandria (agli Orti)... ... 27 e 28 luglio. . .|44°55,4| 8°37/,4 12048" 61932” Brà (Giardino Craveri)..... 1 e 2 agosto . . . . 144. 42,0| 7, 51,6 13.10 61.23 Cuneo (Giardino Bettoglio) . . . |4 e 5 agosto . .. . ‘44. 23,0| 7. 33,4 13. 13 | 61.12 Torre Pellice (Antico Cimitero) | 10 e 11 agosto. . . ‘44. 49,2] 7. 13,8, 13.11 61° 47
BArdOReCChi eee 16 e 17 agosto. . ./45. 4,6] 6. 42,4 13.33 | 61.55 |
6 Moncalieri (Giardino Reale). . . |19, 20 e 21 agosto. ‘45. 0,2| 7. 41,4 12. 40 ‘62.41 Lucento (Istituto Bonafous). . .|23, 24 e 25 agosto. 45. 5,5] 7. 38,5) 13. 38 | 61.34 Piacenza (Collegio Alberoni) . . |31 agosto e 1 sett. ‘45. 2,0) 9 Bobbio (Orto di St. Colombano) |A e 5 settembre . . 44. 45,8| 9 Parma(Orto dell'Istituto Tecnico) |7, 8 e 9 settembre. 44. 47,510. 19,5, 12. 2 POLLELEA NA ie ala 11 e 12 settembre. ‘44. 9,4/10. 58,5) 11. 43 | 60.31
(1) R. Acc. dei Lincei; Rendiconti del 7 marzo 1886.
ADANI E
« Il grande divario fra i valori trovati a Moncalieri e quelli trovati a Lucento, merita una speciale attenzione, poichè questi due luoghi sono vici- nissimi e si possono considerare come due sobborghi della città di Torino, collocati l'uno a sud-est, l’altro a nord-ovest. Nè è a credersi che tale salto abbia luogo soltanto fra i valori che determinano la direzione della forza ma- gnetica, ma esso sussiste anche fra i valori dell'intensità, come mostrerò a suo tempo.
« Se quindi si vuole avere un esatto criterio dell'andamento delle linee magnetiche in Piemonte, occorre anzitutto determinare gli elementi del ma- gnetismo terrestre in molti punti intorno a Torino e in ancuni altri punti delle provincie piemontesi, la situazione delle quali dovrà essere stabilita in base all'andamento delle linee che vengono prossimamente ‘assegnate dai rilievi da me fatti nello scorso anno. Risulta infine che ogni induzione teorica sul- l'andamento delle linee magnetiche nel Piemonte non può condurre che a risul- tati fallaci. Così p. e., in una recente ed importante pubblicazione riguar- dante la carta magnetica della Francia ('), si è voluto estendere le linee magnetiche anche nel Piemonte e nella Liguria, e per l'epoca 1885,0 a Ge- nova è assegnata la declinazione 12°.45’ circa, mentre era 13°.31’ nel 1885,9; la inclinazione 61°, mentre era 609,52’ nel 1885,9. A Torino poi in detta pub- blicazione è assegnato 13°,20' per la declinazione e 61°,55' per la inclinazione. Lo specchietto precedente dimostra quanto siano fallaci questi dati teorici.
« Ora non è al sig. Moureaux che voglio imputare l'errore commesso, ma bensì al sistema che si è seguito fin qui, credendo che per tracciare le linee magnetiche di una data regione bastino relativamente pochi punti di osser- vazione, e che si possa mediante una semplice proporzione tracciare le linee magnetiche delle regioni vicine a quella della quale si siano determinate sperimentalmente ».
« A. proposito delle osservate perturbazioni nella inclinazione e declina- zione magnetica, nella Liguria occidentale e nelle vicinanze di Torino, il Corrisp. TARAMELLI espone l’idea che possano esse essere in rapporto, o colla forte discordanza delle formazioni presso le dette località, oppure alle vici- nanze delle serpentine, sviluppatissime a ponente di Arenzano e certamente esistenti sotto la coltre dei terreni eocenici e miocenici dei colli di Torino. Sarebbe interessante lo scegliere, per ulteriori osservazioni, una località nella quale una forte massa serpentinosa sorga ad un livello superiore del punto d'osservazione; e come tale, nell'Appennino settentrionale, gli si presente- rebbero i dintorni di Ferriere, nella valle delle Nure. La località è di facile accesso lungo la valle; ma è da avvertirsi la vicinanza anche di una
_ (®) Moureaux, Determination des 6léments magnétiques en France (Ann. du Bureau Central Metgorologique de France; année 1884, t. I).
BO
tenue massa di minerale di ferro magnetico, per la quale piuttosto che a Ferriere, le osservazioni sarebbero a farsi sulla valle medesima verso il passo di Monteregio a Bardi, al lato nord est della grande massa serpentinosa del Regola, che tocca i 1540 metri, riposando sopra terreni argillosi sedimentari ».
Meteorologia. — /n/lvenza dei monti sulla precipitazione. Nota del dott. Ctro FERRARI, presentata dal Corrisp. TACCHINI.
« Nel fare la solita carta della distribuzione della pioggia in Italia per la Rivista meteorica-agraria della prima decade di dicembre del 1886, risultò in' modo evidente, che la precipitazione in quei 10 giorni si era distri- buita secondo tante striscie parallele all’ asse della penisola, in modo, che per una zona lungo le coste del Mediterraneo la pioggia era stata assai co- piosa, venivano quindi altre zone parallele alla prima, dove la pioggia era andata mano a mano digradando, fintantochè lungo le coste adriatiche la pre- cipitazione era stata scarsissima. Lungo il versante meridionale delle Alpi del Nord e Nord-est la precipitazione era stata pure fortissima, mentre lungo il versante Nord dell'Appennino, questa era stata di molto minore. Se noi ora esaminiamo le condizioni isobariche, troviamo che in questi giorni la peni- sola rimase quasi sempre sotto l'influenza di depressioni molto forti, che ave- vano il loro centro nell'Europa settentrionale; in causa di ciò predominarono venti forti di SW, ai quali, per le condizioni orografiche della penisola, si deve la distribuzione della pioggia nel modo sopra ricordato.
« Partendo da questo fatto trovai opportuno di passare in rassegna tutti i numeri del Bollettino meteorico giornaliero, degli anni 1883-86 per esami- nare le carte nelle quali viene rappresentata per ciascun giorno in modo appros- simativo la pioggia caduta nelle 24 ore precedenti. Vennero presi in eonsi- derazione soltanto quei casi in cui la pioggia si verificò: 1?) lungo tutto o parte del versante mediterraneo, restando completamente o quasi risparmiato il versante opposto; 2) lungo tutto o parte del versante adriatico, restando completamente risparmiato o quasi il versante opposto. È da notarsi che, sia per lo scarso numero delle stazioni, come per essere in tali carte la pioggia rappresentata in modo approssimativo, solo pochissimi casì, dei molti che saranno occorsi, poterono venir presi in esame.
« Si cercò poi d'altra parte di determinare la posizione dei centri delle depressioni, sotto l'influenza delle quali trovavasi la penisola, nei casi in que- stione. Per ogni carta di pioggia caduta nelle 24 ore (7 am.-7 am. mesi caldi; 8am.-8am. mesi freddi), venne esaminata la carta isobarica corrispondente al principio (I) e alla fine (II) di tale intervallo. Per determinare poi la località dei centri delle depressioni, presa una carta d'Europa in projezione conica, dove i gradi erano descritti di 5° in 5° si indicò col numero 1 il trapezio compreso tra 5° long. E Ferro e 10° long. E e tra 70° e 75° lat. N;
ESTTOT con 10 il trapezio 59-10° E e 25°-30° N ; con 11 tra 10°-15° E e 70°-75° N ece. ecc. Esaminate le 1461 carte di pioggia, ecco come si distribuiscono i pochi casi, che soddisfano alle condizioni dianzi espresse, nelle due diverse categorie.
« 1% I 23 casì (per le due date 46) si distribuiscono, rispetto alla posi- zione del centro della depressione nei differenti trapezii, nel modo seguente:
| [52 [23 |s3 [es [73] 4 [14 [34 |44 [54] 5 [15 [25 |85 [65 [85 |o5 |16 [26 |46
« In tre casi la posizione del centro era indeterminata; il barometro però era basso nell'Europa settentrionale. Dalla tabella risulta adunque, che quando: la precipitazione sì verifica in questo modo, il centro trovasi ordina- riamente sopra una delle seguenti località: isole Shetland, coste meridionali e settentrionali della Norvegia, golfo di Bosnia, Finlandia, Ebridi, Scozia, Danimarca, Svezia meridionale, Irlanda, Inghilterra e Belgio (casì 34); meno frequentemente sul Mare del Nord, Polonia, Kiew, Nowgorod, golfo Biscaglia, Francia occidentale e Svizzera (casi 8). Il centro d'alta pressione piu fre- quentemente trovasi sulla Russia, coste occidentali d'Europa e sull'Europa ‘© meridionale. Riguardo alla profondità del centro della depressione, questa oscillò tra un minimo di 727 e un massimo di 755. Più lontano che è il centro, più profonda dev essere la depressione, perchè il fenomeno abbia luogo. In quanto all’ altezza del barometro sulla penisola, essa ha poca influenza; anche con pressioni relativamente molto alte, ha luogo la precipitazione; in diversi dei casi considerati il barometro sulla valle del Po era a 765, in un caso giunse perfino a 770. :
« 2% I 55 casi (per le due date 110) di questa categoria, si distribui- scono riguardo alla posizione del centro della depressione nei differenti tra- pezii, nel modo seguente:
| lroa] 15 ]46 [se [17 |47 [57 [07 |17]s [18 [33 [38 [48 [58 |6s |7s |s8 [20 ]30 [5°]
‘rlii 1 N) REL Mp1 Abi 105200 ANCO ELSA NS 5 Nei Qa| Li 1 13 1 1 i |8 |14|10|12\1 2A
« In 4 casi la posizione del centro era indeterminata. Dalla tabella adunque risulta, come ordinariamente il centro della bassa pressione trovasi sulla Tunisia Nord, Sicilia e Jonio (casi 68), in via secondaria sulla Corsica,
RenpIcontTI. 1887, Vor. III, 1° Sem. 4
CIRO
Algeria e Tunisia Sud (casi 26). Esaminando poi accuratamente qual’ è la posizione prediletta dal centro nei trapezii 48, 58 e 68, troviamo che ordi- nariamente questo trovasi tra la costa Sud-Ovest della Sardegna e la costa Nord della Tunisia, presso Tunisi, un po’ a N di Palermo, oppure un po’ a SE di Taranto. Il centro delle alte pressioni in questi casi, ordinariamente trovavasi sulla Russia, Ungheria, Mar Nero, Germania del Nord, e in via secondaria sull'Europa Nord-Ovest. In generale, più lontano che era il centro della depressione, si ritirava l’area di pioggia verso il S. Riguardo alla pro- fondità del centro di depressione, questa oscillò tra un minimo di 740 e un massimo di 766. Ossia le depressioni, che determinano una tale distribuzione di pioggia, sono molto meno profonde di quelle, alle quali si deve la distri- buzione contraria. Anche per questa categoria dobbiamo ripetere quanto si disse precedentemente, che cioè l’altezza del barometro sulla penisola ha poca influenza; anche a barometro alto ha luogo la precipitazione; in diversi dei casi considerati il barometro sulla valle del Po era a 765, in qualche caso raggiunse perfino i 770 mm.
« Riepilogando diremo, che la pioggia si verifica lungo tutto o parte del versante mediterraneo, restando preservato il versante opposto, quando il centro della depressione, sotto la cui influenza è la penisola, trovasi a N di questa; si verifica poi il fatto contrario quando quello è a S e specialmente a SW della penisola. Tale fenomeno sì deve all'infuenza, già tante altre volte constatata, dei monti, che fanno l'ufficio di condensatori. Nella prima categoria di casi da noi considerati i venti di SW determinati dall’accennata posizione del centro della depressione, precipitano la loro umidità lungo le coste medi- terranee, giungendo a quelle adriatiche quasi asciutti; nella seconda l’umi- dità dei venti di NE viene precipitata dai monti del versante adriatico. Ammessa poi una tale relazione tra la posizione dei centri di bassa pressione e la distribuzione della pioggia, ne deriva, che noi potremo servircene, con molta probabilità di successo, per la prognosi del tempo. Da tutto questo poi risulta, come nello studio delle relazioni tra le depressioni e le aree di pioggia, debbano venir prese in considerazione, come coefficiente assai importante, le condizioni orografiche del suolo, esercitando queste una perturbazione profonda sopra le leggi che regolano tali fenomeni.
« Per istudiar però meglio questi, come altri fenomeni analoghi, sarebbe necessario prendere in esame le osservazioni di un maggior numero di sta- zioni, riferendole alla posizione, che prendono rispetto alla penisola i diversi centri d'azione dell'atmosfera ».
IONE e
Chimica. — Sulla trasformazione del pirrolo in derivati della piridina. Nota di Giacomo CIAMICIAN e PAOLO SILBER, presentata dal Socio CANNIZZARO (1).
« Fra le reazioni che caratterizzano il comportamento chimico del pirrolo, certo meritano speciale interesse quelle che servono a trasformarlo in deri- vati piridici. Abbenchè la prima di queste trasformazioni sia stata scoperta da me assieme al dott. Dennstedt fino dal 1881, pure queste reazioni non sono state finora completamente spiegate.
« Nel 1881 (?) e 1882 (*) venne dimostrato che il composto potassico del pirrolo dà col cloroformio e bromoformio una cloro- ed una bromopiridina, e più tardi noi (‘) abbiamo potuto ottenere questi due alcaloidi trattando il pirrolo col cloroformio o col bromoformio in presenza di alcoolato sodico. La bromopiridina così preparata venne da noi trasformata in piridina (5) per ri- duzione con zinco ed acido solforico. Finalmente Dennstedt e Zimmermann (%) riuscirono ad ottenere direttamente, abbenchè in piccolissima quantità , la piridina dal pirrolo, facendo agire sul pirrolo in presenza di alcoolato sodico il joduro di metilene.
« Tutte queste reazioni, abbenchè abbiano servito a stabilire con cer- tezza il fatto, che il nucleo del pirrolo può in certe condizioni fissare un quinto atomo di carbonio e trasformarsi nel nucleo piridico, pure non bastano a de- terminare la posizione che questo atomo di carbonio viene ad avere nel nuovo nucleo a cui ha dato origine. Nella presente Nota noi tenteremo di risolvere questo problema.
« La prima questione che si presenta è quella di decidere se nei derivati piridici, che si sono ottenuti dal pirrolo, il radicale sostituente resti legato a quell’atomo di carbonio che entra nel nuovo nucleo. Già in una delle Me- morie (7) sopracitate questo problema venne risoluto in senso affermativo , perchè si ottiene la stessa monocloropiridina tanto col cloroformio che col te- tracloruro di carbonio. La reazione col cloroformio venne perciò rappresentata con la seguente equazione;
C.H.,NH + CHOI = CH: N- C- C1-+2HC1,
(1) Lavoro eseguito vel R. Istituto Chimico di Roma.
(®) Ciamician e Dennstedt. Sul? azione del cloroformio sul composto potassico del pirrolo. Atti della R. Accademia dei Lincei. Memorie Vol. IX.
(8) Ciamician e Dennstedt, Zrasformazione del pirrolo in piridina. Ibid. vol. XII.
(4) Ciamician e Silber, sulla Monobromopiridina Rendiconti, I, 120 (1885).
(5) Ibid.
(6) Berl. Ber. XVII, 3316.
(7) Trasformazione del purrolo in piridina.
Tg presa
e venne poi spiegata, ammettendo pel pirrolo quella formola schematica, che più facilmente rende conto dell’apparente trivalenza del radicale « C,HjN », nel seguente modo:
CCI
HO= n Zon
Igo — OE Give NH N
« La cloropiridina ottenuta dal pirrolo avrebbe dunque dovuto essere la paracloropiridina, ed il quinto atomo di carbonio entrato nel nucleo del pirrolo dovrebbe avere la posizione simmetrica rispetto all'azoto.
« Questa spiegazione si dimostrò però in seguito incompatibile coi fatti. Lieben e Haitinger (!) ottennero dall’acido chelidonico nel 1885 la paraclo- ropiridina, che sembrò non essere identica a quella ottenuta dal pirrolo, e nel- l’anno istesso Weidel (?), dimostrò che la bromopiridina di Hofmann, che è identica a quella che proviene dal pirrolo, è una metabromopiridina.
« In seguito a queste esperienze l’uno di noi fece osservare, in una Nota presentata a questa Accademia il 6 dicembre 1885, che per ispiegare la for- mazione di una metabromopiridina dal pirrolo, si poteva ammettere, non vo- lendo abbandonare lo schema suaccennato, che la reazione del cloroformio o del bromoformio sul pirrolo avvenisse nel modo seguente:
CH, NH + CH Ck =C,H; CINCH+2HCI, e per conseguenza l’alogeno, non restando più unito all’atomo di carbonio, che viene a formare il nucleo piridico, andasse per sostituzione, a prendere la posizione « meta ». In questa spiegazione però non si tiene più conto del comportamento del tetracloruro di carbonio.
« Per decidere definitivamente la questione noi abbiamo fatto agire, sul pirrolo, in presenza di alcoolato sodico, un derivato del metano alogenato, in cui uno degli atomi diidrogeno è sostituito dal fenile, il cosidetto cloruro di benzale (C$H; CH Cl), con la speranza di ottenere una fenilpiridina. In questo caso, essendo oltre modo improbabile, che nella reazione con l’alcoolato sodico, il fenile si stacchi dal suo radicale metilico alogenato, la posizione del fenile nella fe- nilpiridina, indicherebbe anche la posizione del quinto atomo di carbonio, che viene a costituire il nucleo piridico.
« Noi diremo subito, che abbiamo realmente ottenuto una fenilpiridina, la quale è identica alla metafenilperidina scoperta dallo Skraup alcuni anni or sono. La reazione non può avvenire altrimenti che secondo l'equazione se- guente:
C,H,NH+C(C;H;) Cl H=2H1-+(C,H,N)(C.C;H;),
(!) Monatshefte fir Chemie VI, 315. (3) Ibid. 664.
MRO
de
e l'atomo di carbonio che viene a compiere la trasformazione del nucleo del pirrolo nel nucleo piridico prende perciò in questo ultimo la posizione « meta».
Azione del cloruro benzalico (CH; C HCI,) sul pirrolo in presenza di alcoolato sodico.
« La reazione non avviene a pressione ordinaria, perciò abbiamo riscal- dato il miscuglio delle tre sostanze in tubi chiusi a 160° - 170°, per circa 6 ore. Le proporzioni da noi impiegate erano presso a poco quelle richieste dall’equazione sopraindicata, cioè per 5 gr. di pirrolo, 12 di cloruro benzalico e 3,5 gr. di sodio sciolto in 50 c. c. d'alcool assoluto. Dopo il riscaldamento, il contenuto dei tubi era formato da un liquido colorato in bruno e da una crosta cristallina di cloruro sodico. Aprendo i tubi si nota un odore parti- colare, che ricorda un po’ quello delle basi piridiche, che scompare subito acidificando il liquido, mentro si manifesta l’odore di essenza di mandorle amare. Il contenuto dei tubi venne vuotato in un pallone, acidificato con acido solforico diluito e distillato con vapore acqueo, per eliminare i prodotti non alcalini. Dopo distillato l'alcool, passano, assieme all'acqua, piccole quantità di un olio, formato dall’aldeide benzoica e da altri prodotti che noi non abbiamo studiato ul'eriormente. Nel pallone resta indietro, sospesa nel liquido acido, una massa resinosa, nera, che si separa per decantazione dal liquido e sì esaurisce, bollendola con acqua acidificata con acido solforico. Le soluzioni sol- foriche riunite vennero concentrate a b. m., filtrate da un poco di materia resinosa, che erasi separata e trattate con un eccesso di potassa solida. Per ottenere l'alcaloide conviene meglio agitare con etere, che distillare con vapore acqueo, perchè la fenilpiridina è poco volatile e perchè inoltre mediante l'estra- zione con l’ etere rimane indietro, nel liquido acquoso, la maggior parte del- l’ammoniaca, che accompagna il prodotto principale della reazione. L'estratto etereo venne seccato con la potassa e distillato a b. m.; resta indietro un olio giallognolo di cui una parte venne trasformata in cloroplatinato e l’altra in picrato.
« Trattando la soluzione cloridrica della base con cloruro di platino si ottiene nn abbondante precipitato, formato da piccoli aghetti di un colore giallo-ranciato molto chiaro, che venne fatto cristallizzare dall’acido cloridrico diluito bollente. Per raffreddamento si ottengono lunghi aghi dello stesso colore che vennero seccati sul cloruro di calcio. Essi contengono acqua di cristallizza- zione, che perdono completamente a 100°, ed hanno la composizione corrispon- dente alla formola:
« (C1 Ho N. H C1), PtCL+30H; », come lo dimostrano le seguenti analisi:
I. 0,3544 gr. di sostanza perdettero a 100° 0,0249 gr. di OH, II. 0,3196 gr. di sostanze perdettero a 100° 0,0566 gr. di OH,
— 30 — « In 100 parti:
Calcolato per Trovato (C.1 Hs N. H CI). Pt CL + 30H> I II Oh 7083 6,91 7,00 I. 0,3364 gr. di sostanza seccata a 100° dettero 0,4506 gr. di CO, e 0,0948 gr. di 0H,. II 0,4952 gr. di sostanza, come sopra, dettero 0,6640 gr. di CO, e 0,1258 gr. di OH.. III. 0,2017 gr. di sostanza, come sopra, diedero 0,0544 gr. di Platino. « Im 100 parti: Calcolato per
Trovato (C.1 Ho N.H CI): Pt CI, I II II C 36,53 36,57 - 36,66 H 3,13 2,82 - 2,82 R — _ 26,97 27,08
« Dalle presenti analisi risulta dunque che l’alcaloide ottenuto è una fenilpiridina (0; Hy N.CyH5).
« L'altra porzione della base libera, venne trattata con una soluzione al- coolica, concentrata di acido picrico. Si ottiene subito un voluminoso preci- pitato giallo, formato da finissimi aghetti, che venne fatto cristallizzare al- cune volte dall’ alcool bollente. Esso vi si scioglie facilmente a caldo e si separa per raffreddamento ordinariamente in mammelloncini, formati da pic- coli aghetti, che crescono rapidamente in modo ‘che tutta la soluzione si trasforma in una massa semisolida. Essi fondono a 162-163°.
« Le proprietà dell’alcaloide da noi ottenuto, corrispondono in tutto esat- tamente alla descrizione che fece Skraup (*) della #-/ewipiridina, da lui ottenuta dalla -naftochinolina. La f-fenilpiridina forma, come la base che abbiamo descritto, un cloroplatinato, che cristallizza in aghetti d'un colore giallo-ranciato pallido, con tre molecole d'acqua, e dà un picrato formato da aghetti gialli finissimi, che fondono a 161-163°,5.
< Abbenchè 1’ identità della base proveniente dal pirrolo con la -fenilpi- ridina fosse sufficientemente dimostrata dalle esperienze ora descritte, pure siamo assai lieti di avere potuto eliminare ogni dubbio, comparando diretta- mente i prodotti ottenuti per le due vie diverse. Il prof. Skraup, a cui ci siamo rivolti, ebbe la squisita gentilezza d’ inviarci un campione della -fe- nilpiridina da lui scoperta, la quale si dimostrò in tutto identica al nostro pro- dotto. Osservando al microscopio i prismi appiattiti del cloroplatinato, che si ottengono dalla soluzione cloridrica diluita, abbiamo potuto stabilire anche
(1) Monatshefte fir Chemie IV, 456.
RETTO AA
l'identità della forma cristallina del nostro prodotto con ‘quello preparato dal prof. Skraup. Siamo ben lieti di potere qui ringraziare pubblicamente l'illustre chimico di Graz.
« Da quanto abbiamo esposto risulta dunque, che il pirrolo si trasforma per azione del cloruro di benzale în presenza di alcoolato sodico in metafe- nilpiridina. Tenendo conto di questo fatto e degli altri citati in principio di questa Nota, bisogna ammettere che in tutte le reazioni nelle quali il pirrolo dà origine alla formazione di un nucleo piridico, il quinto atomo di carbonio vada a mettersi in posizione « meta » in rispetto all’ azoto.
« Ora di fronte a questo stato di cose, la formola del pirrolo proposta da R. Schiff perde ogni ragione d'essere preferita a quella di Baeyer, che è adottata già dalla maggior parte dei chimici, perchè una delle principali ragioni, per cui uno di noi non poteva risolversi a rigettare del tutto la fo: mola di Schiff, era appunto la facilità con cui questa prestavasi a spiegare la trasformazione del pirrolo in derivati piridici, ammettendo che il quinto atomo di carbonio andasse a prendere la posizione « para » in rispetto al- l'azoto. La formola di Baeyer serve, come è noto, inoltre a porre più facil- mente in rilievo le relazioni che esistono fra il pirrolo e l'indolo ('), ed è analoga a quelle che ora generalmente si amme.tono pel furfurano (*) e pel tiofene.
« Il modo in cui il gruppo del pirrolo si trasforma in nucleo piridico rimane però sempre oscuro, bisogna ammettere che uno dei doppi legami del primo si sciolga, perchè un quinto atomo di carbonio possa entrare nel nuovo anello, che viene a formarsi.
Hg C ZN lean i di per gal CH (@ (2) FLO), AI? A Vv
H
« La presente interpretazione di questa singolare reazione serve inoltre a spiegare le trasformazioni in derivati piridici idrogenati (8) degli omologhi del pirrolo, mediante il riscaldamento con acido cloridrico. Si è osservato
(1) G. Ciamician, Sul comportamento del Metilchetolo (@ metilindolo) e sulla for- mola di costituzione del pirrolo. Rendiconti.
(2) Vedi: Hill Liebig?s Annalen der Chemie 232, 42-102, e la Nota di G. Canzoneri e N. Olivieri in questo Rendiconto, pag. 32.
(8) Vedi: G. Ciamician e Dennstedt, Sopra un nuovo. omologo del pirrolo contenuto nell'olio di Dippel. Transunti, V, 1881. — Dennstedt e Zimmermann, Berl. Ber. XIX, 2196, 2199.
SIOE che queste trasformazioni hanno luogo tanto con i derivati della serie « @ », che con quelli della serie « $ », ma che non avvengono con quei composti, che non contengono che un radicale alcoolico al posto dell'idrogeno iminico.
« Gli argomenti che s'erano tratti dalla trasformazione del pirrolo in piridina, in pro’ di una formola di questa, in cui si ammette essere l'azoto legato con l'atomo di carbonio che sta in posizione « Do », cadono in se- guito alle esperienze che abbiamo descritto ».
Chimica. — Zrasformazione del furfurano in pirrolo e natura chimica del loro gruppo fondamentale. Nota I. di F. CANZONERI e N. OLIvERI, presentata dal Socio CANNIZZARO.
« Fin dal maggio del 1884 (') avevamo emesso l'opinione, che il furfu- rano, per l’azione dell'’ammoniaca, perdendo una molecola di acqua, avrebbe dovuto facilmente trasformarsi in pirrolo, secondo l'equazione:
CHL O0+NH3=C,H;N#+ H, O;
e poichè il piromucato ammonico, sale che sublima a bassa temperatura, non ci parve adatto alle nostre esperienze, avevamo sin d'allora preparato gli acidi monobromo- e bibromo-piromucici, onde sottomettere i loro sali ammonici alla istillazione secca, nella speranza (come sali più fissi) di ottenere il mono- ed il bibromopirrolo, per eliminazione d’'anidride carbonica ed acqua.
« Nella cennata Memoria annunziavamo infatti, che dalla distillazione secca del monobromo-pirocumato ammonico, avevamo ottenuto una sostanza fusibile a 146°, in aghetti bianchi, insolubili nelle soluzioni fredde di po- tassa e di acido cloridrico, contenente bromo ed azoto, che per la poca quan- tità non potemmo analizzare, ma che promettevamo di ritornare sull’argo- mento appena avessimo ammannito il materiale occorrente.
« In seguito, nell'aprile del 1885 (?), disponendo di maggior quantità di materiale, potemmo preparare una discreta quantità della sostanza fusibile
a 146° che, convenientemente purificata ed analizzata, mostrò la composi- ‘
zione dell’amide dell'acido monobromopiromucico; fatta bollire con soluzione alcoolica d'idrato sodico sviluppava, infatti, dell’ammoniaca, mentre dalla soluzione, acidificata con acido cloridrico, si riottenne l’acido monobromo- piromucico.
« Questi insuccessi lungi dal farci desistere dall’argomento, convinti dell’ identità del gruppo fondamentale « C, H,» nel furfurano e nel pirrolo. ci hanno determinato a tentare altre vie, onde arrivare allo scopo.
« Modificando infatti l'esperienza, nel senso di far agire l’ammoniaca ed
(2) Gazz. Chim. ital. t. XIV, p. 173. (2) Gazz. Chim. ital. t. XV, p. 113.
rv
n VII il furfurano allo stato nascente e in presenza di un forte disidratante, siamo riusciti ad ottenere il pirrolo.
« Descriviamo con qualche dettaglio le modalità dell'esperienza.
« Abbiamo scelto l’acido piromucico ed il cloruro di zinco ammoniacale, quindi distribuito in istortine di vetro, nella quantità di grammi 40 per cadauna.
« L'apparecchio era disposto in modo che alla stortina faceva seguito un’allunga di vetro, che innestavasi in una delle due tubulature di un pal- lone collettore, il quale, per l’altra tubulatura, comunicava con un tubo ad U, immerso in un miscuglio frigorifero, fatto con sale e neve; il tubo ad U, alla” sua volta, era in comunicazione con altre due bocce, contenenti: la prima acido cloridrico diluito, e l’altra bromo in sospensione nell'acqua.
« In tal modo non si sarebbe perduto nessuno dei prodotti della reazione.
« La distillazione si faceva col bagno di lega metallica (piombo e sta- gno), curando di non oltrepassare la temperatura di 280°.
« L'acido piromucico impiegato fu grammi 200 e venne distillato im diciotto stortine.
« Nel collettore a due tubolature, oltre di un poco di carbonato ammo- nico, si raccolse acqua ed un olio giallo galleggiante; nel tubo ad U raf- freddato si condensò furfurano ed un poco di olio giallo; nella boccia con acido cloridrico venne a salificarsi l’ammoniaca ed una base volatilissima; infine il bromo, in sospensione nell'acqua, in massima parte scomparve, con formazione di acido bromidrico.
« Descriveremo mano mano il processo che abbiamo seguìto per sepa- rare e purificare i varî prodotti della distillazione.
« Si premette che il liquido mobilissimo, che abbiamo raccolto nel tubo ad U (versato in un palloncino, a cui fu adattato un turacciolo che portava un tubo di sviluppo) fu riscaldato gradatamente sino a 75°, ed il prodotto della distillazione raccolto in un tubo raffreddato con sale e neve, venne messo da parte per analizzarlo come diremo appresso, mentre abbiamo riu- nito il residuo al prodotto che si era raccolto nel collettore a due tubolature.
Esame dell’olio giallo contenuto nel collettore a due tubolature. Pirrolo.
« Il prodottto raccolto nel collettore a due tubolature, riunito al residuo meno volatile della sostanza condensata nel tubo ad U, l'abbiamo messo in un imbutino a chiavetta, per separare il liquido acquoso dall'olio, il «quale venne due volte lavato con acqua distillata.
« Quest'olio grezzo (circa 40 grammi) venne agitato con una soluzione
diluitissima di acido solforico e nuovamente lavato, fu quindi disseccato nel
cloruro di calcio fuso e distillato. Esso passò in massima parte fra 115°-150°. « Fin dal principio ci eravamo accorti di avere fra le mani il pirrolo,
RexpIconTI. 1887, Vor. III, 1° Sem. 5
SUORE
tanto pel suo odore caratteristico, cloroformico, quanto per la colorazione rosso-ciriegia che assumeva un pezzetto di legno di abete, umettato con acido cloridrico, quando veniva avvicinato al detto olio.
« Per purificarlo, in modo da renderlo analizzabile, ne abbiamo prepa- rato il composto potassico, seguendo il metodo proposto ultimamente da Cia- mician e Dennstedt (!).
« Il composto potassico, massa bruna cristallina, fu lavato ripetute volte con etere, quindi decomposto con acqua ed il pirrolo, così riottenuto, dissec- cato convenientemente, venne ridistillato, raccogliendo quello che passò (mas- sima parte) fra 125-140°. Sottoposto all'analisi ci ha dato i seguenti numeri: I. Gr. 0,2140 di sostanza fornirono gr. 0,5610 di anidride carbonica e gr. 0, 1471
di acqua.
II. Gr. 0,3210 di sostanza fornirono c. c. 28,4 di azoto, alla pressione di
765,6 mm. ed alla temperatura di 14°, che riferiti alla composizione
centesimale danno:
Carbonio. SAR ee ee 50)
TArogeno: | RAME RRAZ:00
Azoto AR ae a 04 « La teoria pel pirrolo C, H;N richiede:
Carbonio) See eo
Idrogeno. «si i A 0
AOLO: 0a: e e ee DIO 0A
« Come il pirrolo ottenuto dall'olio animale di Dippel, il nostro bolle a 155-137°, ha odore cloroformico, forma il composto potassico, dà la colo- razione caratteristica col legno di abete, bagnato di acido cloridrico, ed una porzione di esso, scaldata con acido cloridrico, si convertì integralmente in rosso pirrolico.
« Il rendimento però in pirrolo puro è scarso, perchè (come vedremo ap- presso) la maggior parte del furfurano passa inalterato, e per la formazione di quantità sensibile di rosso pirrolico, durante il processo di purificazione.
« La trasformazione del furfurano in pirrolo, per l’azione dell’ammoniaca, si compie per la reazione semplicissima: C, H,y 0 + NH; = C,H; N+ H3 0 e poichè non si ha ragione di ammettere che tale reazione, avvenendo ad una temperatura poco elevata e fuori la catena carbonica, ne alteri l’aggruppa- mento atomico, siamo autorizzati a ritenere esatta l'ipotesi emessa nella. prima nostra Memoria (*) sull'identità, cioè, del gruppo fondamentale nei composti furfuranici e pirrolici; identità, del resto, giustificata dalle nume-
(1) Gaz. Chim. ital. t. XVI, p. 386. (2) Gazz. Chim. ital. t. XIV, p. 173.
SEI RETE rose analogie che presentano tra loro detti composti, come pure abbiamo avuto occasione di fare osservare nella citata Memoria.
« Per istabilire poi la costituzione intima di tale gruppo abbiamo isti- tuito dell’esperienze che in seguito descriveremo.
Esame del liquido contenuto nel tubo ad U. Furfurano.
« La parte più volatile delle sostanze prodotte nella distillazione, rac- colta nel tubo ad U, fu raffreddata a 10° e agitata con soluzione cloridrica, anch'essa raffreddata, dentro un imbuto a chiavetta. Separata l’acqua acida dal resto oleoso, più leggiero, questo fu lavato con acqua distillata fredda e poscia versato in un tubo, contenente pezzetti di cloruro di calcio, che poi si chiuse alla lampada.
« Fu così lasciato il furfurano, per parecchio tempo, in contatto del clo- ruro di calcio, onde disseccarsi completamente.
« Quindi. aperto il tubo, con precedenza raffreddato, si versò il liquido in un palloncino, anch’ esso raffreddato, e si distillò raccogliendo ciò che passò dai 31° ai 33° (quasi interamente).
« L'analisi elementare e la densità di vapore di questa sostanza ci han fornito dei numeri che corrispondono alla formola del furfurano C, H40; ed invero :
I. gr. 0,2241 di sostanza diedero gr. 0,5576 di anidride carbonica e gr. 0,1228
di acqua.
II. gr. 0,0414 di sostanza, di cui si determinò la densità di vapore col me- todo di Meyer, spostarono c. c. 8,4 di aria; t° 15,2, B 757,8; che calcolati danno:
Carbonio sese er te ie M0 91805
lidrosenosents ai e ae e per la densità di vapore rapporto all'aria: 4,56; mentre la teoria per C,H,0 vuole:
Carbonio ee 090
TOTOo eno e te
e per la densità di vapore rapporto all'aria: 4,71.
« Il furfurano è un liquido incoloro, mobilissimo, più leggiero dell’acqua, di odore etereo gratissimo, che ricorda molto quello del cloroformio, bolle a 32° sotto la pressione di 758 mm.
« Quando vi si avvicina un fuscello di abete, bagnato di acido clori- drico, questo si colora in verde smeraldo; non dà però rosso pirrolico quando viene in contatto con l'acido cloridrico, ma questo, dopo lungo soggiorno, lo decompone, assumendo un colore bruno.
« Nella ipotesi che il furfurano fosse l'anidride di un glicol sconosciuto, della costruzione HO —CH=CH—CH=CH—0H, l'abbiamo sottomesso
SEL AIIS all’azione del pentabromuro di fosforo e del bromo libero, nella speranza di poter ottenere i composti bromurati :
1° BrCH=CH—CH=CHB:
2° Br, CH — CHBr— CHBr—CHBr,, cioè il bromuro di butone od il butano esabromurato, od anco, possibilmente, il composto C, H, Br,, che forse Ciamician e Magnaghi (0) ottennero insieme al tetrabromuro di butino, dall'azione del bromo sui prodotti della distillazione dell’eritrite con acido formico e dal ioduro di dimetilpirrolidilam- monio con idrato potassico.
« Frattanto per l’azione del pentabromuro di fosforo, anche agendo alla temperatura di 0°, il furfurano veniva violentemente decomposto, in parte carbonizzandosi, in parte resinificandosi. Gli stessi risultati si ebbero col bromo libero.
« Però versando l’acqua di bromo raffreddata a 0° sul furfurano ed agi- - tando, essa rapidamente scoloravasi, fornendo solamente tracce di un olio bromurato che restava in soluzione e che abbiamo estratto da questa agi- tando con etere; mentre la maggior parte del furfurano veniva ossidata.
« La poca quantità del prodotto bromurato, olio pesante con odore di canfora (quantunque avessimo impiegato più di venti grammi di furfurano) non ci permise di poterlo analizzare.
« Migliori risultati si ottengono quando si fa agire il bromo in solu- zione diluita di solfuro di carbonio; ma quest'ultima prova eseguita con quel - poco di furfurano che ci era rimasto, non potè fornirci quantità di prodotto da potersi purificare per l’analisi. È nostro desiderio di ritornare su questa esperienza, non che su quella dell'acqua di bromo, avuto riguardo all’impor- tanza che può avere lo studio di tali prodotti bromurati sulla quistione della costituzione del gruppo fondamentale del furfurano.
«In quanto poi alle acque cloridriche, portate a secco, pria a bagno- maria ed in ultimo nel vuoto sull’acido solforico, lasciarono un residuo bianco cristallino, costituito in massima parte di cloruro ammonico, il quale ripreso parecchie volte con alcool assoluto, fornì una soluzione alcoolica che trattata con altra di cloruro platinico, precipitò una sostanza di color giallo-canarino, che non era altro che il cloroplatinato dimetilamina. Difatti: gr. 0,2824 di sostanza, disseccata a 100°, dopo essere stata calcinata fornì un residuo di gr. 0,1174 di platino, cioè, per cento: 41,57.
« Il cloroplatinato di metilamina (CH3 NH,.HC1),.PtC], richiede in cento parti: 41,56 di platino.
« Finalmente facciamo notare che la massima parte delle sostanze che attraversavano l’acqua di bromo venivano completamente ossidate; tuttavia estraendo con etere la soluzione bromidrica, dopo averla neutralizzata con
(®) Gazz. Chim. ital. t. XVI, p. 212.
SA e carbonato sodico e distillando l'etere abbiamo ottenuto delle goccioline oleose di una sostanza bromurata, di odore canforico, che per la sua poca quantità non potemmo purificare e tanto meno analizzare ».
Batteriologia. — Sopra alcune trasformazioni che avvengono nelle acque per lo sviluppo dei batteri. Nota del dott. TEODORO LEONE, presentata dal Socio CANNIZZARO.
« Con un precedente lavoro, comunicato l’anno scorso alla R. Accademia (') io aveva dimostrato che i microrganismi delle acque potabili possono accre- scersi rapidamente ancora quando le sostanze nutritive vi si trovino nelle minime proporzioni. — Come esempio, io aveva riportato i risultati ottenuti sperimentando con l’acqua Mangfall di Monaco.
« Quest'acqua, che può considerarsi come tipo delle acque potabili puris- sime, non contenendo tracce di nitrati, nitriti e sali ammoniacali, non la- sciando che un residuo di appena 284 milligr. per litro e contenendo una quantità di sostanza organica corrispondente, per litro, a soltanto 0,99 mil- ligr. di ossigeno, quest'acqua costituiva tale mezzo nutritivo, che la quantità dei microrganismi raggiungeva, in cinque giorni, le proporzioni di mezzo milione per cc., mentre l'acqua primitivamente non contenevane che circa 5 per ce.
« Avevo dimostrato alresì che questo rapido accrescimento dei microrga- nismi nelle acque ha un limite e che al di là di questo limite, il nume-o dei microrganismi incomincia gradatamente a decrescere.
« Per l’acqua Mangfall di Monaco, sperimentata nelle condizioni dette nella mia precedente pubblicazione, questo limite cadeva tra il 5° ed il 6° giorno. — In seguito la quantità dei microrganismi si riscontrava in pro- porzioni minori. — Al 10° giorno essa, da mezzo milione per cent. cubo, era discesa a circa 300,000, dopo un mese a circa 120,000, sino a che, dopo sei mesi, l'acqua non ne conteneva che un numero sparutissimo.
« Questa estrema variazione della quantità dei microrganismi nelle acque deve lasciare ammettere come, in pochi giorni, le condizioni igieniche di un'acqua possano essere facilmente variabili.
« Le condizioni igieniche dell’acqua Mangfall di Monaco, cinque giorni dopo di essere stata attinta, non potranno certamente essere considerate identiche. con quelle nelle quali si trovava non appena usciva dalla sua sor- gente; certamente, non perchè il mezzo milione di microrganismi per cent. cubo che essa contiene al 5° giorno, siano per loro stess. maggiormente da temersi che i cinque microrganismi per cent. cubo che essa conteneva
(1) Rendiconti della R. Accademia dei Lincei 1885, p. 726. — Archiv. fir Hygiene 1886, p. 168 e Gazzetta Chimica Italiana, tomo XV.
POSTI
alla sua sorgente (non appartenendo questi che alle stesse specie di quelle contenute originalmente nell'acqua), ma perchè il numero straordinario dei microrganismi può considerarsi come un indice che le sostanze organiche contenute nell'acqua sono, per lo meno, in un periodo di profonda decompo- sizione.
« Fra i prodotti di decomposizione delle sostanze organiche nelle acque vi sarà certamente ammoniaca e basi organiche, vi saranno ancora dei pro- dotti nitrici, nitrosi, etc., oltre poi ad altre sostanze organiche acide od indifferenti, sulla natura delle quali sinora non ci è dato di potere giudicare per l'insufficienza dei metodi dei quali tuttora dispone la scienza.
« Con queste nuove ricerche io mi proposi di studiare l'andamento della decomposizione delle sostanze organiche per lo sviluppo dei batterî. — Fermai la mia attenzione specialmente sui prodotti azotati : ammoniaca, acido nitroso ed acido nitrico. i
« Anzitutto volli esaminare se la sostanza organica contenuta nelle acque venisse, per lo sviluppo dei batterî, ad essere quantitativamente mo- dificata.
« Per avere quantità apprezzabile di sostanza organica e poterne meglio seguire l'andamento del fenomeno, introdussi artificialmente nell'acqua delle sostanze organiche e meglio, per viepiù facilitare lo accrescimento dei bat- terî, versai nell'acqua qualche goccia di gelatina nutritiva.
« Il dosamento della sostanza organica veniva fatto per mezzo di una
soluzione di permanganato potassico e secondo le indicazioni di Kubel.
100
« Per le esperienze delle quali io riferisco i risultati, versai in una massa d'acqua di circa sei litri, parecchie gocce di gelatina nutritiva. — La quantità di gelatina versata fu tale che per 100 cc. di quest'acqua abbi-
sognavano 8,4 cc. della soluzione di permanganato potassico.
N 100 « In quest'acqua, che lasciai abbandonata alla temperatura dell'ambiente, 12-18°, dosai, nei giorni successivi, la quantità delle sostanze organiche sempre col metodo di Kubel e mettendomi nelle medesime condizioni nelle quali mi ero messo nella prima determinazione. « Ebbi i seguenti risultati : 100 cent. di acqua abbisognavano nel 1° giorno 8,4 cent. della solu-
zione 100 di camaleonte. Dopo tre giorni ne abbisognavano 7,3 cc. ” sel giorni ” 7, ” ) dieci giorni ” Arca o) quindici giorni» 3,9”
*
” ventidue giorni » 2,6
Ogni
« Come si vede, la quantità della sostanza organica andava diminuendo o per lo meno una quantità che, dopo 22 giorni, corrispondeva ai due terzi di quella primitiva, non veniva più svelata dal permanganato potassico.
« Per la spiegazione di questo fatto può ammettersi che, nella decom- posizione della sostanza organica, siansi formati prodotti non ossidabili dal permanganato potassico in quelle condizioni; però anche una buona parte della sostanza organica non veniva più a manifestarsi col permanganato po- tassico pel fatto che, durante l’esperienze, andava a depositarsi nel fondo del vaso, formando, solidamente attaccato, un sottilissimo strato, della sostanza organica che con molta probabilità in gran parte era dovuta a microrga- nismi che non avevano più vita. — È fuor di dubbio però che una parte della sostanza organica, che non fu apprezzabile più col permanganato potas- sico, sì era trasformata in prodotti inorganici. — Constatai infatti, durante le esperienze, dapprincipio la presenza dell'ammoniaca e poi quella dei pro- dotti nitrosi e nitrici, nel mentre che l'acqua primitiva non contenevane tracce, constatai inoltre un notevole aumento nell’acido carbonico. — Una parte quindi dell'azoto e del carbonio organico erasi trasformato in azoto e carbonio inorganico. |
« Che tutte queste trasformazioni erano avvenute per lo sviluppo dei batterî io ebbi cura di provarlo sperimentalmente. — Una porzione della medesima acqua rimaneva infatti inalterata quando, dopo essere stata col calore a 100° sterilizzata, si conservava in un recipiente nel quale s’impe- diva l’accesso dei batterî.
« Sulla comparsa dell'ammoniaca, dell'acido nitroso e dell’acido nitrico, instituii le seguenti ricerche particolari :
« Ammoniaca. — Per constatare la presenza dell’ammoniaca adoperai il reattivo di Nessler. In caso di dubbî feci la prova comparativa con l’acqua purissima.
« Ad un litro di acqua distillata aggiunsi una sola goccia di gela- tina. — 100 ce. di quest'acqua, così preparata, non abbisognavano per
l'ossidazione della sostanza organica che appena 0,6 cc. della soluzione ci
di permanganato potassico.
« È superfluo il dire che in quest'acqua, non appena preparata, si ebbe l'avvertenza di constatare la reazione negativa per l’ammoniaca. — Messa indi in riposo, alla temperatura dell'ambiente, 12-18°, dopo tre giorni fu constatato, col reattivo di Nessler, la presenza dell’ammoniaca che manife- stavasi con una leggera colorazione gialla del liquido; dopo 4-5 giorni la colorazione divenne più intensa sino a che, dopo 10-12 giorni, si osservò un abbondante precipitato. Continuando le esperienze però mi accorsi che la quantità dell’ammoniaca, dopo avere raggiunto un massimo, incominciava a decrescere. — Questo massimo, nelle condizioni nelle quali io sperimentai,
— 40 —
cadde tra il 15° ed il 16° giorno. — In seguito la quantità di ammoniaca andò sempre decrescendo sino a che, dopo circa . 25 giorni, scomparve del tutto.
« Acido nitroso. — Per la ricerca dell'acido nitroso adoperai la rea- zione di Griess coll’acido solfanilico e la naftilammina; anche qui, nel caso di una dubbia -reazione, facevo la prova comparativa con l’acqua purissima.
« Un litro di acqua, a cui fu aggiunta una goccia di gelatina nutri- tiva, fu abbandonata a sè stessa. — Dopo 2-3 giorni comparve, al solito, l’ammoniaca che andò crescendo nei giorni successivi sino a circa il 15° giorno. — Al 16° giorno fu notata la reazione dell'acido nitroso che nei giorni successivi diventava più intensa, quella dell’ammoniaca invece dimi- nuiva. — Dopo circa 25 giorni la reazione dell'acido nitroso era nella mas- sima intensità, mentre quella dell’ammoniaca era del tutto scomparsa. — In seguito l’acido nitroso andò diminuendo sino a che, dopo circa 35 giorni, — anch'esso scomparve del tutto, e nell'acqua non si potè constatare altro che la presenza dell'acido nitrico con la reazione di Ropp (con la difeni-
lammina). « Per lo sviluppo dei batterî adunque la sostanza organica contenuta nelle acque nel decomporsi produce ammoniaca. — In un secondo periodo
l'ammoniaca viene trasformata in prodotti nitrosi, i quali alla loro volta producono acido nitrico.
« È questo un fatto costante che ho verificato in molte condizioni espe- rimentando con diversi batterì. — Sia in vasi aperti e contenenti varie specie di batterî, sia in vasi chiusi con bambagia e contenenti una sola specie, ho sempre ottenuto i medesimi risultati cioè : produzione di ammo- niaca, ossidazione dell’ammoniaca in acido nitroso e nitrico.
« Relativamente all'ossidazione dell'ammoniaca si può ammettere dunque che molti sono i microrganismi che hanno la proprietà di nitrificare. — È stato ammesso però, massime in questi ultimi tempi, che alcuni microrga- nismi godano della proprietà inversa, di ridurre cioè i nitrati in nitriti ed in ammoniaca; di modo che si possa ammettere l’esistenza dei microrga- nismi ossidanti e dei microrganismi riducenti.
« Nel corso delle mie esperienze ho avuto occasione di constatare che i microrganismi, che possono vivere nelle condizioni opportune, hanno tutti, più o meno, la proprietà nitrificante o quella di distruggere i nitrati.
« Le esperienze che mi hanno condotto a questa conclusione sono le seguenti :
<« Abbandonata a sè stessa, in un vaso aperto, dell'acqua a cui erano state aggiunte alcune goccie di gelatina nutritiva, comparve, come al solito, al 8° giorno l’ammoniaca che andò crescendo nei giorni successivi sino a che raggiunse un massimo. — In seguito comparve l’acido nitroso che andava anche crescendo a spese dell'’ammoniaca. Ora, nel mentre avveniva
SERA
questa trasformazione dell'ammoniaca in acido nitroso, io aggiunsi altre gocce di gelatina. — La presenza di queste gocce di gelatina fece arrestare la nitrificazione non solo, ma anche i prodotti nitrosi o nitrici che si erano formati; dopo 3-4 giorni scomparvero.
« Aggiungendo altre gocce di gelatina la nitrificazione non ebbe più luogo non solo, ma aggiungendo contemporaneamente del nitrato potassico, questo, dopo un paio di giorni, veniva ridotto. — Da questa riduzione for- mavasi acido nitroso il quale nei giorni successivi veniva trasformato in ammoniaca od anche assimilato; sicchè, dopo parecchi giorni (trattandosi di soluzioni diluitissime di nitrato potassico) ogni traccia di acido nitrico o nitroso era scomparsa.
« Non aggiungendo altra gelatina, dopo parecchi giorni, sì ripristinava la nitrificazione dell’ammoniaca che erasi prodotta.
« Risulta adunque da queste esperienze che quando i microrganismi vivono in un mezzo ove c'è della sostanza organica, quale è la gelatina nutriva, adatta per il loro rapido sviluppo, non avviene affatto nitrificazione; anzi se, in queste condizioni, si aggiungono dei nitrati, questi vengono ridotti in nitriti i quali alla loro volta si trasformano in ammoniaca o vengono anche assimilati. — Invece quando la gelatina è stata decomposta ha luogo la nitrificazione dell’ammoniaca prodottasi.
« Per togliere ogni dubbio che uno stesso batterio può realmente avere, secondo le condizioni, la proprietà di produrre o di decomporre i nitrati, ho sperimentato con culture purissime che misi a vivere nell'acqua steriliz- zata contenuta in palloni chiusi con turaccioli di bambagia.
« Ora in quelle condizioni e prendendo tutte le precauzioni prescritte sperimentando con culture isolate io feci, a mio piacimento, funzionare quei batter o come nitrificatori o come riduttori.
« In presenza della gelatina nutritiva l’acido ‘nitrico o nitroso veniva distrutto, mentre quando la gelatina erasi consumata incominciava la nitri- ficazione dell’ammoniaca che sì era prodotta.
« Dopo ciò è facile dare un'accettabile spiegazione ad alcuni fatti recen- temente osservati dai dottori Celli e Marino-Zuco relativamente alla nitrifi- cazione.
« Rammento le ricerche dei dottori Celli e Marino riportando il seguente tratto della loro Memoria..... . « non tutti i germi sono capaci di promuo- “ verla (la nitrificazione), ma fra loro alcuni, che rammolliscono la gelatina « nutritiva, quando siano versati sulla sabbia in culture liquefatte, non solo « non producono nitrati, ma sono invece capaci di distruggerli completa- « mente. ...... Al contrario gli stessi germi, che fluidificano la gelatina, « presi da culture in patate, anzichè distruggere i composti nitrici ne sono « invece fra i più attivi produttori ».
« Come si vede, il fatto che uno stesso batterio avesse potuto funzio-
RexnpIconTI. 1887, Vor. IMI, 1° Sem. 6
n
“E SR SR
—«F« .”o—-=-=È
nare come nitrificante o come distruttore dei nitrati è stato anche osservato dai dottori Celli e Marino.
« Di fatti gli autori versando è batteri in culture liquefatte nella sabbia, li mettevano in quelle condizioni che noi abbiamo vedute opportune perchè essi esercitassero l’azione riduttrice. — Mentre nel secondo caso innestando î batteri provenienti dalle culture in patate, ottenevano le con- dizioni necessarie per la nitrificazione.
« Da queste esperienze ne segue dunque, che per lo sviluppo dei mi- crorganismi nelle acque, quando la loro vita si svolge in tutte le sue fasi,
ne risulta un'azione benefica, depuratrice. — La doppia funzione, l’ossidante e la riducente, della quale sembrano dotati alcuni-batterî non è che appa- rente. — La loro funzione è unica, quella cioè di ossidare le sostanze orga- niche ed i loro prodotti di decomposizione. — Nella prima fase però, quando
c'è la sostanza nutritiva ossidabile ed assimilabile l'ossigeno, viene fornito da quei corpi che lo possono cedere facilmente, onde è che i nitrati possono anche dare il loro contributo cedendo il loro ossigeno, e ciò che sembra una riduzione in realtà non è che una ossidazione. — Im quanto all’ossidazione dell'ammoniaca in acido nitroso e nitrico fo osservare d'aver notato che nell’ossidazione prende una gran parte l'ossigeno atmosferico. — La nitrifi- cazione infatti viene impedita, rallentata, sospesa, quando nel mezzo in cui vivono i batterî non sia accessibile l’aria atmosferica.
« Finalmente, dal lato pratico dell'igiene, non mi resta che a richia- mare l’attenzione dell’ igienista relativameute alla variabilità della quantità delle sostanze organiche contenute nelle acque, ed all'estrema variabilità della quantità di ammoniaca, acido nitroso ed acido nitrico determinato dalla vita dei batterî.
« Quando si considera che in 22 giorni, nelle condizioni nelle quali io mi sono messo, un due terzi della sostanza organica per lo sviluppo dei batterî, non fu più svelata dal permanganato potassico e che la quantità di ammoniaca, acido nitroso ed acido nitrico fu talmente variabile da ridursi, in pochissimi giorni, da zero a quantità rilevanti e viceversa, egli è chiaro ‘che si può dare a siffatte determinazioni un valore soltanto allora quando si abbia l'avvertenza di eseguirle nel medesimo tempo in cui queste acque vengono destinate al consumo ».
Biologia. — I. Nuove osservazioni sull’eterogenia del Rhabdo- | nema (Anguillula) Intestinale. — II. Considerazioni sull'eterogenia. Nota del prof. B. Grassi e R. SEGRÈ, presentata dal Socio TopARO.
Questa Nota verrà inserita nel prossimo Rendiconto.
Mo
MEMORIE DA SOTTOPORSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
G. G. Gerosa. Sulla resistenza elettrica dei miscugli delle amalgame liquide, e sulle costanti fisiche dei miscugli di liquidi isomeri. Presentata dal Socio G. CANTONI.
G. LA VALLE. Studio cristallografico di alcuni nuovi derivati dell'acido sosuccinico. Presentata dal Socio G. STRilvER.
RELAZIONI DI COMMISSIONI
Il Socio BLASERNA, relatore, a nome anche del Socio CANNIZZARO, legge una Relazione sulla Memoria del dott. RArrAELE NASINI, intitolata: Sulla rifrazione molecolare delle sostanze organiche dotate di forte potere di- spersivo.
Il Socio Dini, relatore, a nome anche del Socio BELTRAMI, legge una relazione sulla Memoria del prof. ERNESTO PADOVA, intitolata: Sulle espres- sioni invariabili.
Il Socio STRivER, relatore, a nome anche del Socio Cossa, legge una Itelazione sulla Memoria del dott. ETTORE ARTINI, intitolata: Natrolite della Itegione Veneta.
Il Socio STRIVER, a nome anche del Socio CanwIZZARO, legge una Rela- zione sulla Memoria dell'ing. Giuseppe Là VALLE, intitolata: Studio eri stallografico di alcuni derivati dell'acido isosuccinico.
Tutte le Relazioni delle precedenti Commissioni concludono approvando l'inserzione delle Memorie esaminate negli Atti Accademici.
Queste conclusioni, messe partitamente ai voti dal Presidente, sono ap- provate dalla Classe, salvo le consuete riserve.
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Il Segretario BLAsERNA presenta le pubblicazioni giunte in dono, segna- lando le seguenti inviate da Socî.
G. G. GeMMELLARO. Sugli strati con Leptaena nel Lias superiore della Sicilia. i
IA
A. FERRERO. Note sur la possibilité de calculer è priori le poids et la précision des résultats d'une triungulation, par la simple connaissance de son canevas. — Note sur deux questions posées dans la Conference Géo- désique de Bruxelles en octobre 1876.
E. von HeLmHoLtz. Veber die physikalische Bedeutung des Princips der kleinsten Wirkung.
N. von KoxscHarow. Materialien sur Mineralogie Russlands: Dritter Anhang eum Xanthophyltit.
Il Segretario BLASERNA richiama anche l’attenzione dei Socî sulla pub- blicazione della spedizione scientifica francese al Capo Horn, 1882-83, con- tenente le osservazioni sul Magnetismo terrestre e le Ricerche sulla costi- tuzione chimica dell'atmosfera, e sul Rapporto fatto dal cap. G. M. WHEELER al Ministero della guerra degli Stati Uniti, sul 3° Congresso geografico inter- nazionale tenuto a Venezia nel 1881.
Lo stesso SEGRETARIO presenta anche il Vol. I. dell'opera: Za /lora dell’ambra, dei signori H. R. GoePPERT e A. MENGE.
Il Socio Beroccni fa omaggio di una sua Conferenza sui quesiti rela- tivi alla navigazione interna, discussi nei Congressi internazionali di Parigi (1878), Bruxelles (1885), Vienna (1886), e sulle relative conclusioni adottate.
CONCORSI A PREMI
Il Segretario BLASERNA comunica il seguente elenco dei lavori presentati al Concorso al premio di S. M. il Re per la Mineralogia e Geologia (31 di- cembre 1886).
1. De STEFANI CARLO. Descrizione geologica dell’ Appennino setten- rionale (ms.).
2. Moro Gio. I mare quaternario.
3. CorpeNons FEDERICO. Sul meccanismo delle eruzioni vulcaniche e geiseriane. Parte I (st.); II (ms.).
4. DE GREGORIO ANTONIO. 1) Sulla costituzione di una Società geolo- gica internazionale (st.). — 2) Intorno alla pubblicazione di un gran Gior- nale geologico internazionale (st.). — 3) Coralli titonici di Sicilia (st.). — 4) Coralli giuresi di Sicilia p. I-II (st.). — 5) Intorno ad alcuni nomi di conchiglie linneane (st... — 6) Nuovi decapodi titonici (st... — 7) Un nuovo Pecten (amusium) vivente nella Nuova Caledonia (st.). — 8) Nota sul rilevamento della Carta geologica di Sicilia (st.).. — 9) Fossili tito- nici (Stramberg Schichten) del Biancone di Roveré di Velo (st.). — 10) Intorno al triton tritonis L. sp. (st... — 11) Una nuova Cypraea
LI E ne pliocenica (st.).. — 12) Intorno ad alcune conchiglie mediterranee viventi e fossili (st.). — 13) Nuove conchiglie del postpliocene dei dintorni di Palermo (st.). — 14) Nuovi fossili terziari (st.). — 15) Su talune specie
e forme nuove degli strati terziari di Malta e del sud-est di Sicilia (st.). — 16) Intorno ad alcune nuove conchiglie mioceniche di Sicilia (st.). — 17) Elenco dei fossili dell'orizzonte a Cardita Iouanneti Bast (st.). — 18) Studi su alcune ostriche viventi e fossili p.I.IILR (st.). — 19) Fauna di s. Giovanni Iarione (st.). — 20) Tna gita sulle Madonie e sull'Etna (st.). — 21) Fossili dei dintorni di Pachino (st.). — 22) Sulla fauna delle argille scagliose di Sicilia (st.). — 23) Studi su talune conchiglie mediterranee viventi e fossili ecc. (st.). — 24) Iconografia della fauna dell'orizzonte alpi- niano (st... — 25) Intorno a un deposito di roditori e di carnivori sulla vetta di Monte Pellegrino (st.). — 26) Intorno a taluni fossili di Monte Erice di Sicilia del piano alpiniano de Greg. (st.). — 27) Fossili del Giura-Lias di Segan e di Valpore (st.). — 28) Annales de Géologie et de Paléontologie. Livr. 1-5 (Annessi come documenti illustrativi).
5. Spezia GIiorcIo. Studi di geologia chimica sopra una solfara della Sicilia.
Lo stesso SEGRETARIO dà comunicazione del concorso bandito dalla So- cietà geologica italiana pel premio Molon sul tema seguente: Storia dei pro- gressi della Geologia in Italia în questi ultimi venticinque anni, 1860-1885. Premio lire 1800. Tempo utile 31 marzo 1889.
Presenta inoltre il Programma dei premi della Società batava di filosofia sperimentale di Rotterdam.
CORRISPONDENZA
Il Segretario BLASERNA dà conto della corrispondenza relativa al cam- bio degli Atti.
Ringraziano per le pubblicazioni ricevute:
La Direzione dell'Archivio di Stato in Bologna: la R. Accademia di scienze, lettere e belle arti di Palermo; la R. Accademia delle scienze di Lisbona; la KR. Società zoologica di Amsterdam; la R. Società di scienze e lettere di Copenaghen; la Società filosofica di Birmingham; la Società geo- grafica del Cairo; il Museo di zoologia comparata di Cambridge Mass.; la R. Biblioteca palatina di Parma; l'Osservatorio di Parigi.
Annunciano l’invio delle loro pubblicazioni :
La Società di Storia patria di Kiel; il Museo Teyler di Harlera ; l'Uni- versità di Leida; l'Università di Freiburg.
19:19;
CRCR
“a E 5 SE per
FHEZLA
pa _——_—___ ict ica pena ani dn NE siicicrà. tifa i e oe ea ire
Pubblicazioni della R. Accademia dei Lincei,
Serie 12 — Atti dell’Accademia pontificia dei Nuovi Lincei. Tomo I-XXIII. Atti della Reale Accademia dei Lincei. Tomo XXIV-XXVI.
Serie 2% — Vol. I. (1873-74).
| Vol. II. (1874-75).
| Vol. III. (1875-76). Parte 1% TRANSUNTI.
Î 2% MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali.
3* MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche.
MoLSVVIEVIESVELE
Serie.3* — TransuntI. Vol. I-VIII. (1876-84). li MemoRrIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali.
Vol. I. (1,2). — IL. (1, 2). — II-XIX. MemorIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche.
Vol. I-XIII.
Serie 42 — RenpIconTI Vol. I, II. (1884-86). | ” Vol. III (1887) Fase. 1°. Di MemorIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. (II Era È MeMoRrIE della Classe. di scienze morali , storiche e filologiche Vol. I. ||
CONDIZIONI DI ASSOCIAZIONE
AI RENDICONTI DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
I Rendiconti della RR. Accademia dei Lincei si pubblicano due volte al mese. Essi formano due volumi all'anno, corri- spondenti ognuno ad un semestre.
Il prezzo di associazione per ogni volume è per tutta l’Italia di L. £®; per gli altri paesi le spese di posta in più.
Le associazioni si ricevono esclusivamente dai seguenti editori-librai :
Ermanno Lorscurr & €. — Roma, Torino e Firenze.
Utrico Horrri. — Milano, Pisa e Napoli. .\
RENDICONTI — Gennaio 1887.
ENDEEGSE
Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Seduta del 9 Gennaio 1887.
MEMORIE E NOTE DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Passerini. Diagnosi di funghi nuovi. Nota I. . ME ag: SIIT Gli strati con Rh ynchonella Ber chta Oppel presso ‘Taormina (Piano Batoniano (parte) D’Omalius, Vesulliano Mayer) . . CARGO iO Ioerner e Menozzi. Intorno ad alcuni nuovi derivati dell'acido isosuccimico . . ” Tacchini. Sui fenomeni della cromosfera solare osservati al R. Osservatorio del Collegio Romano nel 4° trimestre 1885. . RE ono di
Id. Osservazioni di rnacchie e facole solari. . O) Riccr. Sulla derivazione covariante ad una forma qmadratica differenziale Grosentata dal Socio Dim) . ; rene) Millosevich. Osservazioni della corileta Finlay fatte all equatoriale di 25 cm. di x vertura del R. Osservatorio del Collegio Romano (pres. dal Corrisp. Tacchini) . . 0)
Id. Osservazioni e calcoli sul nuovo pianeta scoperto da CU. H. F. Peters il 22 dicembre 1536 (pres. /d.). 1 FER Ap) Giacomelli. Sul terremoto del 29 afosto 1886 (pres. dal ‘Socio Respighi) . } ” Ricco. Risultati delle osservazioni delle protuberanze solari eseguite nel R. Osservatorio di Pa- lermo (pres. dal Corrisp. Z'acchimi) . . n Chistoni. Valori assoluti della declinazione magnetica e della inclinazione, ‘determinati in | alcuni punti dell’Italia settentrion ?c ciell’estate dell 1886 (IE (RE e Ferrari. Influenza dei monti sulla precipitazione (pres. /d.). . ” Ciamician e Silber. Sulla trasformazione del RIGO in derivati della piridina (pres. ‘dal Socio Cannizzaro) . . 5) Canzoneri e Olweri. Trasformazione del furfurano in ‘pirrolo e natura chimica del loro gruppo fondamentale. Nota I (pres. /di). . . ” Leone. Sopra alcune trasformazioni che avvengono * nelle. acque per lo sviluppo. dei batterî (pres. /4.) » Grassi e Segrè. I. Nuove osservazioni ‘sull’ eterogenia del Rhabdonema (Anguillula] Intestinale. - II. Considerazioni sull’eterogenia (pres. dal Socio Zodaro) . .. . . . ALIEN
MEMORIE DA SOTTOPORSI AL GIUDIZIO DI COMMISSIONI
Gerosa. Sulla resistenza elettrica dei miscugli delle amalgame liquide, e sulle costanti fisiche
dei miscugli di liquidi isomeri (pres. dal Socio Cantoni) AE ” La Valle. Studio cristallografico di alcuni nuovi derivati dell’acido isosuccinico (pres. dal Socio SERUOCI I A. se So St IR RCIAn
REDAZIONI DI COMMISSIONI
Blaserna, relatore, e Cannizzaro. Sulla Memoria del dott. Nasini: « Sulla rifrazione molecolare delle sostanze organiche dotate di forte potere dispersivo n... ” Dini, relatore, e Beltrami. Sulla Mexforia del prof. Padova: « Sulle espressioni invariabili ». » Striver, relatore, e Cossa. Sulla Meniowia del dott. Artini: « Natrolite della Regione Veneta» » Strier, relatore, e Cannizzaro. Sul Ua Memoria Coe, La Valle: « Studio ‘eristallografico di alcuni derivati dell’acido isosucdginico n. . MEO RI)
PRESENTAZIONE DI LIBRI
Blaserna (Segretario). Presenta le pubblicazioni giunte in dono, segnalando quelle dei Socî Gemmellaro, Ferrero, von Helmholta e von Kokscharow . . sen Id. Presenta: un volume della Relazione sulla spedizione scientifica francese al Capo Ho, del 1882-33; un Rapporto del cap. Wheeler sul Congresso geografico internazionale di Venezia;
ed il vol, I dell’ opera dei signori Goeppert e Menge . . ” Betocchi. Fa omaggio di una sua Cofferenza sul i i-*ernazionale di Vienna del 1886, per la navigazione interna. . . Re fr ROl A a o
CONCORSI A PREMIO
Blaserna (Segretario). Dà tata a dei lavori presentati par concorrere al premio Reale del 1886, per la Geologia e Mineralogia, e del tema pel concorso al premio Molon . »
CORRISPONDENZA
Blaserna (Segretario). Dà conto della corrispondenza relativa al cambio degli Atti. . . . »
SETTI
DELLA
REALE ACCADEMIA DEI LINCEI
ANNO GGCOIEX X XELV.
IUSISTA
SEERREREETTOZO A Sg A
RENDICONTI
PUBBLICATI PER CURA DEI SEGRETÀRND, HRO e ai POLOGIGA, so; Volume III. — Faccio ASH NÉ
=
pr =@ < )N 1° SEMESTRE n= sor ASIA . = e si Seduta del 16 gennaio 1887 ROMA TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI gr PROPRIETÀ DEL CAV. V. SALVIUCCI f{
1887 {
ESTRATTO DAL REGOLAMENTO INTERNO
PER LE PUBBLICAZIONI ACCADEMICHE
IL
1.I Rendiconti della R. Accademia dei Lincei si pubblicano regolarmente due volte al mese; essi contengono le Note ed i titoli delle Memorie presentate da Soci e estranei, nelle due sedute mensili dell’ Accademia, nonchè il bollettino bibliografico.
Dodici fascicoli compongono un volume, due volumi formano un'annata.
2. Le Note presentate da Soci o Corrispon- denti non possono oltrepassare le 12 pagine di stampa per la Classe di scienze fisiche, ma- tematiche e naturali, e 16 pagine per la Classe di scienze morali, storiche e filologiche.
Le Note di estranei presentate da Soci, che ne assumono la responsabilità, sono portate a 8 pagine di stampa per la Classe di scienze fisiche, e a 12 pagine perla Classe di scienze morali.
3. L'Accademia dà per queste comunicazioni 50 estratti gratis ai Soci e Corrispondenti, e 25 agli estranei; qualora l’autore ne desideri un numero maggiore, il sovrappiù della spesa è posta a suo carico.
4. I Rendiconti non riproducono le discus- sioni verbali che si fanno nel seno dell’Acca- lemia ; tuttavia se î Soci, che vi hanno preso parte, desiderano ne sia fatta menzione, essi sono tenuti a consegnare al Segretario, seduta stante, una Nota per iscritto.
II.
1. Le Note che oltrepassino i limiti indi- cati al paragrafo precedente, e le Memorie pro- priamente dette, sono senz’ altro inserite nei Volumi accademici se provengono da Soci o da Corrispondenti. Per le Memorie presentate da estranei, la Presidenza nomina una Com- missione la quale esamina il lavoro e ne rife- risce in una prossima tornata della Classe.
2. La relazione conclude con una delle se- guenti risoluzioni. - @) Con una proposta di stampa della Memoria negli Atti dell’Accade- mia o in sunto o in esteso, senza pregiudizio dell’ art. 26 dello Statuto. - 2) Col desiderio di far conoscere taluni fatti o ragionamenti contenuti nella Memoria. - c) Con un ringra- ziamento all’ autore. - d) Colla semplice pro- posta dell’ invio della Memoria agli Archivi dell’ Accademia.
8. Nei primi tre casi, previsti dall’ art. pre- cedente, la relazione è letta in seduta pubblica, nell’ ultimo in seduta segreta.
4. A chi presenti una Memoria per esame è data-ricevuta con lettera, nella quale si avverte che i manoscritti non vengono restituiti agli autori; fuorchè nel caso contemplato dall’art. 26 dello Statuto.
5.L' Accademia dà gratis 75 estratti agli au- tori di Memorie, se Soci o Corrispondenti, 50 se estranei. La spesa di un numero di copie in più che fosse richiesto, è messa a carico degli autori.
cu 4 a
RENDICONTI
DELLE SEDUTE
DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
DAN
Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Seduta del 16 gennaio 1887.
G. FroreLLI Vice-Presidente
MEMORIE E NOTE DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI
Filologia. — Zrammenti Copti. Nota I° del Socio GurpI.
« Un ramo importante della letteratura cristiana dei primi secoli, gli apocrifi del Nuovo Testamento, era largamente rappresentato nella letteratura copta, e non poco se n'è conservato, ed è giunto insino a noi. Una parte, relativa alla Sacra Famiglia, è stata pubblicata da due celebri orientalisti : dal Revillout negli Apocryphes coptes du Nouveau Testament (Parigi, 1876, autografia), e dal De Lagarde nel bellissimo volume Aegyptiaca (Gottinga, 1883). Or io communico all’ Accademia parecchi altri frammenti che si repu- tano appartenere a questo genere di opere copte, e specialmente quelli che si
conservano in Roma nel Museo Borgiano. I quali sono descritti nel catalogo -
del Zoega (pag. 222 cominciando dal N° CXI); in questa prima nota io pub- blico quasi tutto ciò che è contenuto nei Nî CXXII-CXXVII. « Questi codici, o per meglio dire questi frammenti di codici, oltre che inediti, sembrano essere anche unici ('). Pertanto ne ho conservata l’ ortografia (1) Dico « sembrano » perchè di varie collezioni di mss. copti non è pubblicato il
catalogo, e nuovi mss. vengono continuamente portati dall’ Egitto nelle grandi biblioteche di Europa.
RenpIconTI. 1887, Voc. II, 1° Sem. 7
SE ==
==
ws =
SEE MQ
quantunque sia talvolta men corretta (!), ed ho conservato parimenti la divi- sione dei periodi (fatta nei codici coi capiversi) lasciando alquanto più spazio alla fine del primo periodo, e scrivendo come nel cod., con maiuscola la prima lettera del secondo. Talvolta, sebbene assai raramente, si osserva in questi co- dici l’uso (ben noto del resto) che il capoverso non cominci colla prima parola del nuovo periodo, ovvero non colla prima lettera di essa. Non ho creduto conservare in questi rari casi, la disposizione dei mss., la quale se ha uno scopo calligrafico che naturalmente sparisce nella stampa, è con- traria poi alla vera interpunzione. I punti minori (che occorrono specialmente nei Nî CKXV-CXXVII) sono del pari conservati. La linea sopra ft, ae, p ecc., è assai frequente nel N° CXXII, più rara negli altri, segnatamente poi nel N° CXXIII; ho apposto spesso queste linee, specialmente quando sono utili a facilitare l intelligenza del testo. Ma ho omesso i punti o la linea sull’ 4 e la linea sulle altre vocali, assai frequenti nel N° CXXIII, ma più rare negli altri, e specialmente nel. N° CXXII. Questi segni divengono per lo più di poca o niuna utilità nella stampa, e d'altra parte i codici originali non sono nè tanto belli, nè tanto antichi da meritare un’ edizione a fac-simile.
(p. 2) N° CXXII. (due fogli; i numeri delle pagine sono periti) Mista gAgTHK NTNOW 2A SAIREC NNEKWAHA. tok DE AITWOYN MILMAY ANWAHZ EQPAI ETINOYTE N'TEYNOY A NEYCIX COOYTI ERBOÎ AYPOE ENEYO JILLLOC NUWOPIT. ANW AIBMO0C AIKABHKEI strroov ERO an TEKpacpii EIXW ILILOC XE EPpwASN TPuwILE Ep smoRe sie NeKOTY E- TINONTE ILEC[CIUUTT MIggrac. [A]iwine Ae nica nevpan eR[0]A [arT]ooTor [a]xTAMMOI eEpog. Ova seen xe epacToc NE MECpasm. Prw KEova XE wriHcistoc me mecjpasn. Keova SLEN XE TpipHt0C IE MAPAN. AYWUWITE NILRRAI SIL ITI- IKANUWWÎTTE MOVWT NCILOY ETINOYTE AYVW NWILWE NA. Utinca nai AYRWK ESpAI ETITORIC NOVZOOY EWET OEIK. MOOCON AE EVEN TIWONIC ACEI WAPOI NOI CATIA MMAPIA (P. 21) TIVNAAY ILITENXOEIC ic. ITexAC sNaAI XE NAIATK NTOK W
(1) P. es. NCLLOY per ENCILOY, NEWAXE, NETTOAIC per NUUAXRE ecc. gN per GEN (art. plur. indef.) ora EP ed ora P. ETETNA per ETETNNA; e nei nomi e verbi greci KPADH, TKKAHCIA, ILpANECOAI e simili inesattezze
frequenti nei codici men buoni.
ENG) (0) pa CTEDANOC IMUYWC ETO NOT ECKTO NNECECOOY ESOYN (sic) ETogE NiIEcoOY. = Eic SHHTE TAP OYVN OLLTE sNKAOse
rr rr—re——_ _rw————====x=r==x
CRTWT NAK &N ILUTHYE EIILA ALTIWOLLTE Npecpiohe NTAKTCAROOY ETESIH ILTOYVXAI XWPIC MMEKNOL ETEKNA-
XITY] EROA SITR TMNOYVTE EXIL MPAN NTEKMAPTYPIA.
Kaitrap ovn annos nTAaXI0 NAWwwWwNE ERO aITOOTK i
NEKK'TO NOYVILHHUWE NIOVAAI DI BENDHN EDOYN EMNOYTE. oe o I Urnnca mai CENAKWE Epok NOT MIOYA AI XE AKKYPIiZE NAY | | SLTTpan ILITENC. MW CENATWOYN EQPAI EXWK NCE- I QIWNE EpoK NTXWK ERO% NTEKRMAPTYPiA. vw nror- | TE NATEOOY ILMEKPASN ILN ITEKCWILA N'TACUITEICE EXIL i ITEC[PASN NTE MEKPIMRLEEY[E] LYWITE Equenn ERO wA ENEA. 1 | Ovr annos neo[se] sn|aluywre | || "ARA ETONNAKU ALMEK- i on? i
CWKLA ETOYVAAR NEHTY. vw TONOC NIRR ETOYNAKUW I0- IEKCWILKA NEHTY EIE NCETAYO ILITEKPAN EQPAI EXWY OYN
anno NWUTHPpe mawywre meHnTorv. ‘Iwovs GE Tenor
ILN TTKELUOLLET NPUILE ETNILILAK WNHCIRLOC ILN EPACTOC (sic)
=
gt TPpwspistoc NTETNAWK WA NAOCTORNOC NTETNIWLA- OHTEVE QA[PAT]OY NTETNKYPICCE MNILILAV ILTEVATTE-
S
DION NTILNTEPO. NW ACWEK ECWAXE mama sot
= #
TIHAPBENOC ILAPIA ECXW Epo: nannoo sereyoTHpion. ETEI
AE ECORLOOC ECWAXE NILRLAI EIC QHHTE AYEI NOT NETNIL-
LAT AYEI EGOYN AYNAY EMAPIA TUAAY ILTENXOEIC IC ecgssooc. = Axw Act snai fipHini Acgonc stmereato
eRBoù. —IN'toov GE avma[pajkader sestor a[i) aennoo NCOTT[C] sen amo n "XE SKATARION W IENXOEIC MEIWT (p. 29) \ XE NICK TE TEICEIME NTANNAY Epoc ECQILOOC NILLLAK. NTEporenwXxAeEI sai EMEGOVO AITARROOY XE TECQILLE NTATETNIMNAY Epoc TE LAPIA THAPOENOC TWAAY ALTTEN-
XOEIC IC IMEXC AVW AITAILMOOY NWAXE THPOY NTACX0OY NATI AVW AYITIGE EXIL MWAXE NTACX00] Epos [A|y<eooy IN ILTINONTE NIE. AYVW ANTWOYNI BI OYCOM ANRWK WA '
| NATTOCTOROC ETOVAAR ANSLASYTEYE GBAPATOY ANWITE li,
— 50 — ESMHIT ETHITE ILTTELWCECNMOOYC Ki RtAGHTHC. Utica oxvoety AE AYVKp&aLpsa WUITE NIOVECIENIN NEERPpAIOC XE MEYUWIT ILILOOY AN EYOVNWW EXI NTOOTOY EYWRW sLLL00Y EPooY IL NEXPHILA NAIAKONIA. 9 moenTonoo[ve]) Ae na- toc || [Todoc]
N° CXXIII. (due fogli, pag. 61, 62, 65, 66)
XE NTA MAI THPoOY WUWITE IYLLOK XE AKCJI SINECKEYH s%t- ntApTypion NTOOTY gn ovxingone. NT Ae Aq- ILOVTE ENPWILE ETTWCE] IE AQUINOOYY WA ITTONOC ILTEA- TIOC C'TEPANOC ECXW seRROC SAY XE BWK NYITAPAKAREI ILITOIKONOILOC NETNNMOOY NAI NOYKOYI NCILOY APHY NTA- Zo eRof ast MEIWYWNE ETEIXWI. Arw ciwando tria. emegrrormoc | [w]àHAX arvw tinat nTmaweE Nireosnmaar emmTonOc Tegarioc cTepasnoc. ITpuwsse AE AGRWK KATA 8E NTACXOOC NA. NTEPEgàwKk AE EIC MEAYIOC CTEDA- NOC AGOYVWINE, ERO AILTpweIrE ETWWNNE EAKGAZEPATY GIXZWY NTITALE NTEYWH MEXACY MAC XE ITPWILE EKWUUNE EOY NTOYJ AE MEXAY XE EIC QHHTE KNAY Epos MAXOEIC. IInetoraaB AE MerAK NA XE NYCOOVN AN XE OYVKOYI AN ITE TKINAYNOC EAKCI NTEMPOCDOPA ILTINMOYNTE AYVW XIN MEDOOV N'TTAKCITC IEKEIWT CILILE ILILHHNE ILTINOYNTE DA TEQMpochopa NTAKQITC gn ovzINCONne. Etc GHHTE Kita- LOY NTE KEOVA KAHPOnosLeI NITEKNKA TTPWILE AE Aq NAETY IIEAFYIOC CTEPANOC MEXAG NA xoeic Boneei Epos SIL MALYWNE. PWPK NAK ILTINONTE XE EKWANKUW NAI ERO ILITEICON NAT NTITAWE NNANKA ESOYN ETTEKTONOC AVW NYTNAOVWE AN ETOOT EpxINGONC NNEZOOY THpoY smawse. IImeroraaR ZE MexAY ALUTpwILE XE EPpwAN TIPWILKE NTAKTNNOOYY EIATONMOC EINE MNAK ALTTECKLOY ILTTATONMOC XITY NYNOXC] EXIL IMEKCWILA AVW KNALLTON. Ada gapeg eagus mise NTAYEI EROA an pwk. Axw
SIMPpKOTK epmoRe xe rime megoor emai wure sereox. Nat AE NTEPeqxoor mac ner mmeroraat cTEpaANOcC AqRWK ERO gITOOTY] as overpunz. IIpwsse Ae aqmeg[cle st- INECJPWILE AKYXW EPpoov NWAXE NIKL NTA MEATFIOC X00Y NAC AYVW ACqTAROOY EQWÉB SILK NTAYVWWITE ALLLHOY. IIpwSKE ZE NTEPECEINE MAC ALTKOVI NINEE, & XL ITTONOC UuTgATIoC Ama cTEpanmoc. UI xe ovHp TE TIOT NNCOL IITOATIOC ANA CT[EPANO]C NTAYNW[WME a |mnay eT- [seneav]. sise METNA[Wy]}x00c xe nooso sermcimeToOrARA EYEINE AN NNCOIL NIWEANNHC ILN IETPOC NAI NTAVAAY ON TILHTE ILITÀAAOC
[ov] || wma, ERoX N°TOOV NETTHW ETEYNAZIO BN NEZOOr N'TAIXOOY EpoK. MEXAI ILTTATTEROC XE MWC aL NO6 an ILITHYE NOE ALTECNAY NAI. ITexE MAFFeEDOC MAI XE CE ADDA TNATAIMOK EMWAXE. EMIAH MeTpoc A Mexec T MA NNWOWT NTILNTEPO NILTHYE IWEANNHC UW ACGKAAY equa po eThe neqTAahfo sen TEQqunapeenia AQNUAPIZE NA IMIEITACIO MAI TAPEcqIi NTANADPOPpa an nwa nNAITHNON. Ilearioc om cTEPANOC NTOY NE MAPXRHAIAKONOC TEZONCIA TO NA ON ON NWA NAITNON eTorone ehoù. Etc SHHTE AITARLOK ETRE MEINOG NWA AYW ETRE IMEINOG CNAY NPWILE NCW'TIT N'TENIOC XE S- 'TOOYV NET Epe TEZOYCIA NTOOTOY EN NNO NE00Y NWA NTA:xz00y epok. Nat ne nTA nOEAdO Hcatac x00% Epos XE AINAY EpooY &N NASLITHYE. EINAXE OY ON H EINATAYE OY EPpoK W TAXOEIC NEIWT ETOVAAB KW sai ERO7 KWOPIT NTATORNILHPIA ILTPIWUTT NILILAT XE AITORNILA QOXWE EWAXE ENEKTAEIO ETOVARZR. EROA XE semereyo ardore EXW ILTOYNTRA MNEKAPETH LN NEKTAI[O] ANDA ETRE «row EMWAXE WA messa. ETIAH
Sa + TA[senT]evZIWwTHE seri COR LUTANAC NCAPZ EXUW NNEKLWITHPE. NTWTN AE W
ITZAOC SIIMLAINOYTE GAPEE EPWTN SIL MEINOG NWA LLTTOOY
ze
ua
pe
tiapo =
==er TTT
nue re
ee ==
a E ae rai
BR
KE
RITTpEI EGOYN ENEITONOC ETE ITONOC ME IRMOAYTIOC ANA CTEDANOC ETETNTONA EN TIOPNIA LN NXIOVE LEN SEN- KATADANIA SIN GENXWEIL ILN SENLLOCTE. QAPES EPWTI ETETNOYAAR ENORBE XEKAC ENNAGN GE NPpwWwA IL MOATIOC ANA CTEPANOC AYVW NAMTAPAKAREI ILITEXYC LAPON NqKW man eRoX smrrenmoRe. Prapakader sett w AAC ILILATN]ONTE SLTPENA[PpiI]KE Epoi XE ILTEIEWIKWKpANICEAI NHTSN ILITKECEENE NNGORL "THpoy sermermeToraat. Uapri- KA TICEEME NMNECGOR WA TKECYNAZIC ETNHY ILHITOTE NTE QOINE NEHTTHYTN PATNASTE ENCOLL meImeTOraA]R NEAYIOC CTEDANOC MAI ETNPWA NA ILTOOY IEIAIKAI0C ETCILAIIAAT. ECEWWITE AE ILLLON THPN W NALLEPATE ETPENILATE NNATAGON NTILNTEPO NILTHVE. NT PIILITWA TH[pjm &I OYCONM NTNCWTR ETECRKH ETCRMAMAAT N OVEYPPOCYNH XE ALHHITIN NETCIRAMAAT NTE MAEIWT NTETNKAHPONOILEI NTILNTEPO NTAYVCRBTUW || [TC]
N° CXXIV. (un foglio, pag. 35, 36; ma i numeri non si leggono quasi più)
« Questo frammento è stato già pubblicato dal P. Giorgi, nell'opera De miraculis s. Coluthi ecc. Roma 1793, pag. 102 segg., accompagnato da una traduzione erronea spesso, e fin dalle prime linee. Ho fatto il confronto del codice originale col testo stampato, ed ecco le correzioni che debbono farsi a quest’ ultimo:
102,14 1. ‘THpe. Aq. 161. MKEKOYI. 20-21 1. ALTTKEparec. 103,4 1. XIN ILMTENTWIIL WASPAI EMECTAYPOC. 11]. WUWITE. 27 1 'TTAMPO. 28 1 AAVEIR. 104,7 1 semeqmincone. 105,10 1. ‘TEGEPcw. ID. 1. siqqrarmwre. 106,3 1 me sp. 107,10 1. sre-
IRAN. 15]. \RRAGIAC) semireto EROA siattoc || [TOXO0C]).
N° CXXV. (un foglio, pag. 25, 26)
TECENKOTK ON KOYN IUTMONTE. NW NTEPOVCTAYPOY ILILO] SICTWOYIN ERO EN NETLLOONT ACOYVANEY ECILLWIN nwopri. Unncwe nexaq sta pia. XE RUWK AXIC NINACIHY.
EC RONd
TILNTPEJAPREI! EXN NENLUWINE. ILN NETINA NAKAGAPTON N MEILAGHTHC. AYW CENAWUITE EVEINE ILHLLOY] N TITA p- povcia.
XE |NARWK EBpai WA MAEIWT. ETE METNEIWT NE. AYW i MANOYTE ETE METNNOYTE IE. RO EquorvtTe Epoov xe Ì CON gI LWAHp. ACRLOYTE EPOOY XE CON. SI LWHPE NNOYVTE. : NTEpeqRwKk rap Eapa! WA MEEIWT. AGTNNOOY EXWOY î ArTTerma eTovaat AYGEI gA ICE smise. Avgaiore epoov. n Arcowor. Argiwne epoor. Arnrosir eeadacca. Av- ' cTAMpOY segeoor. AvpiTe snevswaap giwov. Avgi i NTevAmE. Ada an snai THpoyr WTovewnopxory eRoX Î ETAYANH IMTNOYTE. ANDA Aquapize NAY NENTAIO ; gIX%t TMKAB. AYUW ON as TIE. ELWXE KOYWW EEIRLE ETALE ' CW'TILR. TÀ METPOC EI ECAPAYTE REN IWEANNHC. ANAY Ì EYpwsgre NCAZE. AVW AGGUWT EPOoOY. NMEXAY NAQ XE KI Li SWWwT Epom. ETA MEXAY XE LN BAT. OVAE se MOYR \ woor san. ITETE OYNTANQ AE THNATAA NAK 2IL i Mpan sic MTA O Pe 009 Ilexacq xe mexkw s- i NETWWNE AN NEMNATIA. XEKAC Epe METPOC NAEI EQNHY È NTE Teqgaitco TAZ0OOY scedo. Iexacq on xe smexerne ' NINETLWYWNE. ILN NETILOK2. SITN NETTNA NAKAGAPTON. | AYW NEYpaaASpe Epoov THpor. Ovsrte rap ne MWyaXE ILMENXOCIC NTAYXOOY NAY. XE NTETN mawReep. Av- . WWITE Yap AÈRHOWC NWworvpuwrnHpe sereoov. Nee rap | NONWHN ECIOTIT NKAPITOC. EPE IMECJKAPITOC Q0XX. NWANXI (f EROA NAHTY NCETWIE SIL ILA MIR EYEINE sero. Tai TE j DE ILITENC ILTEIRLA. TIUHN ILTWIN, NTAGTWIE EXN |
|
« Il N° CXXVI contiene due parti la prima delle quali, pag. 69-71, forma la fine del racconto relativo a s. Giacomo. Ora questo medesimo rac- conto occorre anche, sebbene in una recensione molto diversa, nella prima i parte del seguente N° CXXVII. Pubblico perciò una sotto l’altra queste due i prime parti dei Nî CXXVI e CXXVII che formano un solo racconto. Le due recensioni essendo tanto diverse, riesce impossibile costituire un testo unico, ma conviene pubblicarle separatamente; e siccome il frammento del I
pa
(sic; oi dyud-
oLoL)
(litur. nel
(arrerhéw i
(Malan : tremble)
cod.) 2)
we
Aaa
N° CXXVII oltre all’ essere più. prolisso, conserva un lungo tratto perduto nell’ altro, comincio da questo lungo tratto per poi pubblicare insieme i due testi paralleli. Il testo etiopico tradotto dal Malan (he confliets of the h. Apostles, Londra 1871 pag. 175) concorda col N° CXXVII?
N° CXXVII. (otto fogli; p. 101-110, 163-164, 173-174; 1/ f. senza numerazione) UHHWE NOYOEI” XINTANCWTIL XE A LLNTCNOONC 2t- SLATOC EI EOpAal EGIENHAL EAVPILAGHTHC NOYVPWILKE XE ÎC EOYILATOC IE. ITAI ON TENOY NTAYTAYVE MEqpasn. Axw AVKEDEYE NTEYNOY ETPEYT Normnora Eemevmaka NCECWK sesr00Y a Tmoric Tupc. NAvagioc AE NTEPOYEI EYsA- ILONP ILILOOY A NEVCIX LL NMEVOVEPHTE TUWÎ[C]AYVCÙW gAPI gapoov. Napaywsn AE ava dH Epoov eva serLOC XE ETRE OY NTETNEIPE AN ILMTENTAYVZUN ILWLO] ETETHYT.
ToTe AVWwwWw ERoX evXzWw segtoC. XE NTNOOLL An TÙ EITTHpPc XE ANpee morvwrne. ‘Tote mapgewn arvorwwysk EVXW IL,LLOC XE ILH ILTTNXOOC NH'TN XE SENILATOC NE serpwrre. NANOCTOROC ZE MEXAY XE NANON SENMMATOC AN. ANON FAp ANON SENeIoA? NTE OYVNOYTE NArA8OC EITECpas me ic. INpWwSILKE NTANTWC NBE NMOYVWNE NEYCONC NNANOCTORO[C] XE TNimapaka ei) serroTit sipuwre[e] sic ma smasn. [T]oTE NANOCTOROC NEXAY XE A MNOY|T]E ovw ECJTAILO IRILON XE ILTTPTWWAE NOYITEBOOY EMILA NOY- NEGOOY. ANDA AYJRXOOC NAN XE API MIETNANOYY. N'TETN- TI pceooy. TrvkoTor ZE Espwsre NEXAY NAY XE OL IPAN NIC MEXC MNOYTE ETNTAWEOEIWY KIROK ETETNA- p@ee NWOPpr on. NW NTEYNOY A NPUWILE LOOWE NTEYZE. AVEI AYVNASTOY QAPATOY NNANOCTOROC EVXW ILRL0C XE OYA NIE MNOYTE NIEIWYILILO NPpuwsrge. TOoTE sssLHHWE THPpoY. N'TEPOYnAY EMENTAGUWHNE AYVWWY ERO xe ova mE MNoOvTE Nnerpusse. Napxws [Ae NTEpovmav en[en)- TANVUWYWITE LTO[Y]MICTENE ON ARNA[A|] AYNWOT emEgOYr|O).
Ova ZE NNAPXUWN EYNTAT IHILAN NOYVLWHPE NGARE ETE- OYVEPHTE CNTE. MEXAY MAY XE TNAEINE LUTAWHPE. ELWYWIE
EVWANTANIOY Nearoowe See NPuw'LE Mis. <TranicTere ENETONTAWEOCIY stro EROoA aitooTorv. ‘Tote na- IMOCTOROC MEXAY MAY XE ANINE NASN ILTEKWHPE ETEIRRA TA pe MECOY stmeNc ovuwita eBoA. AckeXeve NOT nap- XUN NINEJEMPAR ETPEYEINE ILTECUWHPE NCEKAAKY gAPA- Toy Niamocto Roc. ‘Tote nETPOC sot rAKWÉRO0C. AYTWPW NNEYCTX ERO AYVWAHA EYXUW WLRLOC XE IMAXOEIC IC NENC TANACTACIC IWWYXH NIRL. ITOYOEIN NNBENAEEYE poca:
MIVEIATOOLL ITOEIK IANWNE, NTACEI NAN en noegwwn. TNYYH dtAK00Y Sw, NTACEI ERO an TIE. TEGIH LILMLYOOWE NNETAYCWPILX. IMAPICTON NNENTAYVWCK ON THOAXYTIA. MAITTNON NNAIKAIOC NTAYE! EROA aN Cw- ssa. MREKE NINENTAYNPEWwR Kkaù&wce. ncag eTtTceRw mnrert- ATNASTE. MENNA ETRLOCTE Nina TEnIOrvILia. Ilxoerc rs- CWIKA TIWWC ETNANOYY. ‘TNCONC AYW TNIApaAKAREI IIILON ITEIRRAAXE NPEC/CWTR® ENEKOILOAZR. N'TOK Tap AKX00C &N TERTANPO NNOYTE. XE ILEICNTHYTN ERod.
Tesmoy xe maXxoEIC <|TOOTK NaRgrAtI XEKAC Epe MEKEOOY naorvwsna Ro an TEITORIC NCEEIRLE. XE N'TOK ITE TINOYTE QUILE IIAVAAK. ‘Tote mamoctoRoc sTEpovt snrenpo- CEYNXH. IEXE IAKWÉAOC ILTWHPEWHLLY XE IL MPA NIC INAZWPAIOC. ITAI ETN'TAWEOCIW RARO EKETWOYN NY- SLOOLWE IBE NPUILE MIR —ACTWOYIN NOT MWHPEWHLL AY- SLOOWE. E ILWN NRAAY NTAKO WOON NEHTY. IIseHHwe Ae N'TEPOYNAY AYPWINHPE WLMENTAWWITE ERO aITOOTOY NNATOCTOROC. AYVWW ERO as ovmnod Neu WANTE mEvapoor BwK ESpai ETITE XE OYA NE MNOYTE NNEI- pwsse. IIiWwT AE IRNWHPEKOYI NTAGOYVXAI AGEI A- NASTY QAPATOY NNAMOCTOROC AYCENCWITOY EqXxUW s- SROC XE <TINAPAKAREI LILLWTN W NPWILE NIC ARLLHITI EBOYN EITAHI NTETNOYVWIL NOYVOEIK. AYW NTETNWWITE est mani. ITexe smamoctToROC sempwste xe RwKk NTXWw
ETEKCHSLLE NNEIWAXE. ECQUUITE ECYANTITSE QUWC EIE TN- RenpIconTI. 1887, Vor. III, 1° Sem. 8
(sic)
(sic)
NAWWITE 8 NMEKHI. Tote mapxws aqzoor NTEG- CEISLE SITIL MECOLOEAZ ILN MECUHPE NTA MOVXAI TA- 804. Axw aAcwwy ERBA QWWC XE OVA ME TMNOYTE NINEIPWILE NATKAIOC TAI NTAKGRAPIZTE WITTANIO WITAWH- pe AYW ACAITEI ETPEYEI NOT NAMOCTOROC NCEOYWw*K aIL MECHI. ‘Tote NWHpeKoyi AYGXW ENEGEIUT NEWA sis NTACXOOY NA NOT TEQUAAY. 9AUKENEVE Nosnay Nec EMEAX ETPEVKAGAPIZE IWWITHI KAZWC NCETt eSpai naen- CTNOYYE. AYVW ARI NNAMOCTOROC ESOYN EmECuI. Ac- WWITE AE NTEPEZNAMOCTOROC P_cagorn smaorn sampo SITTHI SLMAPXUWUN. NEYNTAY WILAY NOENCIA WON Evan OVNWOYVWT. LUTTNAY ECNHY EBOVN NOT MAPXUWUN. WAKYOY- WWT NAY. TYW NTEYNOY NTA NANOCTOROC p m1a80YN ILTPO ILTTHI IITAPXUN AVE NOT NEIAWRON AYP aka Naksr. ‘TOTE MPWIELE LL TECSILLE NTEPOVNAY ETEIKENOG NUITHPE ANITICTEYE EMEZOYVO. IINW AYEINE NNAIOCTOROC NEENNOC NYPHLLA. EYXW IIILOC XE XI NAI NHTN NTETN- TAAYV IQILINTINA NgHKe. Ilexe taKkWwBoc xe qurov NITAAY &N seco aeseim sertok. TOoTE AGRITOY Aq- COpov AYW NTEYNOY AYQKW ZAPWOY NONTPANEZA AY- OYWIL ACW. ‘ToTE GEOPIRMOC MAPRUWI NEPE staAmOcTOROC OO NEOYVN AITTECHI. AYVW AGCETCWITOY EKXW RLRLOC. XE “| NAI NTECPPATIC ETERL MEXC ANOK ILN MAHI THpq.
NanocTonmoc AE NTEPOVNAY ETEGIICTIC. AVKAGHYTEI I- ILOOYN QRL ITPAN IUITIWT LEN TILYHPE LN ITETINA ETOYVAARR.
ANW NTEIBE AYP WOLNT NQ00Y EYKAGHYEI atrL00Y gIL Tpasn RAMNOYVTE. si MMORLOC. sei NETPODPHTHC EYVEIPE
N° CXXVI. (12 parte; un foglio ed una col. p. 69-71; i numeri, salvo l’ultimo, non si vedono più)
N'TEPE NAMOCTORNOC XE NAY ETENIICTIC. AVKASHYEI £t- ILOOV. QLL TTPAS RATTEIWUT ILN TILUHPE. LLN ITETINMA ETOVAAR. TYW NTEISE ACP WOLLNT NE00Y SIL MEGHI EQXRW NA NNERLNTNOG LTNOYTE. TYVW NE NTAGRAMTIZE LLLL00Y
sE = sura B sipwsre gsx nequi. Utica mar mexe tAKWÉR0c RITTETPOC XE IMAEIWT METPOC TWOYN NTNAWK ERBoX N'TNTAWEOEIWY ILITKECEETTE NIPUWILE ETAN TEIMONIC NAN- TWC NTE TMNOYVTE KTO ILMEYEHT NCERLETANOEI. Ave NTEISE AYEI EROA Esmua NA vRIOCION NTITORIC. AYTCRW ILTTILHHWE THPY NTIORNIC. AVW NEYNHY IE EYCWTIL Epooxw EYpuwIrTHpe NNWAXE ETOYXW RLR0K00Y. ‘Tote nke- CEENE NNAPYXUWUN NTMORIC. N'TEPOYiIi“AY, EMmerwAHp. xe AGINICTEYE EMETOVNTAWEOCIWY sLLL0| EROA 2ITOOTOY Lt- TETPOC LN IAKWÉAOC. AYEI AYNASTOY SAPATOY NINA- MOCTOROC EYVXW ILL .0OC XE TNCONTC ILILUWTN UW NATTOCTO- DOC ILITNOYTE ETPETETTT NAN QUWWI NTEXAPIC NTATE- TNTAAC stmmendyBp. ‘TOTE NAMOCTOROC NTEPOVNCWT®L ETTRLHHLWUE MEXAY MAY XE METTICTEVE Epom. ItApejova a news. INTEYNOY A MIKHHWE THpq ovagq NcaA sNAITOC- TOROC AYNTOY exse matoory. ‘Tote snamoctodROc Ara- QEpaTOY SIX NILOOY AYVT NOympocergH EYXW ILLLOC € XE TNWITELLOT N'TOOTK ITXOEIC INOVTE. MITANTOKPA- » « TWP. IMIWT IUTENXOEIC TC MEXC IMPpo ILITEOOY AYW » € ITXOEIC NNXICOONE XE LLTTEKWCK EKTO LAPOK NINEKECOOY. » ANW INTEYVNOV AYCILH LWWITE WAPOOY XE Xpo ILILWTN W NAAIOCTONOC ETTAEIHY LMTPPEOTE XE ANOK “TWwOON
CEEIpE sege LWYXH. Utica na: a tAKWR0C NWT ETA- LEOEILY LITICEEME NiferO RIC. ‘Tote mKeceene nrepornar XE A IMEVWAHP IMICTEYE. AVEI QUWUOY AYNASTOY 2A NE- OVEPHTE LLTATOCTOROC EYVXW RHILOC. XE. ‘T'ricorie sesgok TIPWWSLE IHTNOYVTE. “TT MAN NTECQpAFIC NTAKTAAC IITEN- uRHp. Ilexe MANMOCTOROC XE NETIMICTEVE NOHTTHYTTI IIS PECILOOLWE NCWI. TAJCwK ZE LAXWEY ILTILHHWE ACKEN- TOY EX IILOOY. AGAZEPATY AGUWAHA Equu stsL0C. XE
« PUWITEILOT N'TOOTK MXOEIC MINOYTE MIANTOKPATWP. XE » « SLITEKWCK EKTO NINECOOV WAPOK. » IANW NTEISE AVCLLH
(pag. 70)
a NILILHTN GILL ILA INIL ETETNARBWK Epoc. NW MIL HHWE THPY NTEPOVCWTIL ETECILH AVPEOTE. TOTE NAMOCTOROC AVKAGHYVEI IHLL00Y AYVTCRW NAYV AYVBANTIZE IRLWWLOOY. ETTpPAN ILITIWT SL TILWHPe se merinia eTovaat. NTe- pPorxi ZE AETRAMTICITA AYWWIE EVTENHA MALOOY EIE- zoro. Arw smanocToRoc AYVYWKNI, MAY NOYVEKKAHCIA. NevnHv me nNoT NKOYI se NNO EMpawf E'TEKKAHCIA. AYW SEPE NANOCTONOC PRW NAV MSILHHNE &N GOTE semmorte. IN'TEPOVXWK ZE ERO NTEKKAHCIA. AVCYNATE SAMDAOC THPo] gf TEMPochopAa ETOVAAR. AYVW sMEPE 1A- KWBOC WWW Epoor ILITNOILOC IL SENPOPHTHC IETPOC AE QWWwY sEqhwX sts00Y Epoor. ANvw sEpe maAAOC THpcj pewrHpe NnwaXIE] ETONXW sere[(0oY] Epoor. AYVw ne[e pe NAAOC THPY poWwrnTHpe NINWAXE ETOYVXW ILIMOOY EPooY. TYW NEYCOOYVB ETEKKAHCIA EYCWTRL ENWAXE SLILE ILMNOYTE. Urisica TPEYBAMTIZE WLL00Y AYW ICE- CYNATE MILOOYV &N TeEmpocchopa eTovaaB. AYEIpe se ILNTCNOOYC sig 0ov gaAgTHv. Utnca sar AvkasicTA NOYENICKOITOC NAV. SLI SENTPECAYTEPOC. sLN BENZIAKO-
WWITE ERO BN TITE. ECXW IRILOC. XE XpO MILWUTTI ANOK <+woon snsssenti. ITseHHQE AE NTEPOVNCWTIL® E'TECRLH ANPUWITHPE. AYVUW A MAMOCTONOC KAOHYEI MILOOY &L TTPAN ALITEIWUT LEN TICYHPE. LL Ierisna eTovaat. NTEepovzi Ze untanqpoera AYNTEAHA eRt00Y. Àxw a marnocTodoc WYWNI NAV NOVEKKAHCIA. AYPE&WÉA Epoc WANTOYXOKC ERO KAZWC. NCECYNATE IRILOOY BN TEMPOCHOpa Na- mepantTon. Axw siepe tAKWwA0c <peRw smav an eoTe ILTIXOEIC. ECQUWY EpooYv ILTTNORLOC LN NEMPODHTHC.
TIsKHHUWE AE SECO NUITHPE NINEWAXE ETEPE NMAIOCTOROC XW IQRL00Y. = Axvw mNEYBHK THpPov IE ETKKAHCIA. EY- cWwTI EnewarE LmnovtTe. Uttsica TpeqgBamTize sreoov. AGCYNATE IILOOY. AYVW AP INTCNOOYC NQ200Y 2A&-
— 99 — NMOC. AYEI EROA SITOOTOY. EMemo segroov ERO THPOY (ms. LIRLOY) EYPuwTHpe smeeeentio6 aemmorte. Ila: ERO? gaITOOTE TEOOY MAC LL ITECEIWT [NA]rAaG0c seri mena eTovaat | NPEJTANGO. AYVUW NBOLLOOYCION TENOY. AYW NOYOEIW | NISC WA NAIWN THPoY NNAIWN SALLWHN.
THOY. EAGunwwws mar manenicKOToc. se anmpecBYTE- poc. ser and iakosnoc. vw NTEISE AUEI ERO% alTOOTOY NOT nanocTOodROcC eTovARR tAKWÉR0C. EYTTEOOY ILINONTE 1 MEIWT LN ITECLUHPE ALRLEPIT. sen merinma eTovaat. N-
PEqTANZO AYVW NBOLLOOYCION. TENOYV. AYVW NOYVOCIWY | NIRL WA ENES. NENES. SALLHNN (!). |
Di sIc) È
=
TIAPTYPIA NIAKWÉROC NWHPE NZEAAIOC NCOYVCAWGK
ILUTAPNONTE. i
Acwuwste AE N°TEpe rAKwÉR oc mwyHpe sizeReRatoc Awk E@pAaI ETLLNTCNOOYC ®tprAH ETEN TAIACIMOPA NTA- (sic) | WEOCIW”Y NAYV ILTPpAN ILTEXC XE INTO IE MNOVTE 2N fl
ove. ETTIAH TILNTCNOONCE LIDYAH ETAMAY OVET ITE- I} CILOT ILITEIA.WAON NEIAWAON ETEPE TEPYÀH TEDpYAH WILWE NAYG AYVW EHPwWw2AHC IITETPAAPYXHO [M]eToO Nppo (pag. 109) C@pai EXWOY. EYTpopoc sa. oveT MTERÈOC NTEDPYAH TEPYNAH. AVW NE IL WI. OVAE HITE ENAWPON ETOYVT IIILOOYV MAC. QUCTE NTRREWYGSKOOIL EXIHITE SNA UPON ETOY<T sest0oY sac an Teqpentepo. IakwRBoc AE NTE- È PEGI ESpAI NATAWEOEIWY MAY ACEIRLE ETACITE NTEDYAH | TEDYRAH AGTAWEOCIWY NAY KATA TEYACIE NEYVWAXE a x
(3) L’ultima parte di questa colonna è occupata da una nota araba di questo tenore: doglie rta Sue pilu it diva due pisull Gosslll Dl Lal i lgs ab dol Lollo sas (2) wp di der gt È gl Il ‘al ato dp LI cla po DE pos Sito ul podi
(sic)
(sic)
(pag. 110)
TAP NE MILNTCNOOYC NACITE EYWOORE ENEYEPHY. 1AKW- Roc A€ Aqoei seroov THporv. EmiàH a maxoeic Tca- BOO EACITE SILK. OYVLLONON TANPWILE AN IHILATE ANDA TANKETANOOYE seri mxATRE. seri NOARATE LN NEGH- PION. TENOC NILL EVWANWAXE LWAYEIKLE XE EYXE OY.
TAKWRO0c ZE NTEPEGTAWEOEIWY NAVY XE KW NCW'TN SNEI- NETWOYEIT NTETNWILWE ILITNONTE ET"TWNS, NHTN AYVW EpE IETNNICE EN MEGTX. ENAKPINE WMKAQ THpq Nov- QOOY NOVWT. Prw senpitredoc nppo NTE nKAg ANDA ETETNAT NNETNTEROC Lppo ne. Axw a Taicencic ILTINOYVTE KIN® DIBOVN ILLLOOY. N'TILNTCNOOYC ILpYAH AGTAXPOOY &N TINICTIC. AYKW NCWOY NINEYITETWOYVEIT AVKOTOY EMNOYTE. MAMOCTOROC RE KWT MAY NOaen- EKKAHCIA KATA pYAH. AYT NievAWPon egovn epoor IL NEVAIAPXH AYNTOGOY EMNOYTE ZXIN ALMEYKOYI WA mexmos. NTrepe mppo AE SHpwAHC mar Epoor xe AVO EYNAWPON SAU. AYTALMOY XE OVANOCTOROC ME NTE OYNOYTE NAppe xe ic. AQRWK ESpai WApOoY AUGTA- WEOEIWY NAV XE ALpiTedoc Nppo NTE mag ANDA ETETNAT NIETNTEROC IH NETNAWPON LUTPpo NTITE. IIppo ZE N'TEPECWTI ENAI. AQTPEVEINE HO] SNA an OVGWNT NEXAY SAY XE EKHIT cAWw NNovTE. Ilex&q Xe ein [elmnoxwTe nrme ifc.)} Ilex&q snaq xe staa- NEXE ILILOK A EXE KEQAZXZE MIALLTO EROA EMTHPE. dA Ippo SHPWAHC XI NA NOYCHE N'TEYNOY. AKWUNC sKTAMOCTOROC EXIT sequgaz0ooTe. Aqzuwk eBoX NTEGOI- KONOSLIA NOT MagaAKApioc sAKkwWwÉRoc mwyHpe nzeReAatoc. aN OVEIPHNH NTE MNOVTE DALL.
MAI IE MTAWEOEIWY LTAMOCTOROC ETOVAAR SWwILAC @ OVEIpHNH NTE MNOVTE SALHN.
« Qui finisce la pag. 110; disgraziatamente le pagine seguenti sono
SURE andate perdute, e così degli Atti di s. Tommaso non si è conservato se non il titolo. Il prof. Hyvernat m’informa che un foglio del testo tebano della leggenda di s. Tommaso si conserva in Oxford, nella Bodleiana, ma le due pagine di quel foglio portano la numerazione 18 e 19, perciò esso non può appartenere a questo N° CXXVII dei mss. Borgiani.
« La prima colonna della pagina che qui segue, cioè la 163*, comincia coll’ ultima parte dei brevi atti di s. Giacomo minore, atti che poi seguono per intero. Pertanto questo testo, come già ha notato il Zoega, si trovava nel codice, copiato due volte per errore dell’amanuense. Noto a suo luogo le piccolissime varietà, che la parte conservata di questa prima copia, ha dalla seconda che qui segue.
TILKAPTYPIA NIAKWABOC ICON ILWTXOEIC NCOVILNT- CUILHN SNETTHIT
ACWWITE AE NTEPE sI&KWÉROc Neon saemrmocic AwKk ESpal EGIENHIL ACTAWEOEIWY ILTXOEIC IC MENC. AYVW [av]pri-
SN
CTEYE Epoc| ' M IIMX0EIC |) (le Nppo. Usnsncwce A NEKAHPoc TALO ACcpernickonoc EeeiEAHAL. CWITE NOVZOOY SE IWA ITE AN GIENHIL EMANIOVAAI TE. AVAITEI NIAKWÉAROC ETPEJBWK EXI IPimE EVOYWW ETPEYX00C aN TILHTE NIIOYA ARI XE IC AN ME TUWHPE SIINOYVTE.
N'TO| AE ACqBgOLOROFEI MTRL'TO ERO NOYOSN NIRK XE IC TE TIWHPE ILTINOYTE. IMIWT MENTAGXITO] &AGH MNAIWN THPpor. AYW Ta0rKL0KROrFEIi IRILO] LL ITECJEIWT NMATAGOC. ser merina eTorvaatg. Na: ZE NTEPpezoor AYVWHPpewHeL EI ETIUHPE IE NOVAPXIEPEYVC. AUXI NA NOYVCHYE AY- PAST. A TIKECEEME NIOYAAI TWONN IRLO]. AYVNOXC EITECHT IX ITINO, ®MPme as TALHTE NNIOYA AI. ‘ NEVI OVPAST AE AZEPATY EPE MECWE NUWEE NTOOTY. Act meqoyvoi FiAKWwWROcC MamocToROC AqpaaTq exs TEGAME AYVW AQXWK EROA NTEYAGNHCIC NCOVLLNTUW.RLHN
a) Il frammento conservato della 12 copia (col quale comincia la pag. PEY) prin-
cipia coll’ ultima sillaba AA! di questa parola, dopo la quale aggiunge "THPoY.
sr ee
bi
3
LR i) I
REI — e
nr
CISSE uz:
(p. 173)
GORE ISMEROT EMHIT ON OVILNTXWWPE NOT MALAKAPIOC 1AKW- Boc. aN OVEIpHunH SALLHN 2.
MAI ME MNTAWEOEIW IRTANOCTONOC ETOVAAB CISLUWN TIWHPE SKAEWITAC IETE WAYVLLOYTE Epoq alti IWIAN- NHC XE NAGANAHA IMENTAPEMICKOT[OC] EGIERHIL. seninca [tA]KWwRoc. ast OvEIp[H]nH NTE MNOYVTE SALLHN
IACLWWITE AE ILNNCA TPpe NAMOCTOROC CWOYB ENEVEPHY GIZIL NTOOV NINXOEIT QUOTE ETPEVITWW EXWOY NINE- KWPA THPpoy ITKOCKLOC THPY. ETI EYcoova ser sev- EpHYy EYWNX AVW EYCILOY [EM]NONTE \ [cw]THp eri
e e (CL)
ETHIT. ON OVYEIPHNH NTE MNOYVTE DALLHIN.
ITAI ITE IMTAWEOEIWY IRTTAMOCTORNOC I0YAAC NCON se- ITXOEIC. METE WAYILOYTE Epocq XE GAAZAIOC. NTAC- TAWEOEIWY WILOY SN NCYPINOC LLN TILECONOTALLUA. EN OVEIpHNH N'TE TMNOVTE. SALLHN.
ACLUWITE ZE NTEPE NAIOCTONOC CWOYS ENEVEPHY DIXI INTOOY MNXOEIT. AVNEX KAHPoOc Q2N INEVEPHY ENEXWPA THPoyw QHKOCKLOC ETPEYVAWK NCETAWEOCIWY N[TRLNTEPO NALITHYE. A ITEKAHPOC EI EXN GAAZAAIOC ETPENTAWEOCIWY
0) La prima copia: EYEOOM ILITEIUWT IN TUUHPe (TINI ITETINA eTOovAAR WA ENEA, NENES, GASLLHN.
(1) Sono persuaso che i quattro fogli che qui seguivano e sono andati perduti, con- tenessero solamente gli atti di s. Simone; dei quali per tal modo ci sarebbero conservati il principio e le ultime parole, quelle cioè colle quali comincia la p. 173 che ora qui segue. Secondo il testo etiopico, tre apostoli avrebbero sofferto il martirio nel mese di «h9" 4 (ETTHTI ) cioè s. Giacomo minore, s. Giuda e s. Simone; ora nel nostro testo saidico, gli atti di s. Giacomo precedono, quelli di s. Giuda seguono; quindi la data di ETTHIT colla quale principia la pag. 173, deve riferirsi agli atti di s. Simone.
ia
a
ai Texwpa nircevpinoc. AqNrTer AE ERMATE ELL MEEHT. IEXA | ALITETPOC. XE MAEIWT METPOC ALLOY MALKRAI XE TE- XWPA ETUMAY IRE NAMORtIA errate. Ilexe neTpoc sac XE Xpo IKLL0K. ANOK METINAEI NIVIRAK ETEXWPA ETIVMAY WANTANOKABICTA I.XL0K AN OYEIpunHd eTERITONIC. ETI DE EYXUW NINAI. EIC ITXOEIC IC AGOYVUWNA, NAY 2 eRod. ne-
XAY NAV XE MAIPE IETPOC MAEIICKONOC. XAIPE 0AZR-
AATOC MAWBHPLLEXOC ALUTPPEOTE. ETRE OY KILOKg, NaHT ANOK YAp “TUOOoM sNaERKHTN WANTETNXWK ERBo% NTE- THOIKONOILIA. NTOOYV ZE IMEXAY XE WWITE NTOK NILKLAN IXOEIC. AVW ‘TNNARLOYVWT N'TOIKOYVRLENH THPC. AYW NTEISE AGQT smav NYPpunn aggBwk eapai esnmnuve. NToov Ae avqoowe an overpunz. NTeporawsr Ae EGOYN ETITONIC. IMEXE GAAZAAIOC ITETPOC XE Apa OY NETNALYWNE stones Tesmonic. Ilexe metpoc xe NYCOOYN AN SW. ANDA OYVN OYVEADO NPpwILE CKAI an oveagBe NEZOOY SIGH IHILON ENWANTAIOK] THNAX00C NA. XE OYN OEIK ILIIEIRLA NYTYT NAN EQUANXOOC NAN XE CE EIE IINETNANOVC NMALUWITE ILLLON. ECUUAN X00C XE RIILON. 282 OYON NTOOT EIE EIRLE NAK. XE TNNAWETN OY- ssHnHnoe smeice. N'TEporvaWwE AE Wapoq. mexe meTpoc xe xaAipe mpwrce manThnoorve. Ilexe mpwsee sax XE XAIPE NpwRrE NTAYEI an Tegin mrrce. Ilexe ne- Tpoc MAC XE OYN OEIK NTOOTK NY sergon. xe senesi Ovos NTOOTI. IIEXE MPpwILE NAY XE 8ILN OYVON NTOOT ILITERRRA. TNADA BILLOOC NHT ILITEIRLA DASTN NTRNOOVE anfok <t]maBwk ea || [pai]
«In una prossima nota darò in luce il mezzo foglio che, per ultimo. fa parte di questo N° CXXVII, seguitando poi la pubblicazione di altri fram- menti di apocrifi e specialmente quelli che si conservano in Roma » (1).
a) Nel ms. precedeva un altro NAY, poi cancellato. (1) Fra i papiri torinesi si conserva il testo copto dei Gesta Pilati, pubblicato dal- l'illustre prof. Rossi. RenpIcONTI. 1887, Vor. III, 1° Sem. 9
(p. 174)
(ms. NYT)
TS GURS
Giurisprudenza. — Apricena e i suoi usi civici. Memoria del Socio F. SCHUPFER.
« Il Socio Schupfer legge una Memoria su Apricena e i suoi usi civici, e presenta alcuni documenti inediti sull’ argomento. Ricerca le origini degli usi civici nei communia dei Romani, nella marca germanica e nei privilegi, e ne studia la natura giuridica. Passa quindi a discorrere degli usi di Apri- cena in base ai nuovi documenti, e delle lotte, che quella terra ebbe a so- stenere più volte coi feudatari di s. Nicandro e Castel Pagano. I documenti sono della regina Giovanna, di Alfonso, Carlo VIII, Ferdinando II, Ferdi- nando il cattolico ecc. Il diploma della regina Giovanna e quello di re Al- fonso ne contengono uno di Federigo II ».
Questo lavoro sarà pubblicato nei volumi delle Memorie.
Archeologia. — D. una fibula d’oro con iscrizione graffta. Nota del Socio V. HeLBIG.
« Il Socio HELBIG presenta una fibula d’oro trovata presso Palestrina ‘col-
l’ iscrizione, graffita sopra il canale, Manzos. med. fe. faked. Numasioi, cioè . Manius me fecit Numario (Numerto), le cui particolarità alfabetiche e lin- guistiche dal sig. Diimmler saranno trattate in apposito articolo. Siccome questo tipo di fibula (ad arco serpeggiante, con tre bottoni in ogni lato del- l'arco) si trova soltanto in tombe etrusche ed italiche del 6° secolo a. Cr. (cf. p. e. Mon. dell'Ist.. RSI 39 Os scrizione Nerafitta sopra il canale di essa è la più antica latina conservata. Essa riesce impor- tante anche per la quistione relativa al primo trattato concluso tra Romani e Cartaginesi, la cui traduzione greca ci è conservata da Polibio. Polibio pone questo trattato nell’ a. 509 a. Cr. Parecchi dotti hanno dubitato di questa data, sostenendo essere impossibile il supporre che i Latini abbiano allora conosciuto abbastanza la scrittura, per poter stendere un contratto tanto cir- constanziato. Quest obbiezione viene confutata dalla fibula che prova l’uso della scrittura nella vita privata ».
Archeologia. — Il Socio FroRELLI presenta il fascicolo delle Notizie degli scavi per lo scorso mese di dicembre, accompagnandolo con la Nota seguente.
« I rapporti sugli ultimi trovamenti di antichità cominciano con le nuove scoperte della necropoli felsinea (Regione VIII), la quale non cessa dal fornire materia alle ricerche degli studiosi. Questa volta trattasi di nu- merosi oggetti del tipo di Villanova, trovati nell'arsenale militare di Bologna,
— 65 —
e precisamente nel sito ove sì costruiscono i nuovi fabbricati. Questi oggetti, mercè le cure del commissario conte Gozzadini, che li descrisse, furono sal- vati per la raccolta pubblica bolognese.
« Dall’ Etruria (Regione VII) si ebbe notizia di una serie di urne in travertino, conservate nella villa del cav. Ricci in Monte Scosso, urne che provengono dai pressi della città di Perugia, da Monterone, ed appartengono ad un sepolcro della famiglia Ciria, come dimostrò il ch. Gamurrini, illu- strando le epigrafi etrusche che vi sono incise. Si ebbe altresì una impor- tante comunicazione dell’ ispettore barone Klitsche de la Grange, il quale riconobbe sull'altura di Morte Rovello, nel territorio di Allumiere, il luogo ove furono costruite le abitazioni di quelle genti antichissime, che trovarono il loro riposo nelle tombe a pozzo, da lui scoperte in prossimità della mi- niera Provvidenza, come fu riferito nelle /ozzzie del 1886, p. 156.
« Nella città di Roma (Regione I) non mancarono scoperte di topografia e di epigrafia. Tra queste occupa il primo luogo un cospicuo frammento di travertino, rinvenuto sulla piazza della Consolazione, e contenente un’ impor: tantissimo resto di iscrizione riferibile alla serie di quelle, che dopo la guerra mitridatica vennero dedicate sul Campidoglio dai legati dei vari popoli del- l'Asia, coi quali i Romani avevano stabiliti patti di alleanze.
« Nel suburbio proseguirono le scoperte della necropoli tra la porta Salaria e la Pinciana; si scopràù un sepolereto nei lavori per la ferrovia Roma-Sulmona, verso il settimo chilometro, a seconda della via Prenestina ; e sul corso dell’ Appia, nella tenuta delle Frattocchie, si misero in luce due statue marmoree, d’arte non finissima, una delle quali meno danneggiata, rap- presenta forse la Giulia di Tito sotto le forme di Venere, nel noto atteggia- mento della Medica o Capitolina.
« In Santa Maria di Capua Vetere nuove esplorazioni fatte nel fondo Petrara, restituirono sculture fittili votive, ed undici statue di tufo, rappre- sentanti la solita donna che reca varî fanciulli in fasce sulle braccia, come le altre del Museo Campano. Epigrafi sepolcrali si ebbero da Cuma e da Pozzuoli, e resti di edificî con pavimenti in musaico, si scoprirono nell’ isola di Capri.
« In Reggio di Calabria (Regione III) si rimise in luce una parte di antico edificio termale, presso il corso di Marina, nella piazza delle Caserme, dove poco tempo fa erano state riconosciute le tracce di un grande ambiente, che doveva appartenere alle Terme stesse.
« In Sicilia dati importanti per la storia si ricavarono da alcuni scavi fatti nell'antica necropoli di Messina, in contrada Cammari, dove si trova- rono oggetti fittili e mattoni iscritti, che diedero occasione a correggere varie leggende riferite nel Corpus delle iscrizioni greche.
« Dallo esame pui della suppellettile funebre di alcune tombe scoperte presso Giardini di Taormina, giunse il ch. Salinas a conchiudere, che o quivi
_fmboe
="
- RENDE:
= de go
oss
|
n dI si n e na = TTT rr — - —————_ n
— 66 — \ si fosse esteso il sepolereto di Tauromenio nell'età greca, ovvero che su quella spiaggia, dopo la distruzione della vicina Nasso, fosse sorto un vil- laggio erede di quella città, che la tradizione disse essere stata la prima colonia ellenica in Sicilia.
< Siamo anche debitori al ch. prof. Salinas di una bella memoria, in- torno ad una escursione fatta da lui recentemente in Tripi, dove mostrò do- versi collocare l'antica Abaceno, e donde per cortesia del nostro socio prof. Todaro, si ebbero iscrizioni greche, aggiunte ora alla collezione lapidaria del Museo di Palermo.
« Meritano pure di essere ricordati alcuni studi, sopra segni incisi in massi di antiche mura in Ortigia, scoperti in occasione di lavori recenti in ‘Siracusa ; i quali lavori restituirono alla luce un resto di tavola marmorea con iscrizione greca, conservato ora nel Museo siracusano.
« Finalmente fu riconosciuta dal sig. Nissardi in Sardegna, nelle vici- nanze di Sassari, una stazione preromana, con avanzi di pasto e con stoviglie di rozza fattura ».
Paletnologia. — Ze antiche stazioni umane dei dintorni di Cracovia e del comune di Breonio Veronese. Nota del Corrispondente L. PIGORINI. -
“« Sono note ai pàletnologi le caverne della piccola valle di Mmikow (!) presso Cracovia, nelle quali l’Ossowski scoperse stazioni umane giudicate del- l'età della pietra. Stimo opportuno di ricordarle insieme con quelle esplorate dal cav. Stefano De Stefani nel comune di Breonio Veronese, per le relazioni che si cominciano a notare fra le antichità trovate nelle une e nelle altre, e perchè taluni stranieri, a capo dei quali stanno i signori Gabriele e Adriano De Mortillet, hanno pronunziato uguale sfavorevole giudizio delle scoperte dell’Ossowski e del De Stefani. Come ognuno sa, gli oppositori credono che amendue questi egregi paletnologi siano stati vittima di una mistificazione, e abbiano ritenuti per antichi oggetti i quali sarebbero stati fabbricati a giorni nostri, e di recente introdotti nei terreni in cui li rinvennero.
« Quale valore abbia simile opinione relativamente alle scoperte del
(1) Nel centro del circondario di Cracovia, presso la città di Chrzanow e il villaggio di Balin si stende un altipiano, a circa 350 m. sul livello del mare, da cui si staccano a levante tre catene di alture abbastanza elevate e con dirupi. Limitate a nord dalla fron- tiera, a sud dalla Vistola, giungono ai confini orientali del circondario, formando tre zone, la settentrionale, la centrale e la meridionale, divise dalla valle della Rudawa e da altre minori. Ciascuna zona è tagliata trasversalmente da nord a sud da molte vallicelle abba- stanza profonde, nei fianchi delle quali si aprono le caverne. Quelle di Mnikow esistono nella zona centrale (Ossowski, nei Matériaux pour l’hist. primit. de l'homme, 1882, pas. 4, 9).
Mr SE De Stefani è stato detto più volte (!), e non occorre ripetere che non ha fon- damento alcuno. Quanto poi alla asserzione che non siano autentici gli oggetti rinvenuti nelle caverne dei dintorni di Cracovia rimando il lettore a ciò che ne dissero, dopo maturo esame e lunga e diligente analisi dei pezzi raccolti, il Tischler e una Commissione dell’Accademia delle scienze di quella città (?), non potendo dare alcun peso alla promessa del sig. Adriano De Mortillet (8) di mostrare erronee le conclusioni della detta Commissione e del Tischler. « Ma non è per dire ciò che io scrivo questa breve Nota. Scopo mio è quello di accennare alle analogie che si osservano fra quanto si rinvenne nelle caverne di Cracovia, e ciò che è stato scavato nel comune veronese di Breonio. Furono il rapporto della nominata Commissione e una memoria dell’Ossowski tradotta alcuni anni sono in francese (') che mi fecero pensare a possibili somiglianze, se non per la materia almeno per la forma e lo stile, fra talune delle ricordate antichità polacche e italiane: la mia supposizione si mutò poi quasi in certezza allorchè dalla squisita cortesia dell’Ossowski ottenni le foto- grafie degli oggetti da lui raccolti. « Non diverso è stato il giudizio del dotto straniero dopo avere vedute Le figure di alcune delle selci lavorate di Breonio. Nell’accusarmi egli rice- vuta di fotografie inviategli, e nell'annunziarmene altre delle sue, mi ha scritto lo scorso novembre le seguenti parole: « Je suis enchanté d’'avoir trouvé sur « ces planches (quelle in cui erano rappresentati oggetti di Breonio) des for- «“ mes qui ressemblent tellement è celles de Mnikow, que l'on peut dire que « les objets de Mnikow sont très-souvent identiques avec ceux de Vérone........ « Les planches des objets des cavernes de Pad-Kochanka sont déjà terminées « et elles vous seront expediées en méme temps que cette lettre. Celle qui est « marquée d'une croix renferme des objets qui sont parfaitement identiques sous « le rapport de la forme et quelques-fois mèéme sous le rapport de la mesure «avec ceux de Vérone ». « L'Ossowski ebbe soltanto la fotografia di pochissimi degli oggetti scavati dal De Stefani, e non ha potuto quindi trovare che somiglianze con alcuni di
(1) Bull. di paletn. ital. ann. X, pag. 156; ann. XI, pag. 134-835, 138, 171-72; ann. XII, pag. 63-64, 162.
(2) Declaration collective du Comité de la Commission anthropologique de l’Acadé- mie des sciences de Cracovie sur l’authenticité des fouilles des cavernes de Mnikow. — Declaration du Dr. O. T'ischler sur l’authenticité des fouilles des cavernes de Mnikow. Cracovia, 1886.
Componevano la Commissione i signori Lepkowski professore d’archeologia, Sadowski, Kopernicki professore d’antropologia, Alth professore di geologia, e Ossowski.
(3) Nel ‘period. L’homme, 1886, pag. 509.
(4) Ossowski, Ztat des recherches dans les cavernes en Pologne, nei Matériaua cit. 1882, pag. 1-24, con 2 tavole. — Esistono varî lavori dell’ Ossowski e di altri dotti po- lacchi sulle scoperte delle quali parlo, ma non posso valermene a motivo della lingua nella quale sono scritti.
nt is race den
ea
RARA
=
è con, _ a 1:
cr
r—_——" see
et i
—603l=
quelli di osso rinvenuti da lui. Io invece che tengo sotto gli occhi il copioso materiale di Breonio, e che posseggo molte tavole fotografiche di quanto uscì dalle caverne di Cracovia, posso aggiungere che anche varî degli oggetti di calcare di quelle caverne, come ad es. certe piccole crocz, trovano riscontro in altri di selce del Veronese. Il fatto mi sembra degno dell'attenzione dei paletnologi i quali non abbiano la fantasia tanto calda per ammettere, che le migliaia di oggetti di Breonio e di Cracovia (') siano state fabbricate a giorni nostri dalla stessa mano, sepolte col più grande studio in terreni di antica formazione senza punto scomporli, e tutto ciò pel semplice diletto di tendere insidie all’Ossowski e al De Stefani.
« Chiunque esamini le ricordate antichità polacche e italiane o ne veda le figure, quando anche sia convinto della loro autenticità, si trova senza dubbio di fronte a difficoltà gravissime, sia per riferirle in alcuni casi all'uno o al- l’altro dei varî gruppi in cui può essere diviso il materiale paletnologico co- munemente noto dell'età della pietra, sia per potere talvolta attribuirle ad un periodo in cui si ignorasse l’uso dei metalli. A questo riguardo sono diverse le opinioni dei dotti polacchi che si occuparono della quistione (?), in ciò che concerne il loro paese, ma il problema può dirsi sciolto quanto a Breonio.
« Su quei monti, lho detto altrove (3) e lo ripeto con buona pace del’ prof. Gabriele De Mortillet cui la cosa sembra assurda (4), abbiamo una serie di stazioni umane antiche che stringonsi l'una all'altra, e vanno dai finire dell'età archeolitica o dal principio della neolitica (°) ai giorni della Romana Repubblica. La catena, almeno fin qui, comincia col grande riparo sotto-roccia di Molina alle Scalucce e termina colle capanne del Monte Loffa (°), ove
(3) In una sola delle caverne di Cracovia si scavarono non meno di 8000 oggetti. « Ce « chiffre, dice con ragione il Zaborowski (Matériaux cit. 1884, pag. 504), est déjà un ar- « gument contre les doutes qui se sont manifestés ».
(*) Nella Déclaration cit. della Commissione d'inchiesta è detto (pag. 4) che discu- tendo sul modo col quale taluni oggetti di osso sono stati fabbricati, « M. Sadowski et le « prof. Lepkowski soutiennent qu'ils ont été travaillés avec un couteau de fer, mais en aucune « fagon de nos temps ».
(3) Bull. di paletn. ital. ann. XII, pag. 78, 79. — Pigorini, IZ! Museo naz. archeol. di Copenaga (estr. dalla Nuova Antologia 1886) pag. 4.
(4) Nel period. L’hRomme 1886, pag. 391-393.
(5) In una speciale Memoria dimostrerò che il materiale paletnologico scoperto dal De Stefani nel comune di Breonio, fornisce nuovi argomenti per ritenere che in Italia non esiste il Auatus fra l’età archeolitica e la neolitica ammesso dai paletnologi d’oltremonte. La civiltà dell’età neolitica fu, è vero, importata nell’ Europa da una speciale immigrazione, ma allato di questa si mantennero i discendenti delle famiglie che occupavano il paese già nell’età archeolitica, fra i quali sono da annoverarsi gli abitatori del comune di Breonio cui si riferisce questa mia Nota.
(5) Il De Stefani ha date esatte indicazioni della postura di tali stazioni nella Me- moria sua, Votizie storiche delle scoperte paletnologiche fatte nel comune di Breomo ve- vonese, 1886 (Estr. dagli Atti dell’Accad. dei Lincci, CI. di sc. mor. Ser. 48, vol. II, par. I).
gli oggetti di selce stanno in uno strato antico e intatto, coperto dai grandi lastroni delle capanne cadute su cui è distesa una vecchissima zolla erbosa, e sono associati alle monete galliche, alle fibule di bronzo e di ferro a doppio vermiglione, ecc.
« Gli oggetti di selce di forme singolari, che sono poi quelli giudicati moderni (!), non si raccolsero nella parte più antica dello strato archeologico di Molina alle Scalucce, nonostante che fosse assai esteso e potente, e abbia dato migliaia di armi e di utensili litici. Per contrario oggetti simili tro- vansi nelle capanne del Monte Loffa insieme col materiale menzionato di tempi relativamente vicini. Le altre stazioni dei monti di Breonio, esistenti di preferenza nei còvolz, non che le tombe che ad alcuna si riferiscono, si accostano quando più, quando meno al riparo di Molina o alle capanne del Loffa, e secondo la loro maggiore o minore antichità vi abbondano o scar- seggiano le selci di cui si contesta l'autenticità per la singolarità delle forme. Simile è l'opinione che s'è formata delle scoperte del De Stefani il prof. Pompeo Castelfranco (2), dopo avere pur egli eseguiti scavi con molto frutto nei punti del comune di Breonio ove si fecero le anteriori ricerche.
« Da ciò par si debba inferire che in una regione come quella di Breonio, elevata circa 1000 m. sul livello del mare, povera d'ogni bene della natura, non salirono le varie genti via via penetrate nell'Italia settentrionale dai pri- mordî dell'età neolitica ai giorni della Romana Repubblica. Vi rimasero in- vece i discendenti delle famiglie le quali occupavano quelle giogaie nel finire dell'età archeolitica. Essi continuarono a lavorare la selce, mantennero in parte gli oggetti caratteristici dell’evo antico, in parte li modificarono o ne crea- rono de’ nuovi per le influenze delle popolazioni più avanzate colle quali erano a contatto, unendo anche non di rado ai prodotti industriali locali ciò che sì procacciavano dai territorî limitrofi colle rapine o cogli scambî. Nè il fatto è nuovo in Italia. E già accaduto altra volta di osservare che nelle nostre contrade alpine vivevano in tempi storici non dei più remoti, popolazioni con una civiltà la quale, presa isolatamente, dovrebbe dirsi della età della pietra,
Quanto poi alle scoperte del Monte Loffa veggasi l'importante lavoro dello stesso De Ste- fani, Sopra gli scavi fatti nelle antichissime capanne di pietra del Monte Loffa a San- t'Anna del Faedo, Verona, 1885.
(1) Oggetti simili, come notai altrove (Pigorini, Il Museo preistorico di Roma, 28 ve- laz. pag. 3), si raccolsero anche nella Russia per quanto concerne l'Europa (Ouvaroff, 1;- cheol. Russa, Età della pietra, = testo russo = Tom. II, tav, XIV, A, C, D, G; tav. XXXI, 4735). Gabriele De Mortillet naturalmente non esitò (L’Romme, 1885, pag. 521, 524) a di- chiarare falsi pur questi senza darne le prove. Oggi però che cominciano ad apparire rela- zioni fra le scoperte dell’Ossowski e quelle del De Stefani, gli oggetti illustrati dall’Ou- varoff acquistano una maggiore importanza, appartenendo essi a contrade che si collegano con quelle esplorate dall’Ossowski.
(*) Veggasi la lettera del prof. Castelfranco a Gabriele de Mortillet, da questo inse- rita nel periodico L’Homme, 1886, pag. 578-580.
i l \ | i { Ì È È A 1
mentre non si può considerare che come un residuo della civiltà stessa, con- servatosi a lungo per le condizioni speciali del luogo. È noto quanto in pro- posito ha scritto l'Issel (!), esponendo i risultati delle sue ricerche nelle grotte della Liguria. i « A] di là delle Alpi fatti simili dovrebbero verificarsi più spesso che in Italia, per essersi ivi dissipate più lentamente che nel nostro paese le tene- bre delle età primitive. Non ho bisogno del resto di rammentare come la storia di ogni continente ci provi, che laddove si succedettero immigrazioni distinte con civiltà diverse, vi hanno o vi furono dei punti nei quali persi- stono o si mantennero per molto tempo irappresentanti di tali immigrazioni, con tutto o parte di quello che avevano di caratteristico nel momento del- l'arrivo. E per non uscire dal campo della paletnologia, a mostrare che la mia opinione non è senza fondamento, rammenterò che anche l'usanza di abitare sulle palafitte, introdotta nell'Europa al chiudersi dell'età neolitica, rimase presso alcune popolazioni del nostro continente non solo durante l'impero ro- mano, ma altresì nel periodo barbarico (?). « Credo che un caso di persistenza della civiltà della età della pietra in tempi a noi vicini, non dissimile da quello accertato in Breonio, si debba I pur riconoscere nelle scoperte fatte dall'Ossowski nei dintorni di Cracovia. Gli o oggetti litici trovati nelle caverne della valle di Mnikow dovrebbero essere | attribuiti per la materia, e talora anche per le forme, all'età della pietra, ma O alcuni di essi e buona parte di quelli di corno e di osso sono di tipi i quali |
palesano evidentemente una età in cui, se non gli abitatori della detta valle, | altre famiglie almeno colle quali avevano relazioni usavano strumenti di me- tallo. Mi par se ne abbiano le prove anche solo in alcune figure delle tavole | annesse alla citata Memoria dell’Ossowski tradotta in francese.
| E « La Polonia ha pei paletnologi notevole importanza, così per la copia | e la varietà delle sue antichità primitive, come per la cura e per lo studio che i dotti di quella nazione pongono nel cercarle e nell’illustrarle (3). Con- tinuando ivi le esplorazioni sistematiche su larga scala, ritengo che vi si tro- | verà, come sui monti di Breonio, la serie non interrotta di stazioni umane nelle quali potranno seguirsi le trasformazioni e i residui della civiltà della
età della pietra, a partire dal punto in cui era realmente ignoto l’uso dei
@® Bull. di paletn. ital. ann. VIII, pag. 55, 56; ann. XI, pag. 108-110. — Issel, Nuove ‘ ricerche sulle caverne ossif. della Liguria (Estr. dagli Atti dell’Accad. dei Lincei. C1. di
| sc. fis., ser. 82, vol. II) pag. 26, 30, 31, 44.
î (2) Pigorini, nel Bull. di paletn. ital. ann. VII, pag. 110; ann. IX, pag. 8. — Chantre,
Les palafittes ou constructions lacustres du Lac de Paladru près Voiron (Isère). — Munro,
Ancient Scottish Lake-Dwellings or Crannogs.
| (*) Basta rammentare la grande opera in corso di stampa Monuments préhistoriques de
Vancienne Pologne publiés par les soins de la Commission Archéologique de l’Académie
des sciences de Cracovie.
e metalli, fino a toccare colle caverne della valle di Mnikow tempi a noi rela- tivamente vicini. M'inducono altresì a crederlo talune scoperte colà fatte, per le quali l’Ossowski non esita ad ammettere (‘') che molto dopo il periodo neo- litico « les objets de pierre n’'étaient pas encore hors d’usage et existaient è coté des objets de bronze et de fer». Del resto tuttociò è pienamente con- forme a quanto lo stesso Ossowski ebbe ad esprimere nel 1882 (?) colle se- guenti parole: « Cette richesse des gisements préhistoriques de la Pologne et « principalement de la vallée de Mnikow démontre l'existence d'une nombreuse « population qui occupa les cavernes durant de longs siècles, depuis les dé- « buts de l’àge néolithique jusqu'àè l’àge du bronze et au delà méme, jusqu'à « l'introduction du christianisme dans le pays ».
Filosofia. — A/forso Testa oi Primordì del Kantismo in Italia. Nota V. del prof. Lurer CREDARO, presentata dal Socio FERRI (8).
VI. Periodo Kantiano della filosofia del Testa.
« 1. La teoria del tempo sarà da noi distesamente trattata nell'esame della Critica della ragion pura di Kant che abbiamo intrapreso pel solo desiderio di giovare alla studiosa gioventù » (4. Così Alfonso Testa nel 1841 accennava al bisogno di informare l'istruzione filosofica della gioventù italiana ai principî del kantismo, abbandonando le dottrine metafisiche ; così additava la necessità di assimilare alla coltura nazionale i principî filosofici di quel sistema che in Germania aveva aperto un nuovo orizzonte e impresso un potente impulso alla filosofia non solo, ma a tutti gli elementi della civiltà. E questa era voce nel deserto, giacchè nessun filosofo italiano fino allora si era resa chiara e profonda coscienza della vittoria definitiva riportata da Kant sui Metafisici dommatici, vittoria che costituisce la sua gloria imperi- tura; non il Galluppi, il quale credeva speculare sì addentro e con sì felice risultato, da scoprire nella coscienza le idee ontologiche di sostanza e di causa; non il Rosmini, il quale stimava l’exze ideale essere qualche cosa di distinto dal soggetto, la luce in cui si conosce la cosa e l'essenza della verità (°); non il Mamiani, il quale agognava a un ripristinamento della filosofia platonica, del tutto contraria allo spirito della ragion pura; non il
(1) Monuments préhist. c. s. pag. 60.
(2) Matériaua cit. 1882, pag. 24.
(3) Vedi Rendiconti vol. II, 2° sem., pag. 290.
(4) V. Ze ricerche apologetiche sul cristianesimo del popolo dell'abate G. Bignami esaminate dall'abate Alfonso Testa. Lugano, 1841, pag. 71. (5) Del rinnovamento della filosofia del conte Mamiani, esaminato dall’abate Rosmini, pag. 422.
RenpICONTI. 1887, Vor. III, 1° Sem. 10
_ —"-e
eee;
su
“—n—_ anna:
= tt
ni
rr 66m ‘eo vi ff
STE RE TR STE TE — Ve RATIO OTT — e 9 Ve e TOT
LI RIONE Gioberti, splendido idealista dommatico ; meno che meno il Romagnosi, il quale assai di poco aveva oltrepassato i dettami del sensismo. Perciò, non porgendoci le condizioni esterne ragione sufficiente del favore accordato dal nostro alle teorie trascendentali, noi dobbiamo di necessità cercarne la spie- gazione nelle qualità naturali e disposizioni particolari della mente sua. Di- remo dunque ch'egli superasse i più valenti pensatori del suo tempo in forza d'ingegno e penetrazione di mente ? Sarebbe un grave errore.
« Nel giudicare del valore intellettuale di un filosofo è d'uopo distinguere l'elemento quantitativo e il qualitativo, ossia la potenza dell'ingegno e la sua natura specifica; quella si palesa principalmente negli scritti di origina- lità, questa nei lavori di riflessione e di critica. E qui non credo fuori di luogo notare la seguente legge psicologica: n filosofo arriva a compren- dere adequatamente il valore storico-scientifico e a cogliere lo spirito intimo di un sistema, solamente quando tra lui e l’autore avvi parziale identità di mente e d’ideali. Il Cousin racconta che per intendere Kant, si fece egli stesso kantiano, e per due anni durò con infinita pena nei sotterranei psico- logici di quel profondo pensatore. E questa fu per lui una necessità onde riuscire nel suo divisamento. Nelle scienze fisiche e matematiche la determi- natezza delle idee e l'esattezza del linguaggio che ne deriva, fanno sì che vi abbia grande concordia tra i cultori di esse, e che chiunque abbia attitudine a quella scienza, penetri col pensiero nei concepimenti altrui e se ne renda padrone; ma in ogni sistema filosofico e metafisico, oltre la parte oggettiva che si può comunicare altrui per mezzo del linguaggio, vi ha una non pic- cola parte di natura affatto soggettiva ed individuale, la quale è incomuni- cabile e solo può essere compresa allorquando gli spiriti si trovano nelle mede- sime condizioni di mente e di cuore.
« La legge sopra osservata, che viene suggerita dallo studio della diffu- sione del kantismo in Italia, può servire di criterio per la formazione della storia generale della filosofia, poichè essa può dare la chiave dei guerreggia- menti delle scuole, dello sviluppo dei sistemi ora in armonia, ora in oppo- sizione tra loro, del movimento filosofico tutto. È in un'analisi, condotta per via di confronto, ampia accurata e profonda delle facoltà mentali, delle aspi- razioni e tendenze dei pensatori, la quale deve fondarsi su tutti i documenti che in qualunque modo e sotto qualunque rispetto a quelli appartengano, che il critico deve trovare le ragioni per cui scrittori, pur d’ingegno potente, vollero applicare l’ostracismo a sistemi che corrispondevano e una vera esi- genza delle condizioni scientifiche del loro tempo. A me pare che gli storici della filosofia in generale estendano poco lo studio dell’indole delle menti che presero parte efficace al movimento filosofico, e dei vicendevoli rapporti di esse; laddove la critica e l'esame paziente e sottile dell'attività creatrice dei singoli sistemi, dovrebbe andare innanzi all'analisi minuta ed estesa, che ‘si suole comunemente fare, degli elementi oggettivi dei sistemi stessi. Le
Nemi
facoltà mentali e i loro prodotti non dovrebbero mai essere studiati a parte, a quella stessa guisa che il buon fisiologo non scompagna mai la descrizione dell'organo da quella delle rispettive funzioni.
« Esisteva di fatto una parziale identità di mente e d’ideali tra il filo- sofo di Conisberga e il solitario di Piacenza? A mio avviso, non se ne può dubitare.
« Ho già notati alcuni punti di somiglianza tra il carattere di Kant e quello del Testa, a mio dire non trascurabili ('); ai quali potrebbesi aggiun- gerne altri riguardanti il processo evolutivo della loro mente.
« A determinare il primo corso della filosofia del Testa contribuì assai poco l'ingegno suo particolare, moltissimo l'indole dei tempi e le circostanze esteriori. Ammaestrato egli nella filosofia del P. Soave e del P. Draghetti, che s'insegnava allora con poche variazioni in tutti i collegi, licei e semi- narî d'Italia, dapprima fu dommatico, poscia, spinto dalla natura del suo ingegno punto rigido e sistematico, e disposto a tutto assumere ed esaminare senza opinioni preconcette, e con tutta l'indipendenza del pensiero che non ha catene, non gettò le ancore, ma navigò oltre in cerca di nuove terre, entrando così in una nuova fase, che abbiamo chiamata periodo subbzettivi- stico-scettico, perchè durante questo il Testa è convinto della insufficenza delle dottrine dominanti in Italia e in Francia, senza però giungere alla con- cezione di una propria. La sua mente si venne svolgendo e formando assai lentamente, giacchè egli appare avere abbandonato il dommatismo sensistico solo all’età di cinquant'anni. Ora, chi non sa che anche l’autore del criticismo dapprima fu dommatico, come i suoi maestri come la Germania tutta, e solo a quarantasei anni pubblicò il suo primo scritto di carattere critico, e a cinquantasette l’opera fondamentale del suo sistema ?
« Invece, per citare una mente somma, di carattere affatto opposto, badate a Rosmini. Egli studente è in opposizione co’ suoi professori, che si trovano a corto alle sue domande ed obbiezioni; giovine ancora, concepisce quasi d’un getto un sistema proprio e originale di scienza speculativa, e per tutta la vita non fa altro che aggiungervi parti accessorie e difenderlo risoluta- mente contro gli assalti degli avversari. Romagnosi al contrario, educato ed istruito nei medesimi principî che il Testa ed il Rosmini, pochissimo si scostò dai dettami de’ suoi maestri, e la sua filosofia, come ben dice il Ferrari, è una veduta retrospettiva del secolo XVIII; intelletto profondo ed esteso nelle applicazioni, ma non abbastanza penetrante nelle questioni propriamente spe- culative e psicologiche, vide in Kant una mente che scapestra, e nelle sue opere l'anarchia delle idee, perchè non scorse la possibilità di tradurre in arte le speculazioni del cattedrante di Conisberga. Quanto differenti sono le forme e le disposizioni dell'intelletto umano! E quanto differenti sono i modi
(1) V. Rendiconti della R. Acc. dei Lincei. Seduta del 20 giugno 1886.
| I
o
A
di concepire la vita e gl’'ideali che ce la fanno amare! Il Romagnosi vive nel mondo avido di onori, e scrive sotto l'impulso di circostanze esteriori. Il Testa invece si apparta dagli uomini, e vive nella contemplazione e per la contemplazione; non istudia che per imparare, perchè non ha altro proponi- mento che il vero, altro bisogno che il vero. E quest’ideale della sua mente e del suo cuore è così vivo in lui e tanto lo riscalda, ch'egli viene talvolta ad identificarlo con quello della divinità: « Il vero filosofo, egli dice, è il solo tra gli uomini che sia sempre vincitore, cioè che sempre aggiugne al suo scopo. S'egli ha ragione, gode d'essere nel vero; s’egli ha torto, gode che gli sia mostrato per entrare nel vero. Io non so felicità più grande di questa condizione. Le passioni hanno contrasti e umiliazioni ; l’amor del vero è sempre consolato; il quale, in fondo, è l'amor di Dio, verità sostanziale » (Del male dello scetticismo, pag. 61-62). Ora, il medesimo culto per la verità, e col medesimo ardore, fu professato da Kant, giacchè questi, ancora nel periodo anticritico della sua filosofia, scriveva: « Io ho purificata la mia anima da ogni pregiudizio, io ho distrutto in me ogni cieco assenso.... Ora per me nulla preme, nulla è onorevole, se non ciò che entra per una via sincera in uno spirito tranquillo e aperto ad ogni ragione =. Ed Herder nelle sue lettere per l’Avanzamento della civiltà così parlava del suo maestro, il professore di Conisberga: « A niuna cosa che meritasse di essere conosciuta, egli era indifferente ; nessuna cabala, nessuna setta, nessun interesse, nessuna vanità aveva alcuno stimolo per lui di fronte all’accrescimento ed alla gran- dezza del vero » (!). Anzi, secondo l'opinione del prof. Cantoni, è difficile giudicare se la grande riforma kantiana si debba più al suo ingegno che a quella sua piena e compiuta sincerità con sè medesimo, a quella perfetta veracità, alla quale dovrebbe sempre essere fedelissimo il filosofo.
« Come Kant era di carattere fermo, dignitoso e indipendente, quale si mostrò nel 1793 in occasione dell'accusa mossagli dal Governo del Re per la sua Z7losofia della religione (?), così il Testa apparve uomo tenacissimo de’ suoi principî e amante del libero pensiero e della dignità personale, avendo opposta un'energica resistenza alle insidie dei gesuiti, che allora in Italia potevano più che il Gabinetto del Re di Berlino, e che lo volevano meno amico del vero; tanto che costoro, non avendo potuto piegare l’anima sdegnosa del filosofo piacentino, dichiararono velenosi alla gioventù i suoi scritti ed il suo insegnamento, e perseguitarono non pur lui, ma i suoi amici e ammiratori.
« E anche sul modo di concepire l’ufficio d’insegnante delle discipline filosofiche che i nostri due si trovano d’accordo; poichè, come il prussiano
(1) C. Cantoni, Emanuele Kant, vol. I, pag. 81, 115, 111. (2) L’opera incriminata porta il titolo: Vom radicalen Bòsen in der menschlichen Natur inder Religion innerhalb der Grenzen der blossen Vernuft aufgenommen.
nel suo programma del 1765-66 diceva non essere suo proponimento di dare ai giovani la scienza, ma di avviarli ad essa, di non insegnar loro /iloso/ta, sì a filosofare, e infatti nelle sue lezioni esaminava le dottrine dei migliori filosofi, facendovi le osservazioni più svariate per stimolare la riflessione degli scolari (*), così l'italiano in un suo discorso-programma per l’anno scolastico 1848-49 diceva: « Il nostro studio sarà un esame di tutti i sistemi piuttosto che la difesa di un sistema. Noi non vogliamo far setta, ma comunicare un movimento utile al pensiero. Nemico implacabile d'ogni maniera d'orgoglio e di costringimento, invocherò sempre la libertà in ogni cosa e più nell’inse- gnamento filosofico. Perchè egli è troppo chiaro che senza libertà non mettono gli alti ingegni, e nella servitù non prospera che la mediocrità. Io non gi - terò parole di dispetto contro nissuno. Sia permesso ad ogni sistema di mo- strarsi fuori; ma sia permesso ancora di combatterli, ove non si combacino col vero. Voi miei cari, non avrete un maestro, ma un compagno di studî ». Quanta giustezza d'idee e quanta bontà di cuore in queste semplici parole!
«Ambedue i nostri filosofi nutrirono un affetto profondo e sincero per gli amici ; ambedue, sebbene nella filosofia teoretica fossero recisamente avversi ad ogni maniera di dommatismo, nella pratica furono più che mai ardenti sostenitori di quella morale pura e disinteressata che attinge ogni sua forza dall'idea del dovere; ed è bello vedere con quanto calore il Testa mostra l'assurdità in cui cadde l'abate Bignami col derivare l’idea del dovere, dal- l’aspettazione di un premio e di un castigo che l’uomo possa ottenere dopo morte; e com'egli voglia distinta la fede cattolica dai principî del filosofo, e la morale dalla religione, contrariamente alle tendenze dei più chiari filo- sofi italiani d'allora, che ritraevano ancora molto dalle teorie degli scolastici. Ambedue poi, mossi dal vivo amore che portavano all'umanità, s'innalzarono all'ideale di una pace perpetua, che affratellasse tutti i popoli nel sentimento della giustizia e della benevolenza.
« Gli accostamenti potrebbero essere aumentati, se altro abbisognasse per chiarire quell’identità parziale di mente e di cuore, che dissi necessaria perchè il Testa potesse comprendere il valore intrinseco del sistema di Kant, e valutarne l'utilità grandissima in relazione alle condizioni scientifiche e ai bisogni della filosofia nazionale contemporanea, quantunque gli altri pensa- tori italiani fossero avversi al trascendentalismo e principalmente nella sua città natale, nella quale era ancora vivo il ricordo del Gioia e del Roma- gnosi. Laonde egli poteva giustamente dire, uscendo a diporto, che andava tra i morti che s’aggirano; e, rincasando, che andava tra i vivi che non si movono; alludendo da una parte a’ suoi compatriotti ignoranti di una sana filosofia, dall'altra a’ suoi libri che a lui l’insegnavano.
« 2. Che il Testa dopo l'esame del Nuovo saggio del Rosmini, il quale
(1) C. Cantoni, op. cit. pag. 86.
LITRO
gli dette il più forte impulso ad occuparsi del criticismo, avesse ben avvisata l'importanza di questa filosofia e l'opportunità di una riforma in senso kan- tiano della nostra speculazione, appare non solo dalla esposizione della £a- gione pura ch'egli volle regalare alla gioventù italiana, sì anche dagli scritti minori che all'esame ricordato seguirono. Dei quali non voglio passare sotto silenzio una recensione (1839) sulla storia della filosofia del prof. Lorenzo Martini, pubblicata in Torino nel 1838; il discorso Del male dello scetti- cismo soggettivo lrascendentale e del suo rimedio (1840), diretto al prof. Fran- cesco Rossi, che gli aveva chiesto consiglio sul sistema che conveniva seguire per l'insegnamento della filosofia; e l'esame de Ze ricerche apologetiche sul cristianesimo del popolo dell'abate G. Bignami (1841).
« Al Martini, tra le altre savie e dotte censure, move rimprovero di non aver consacrato che pochissime pagine a Kant, il quale è da giudicarsi, se- condo l'affermazione del nostro critico, il più profondo analizzatore dell'umano intelletto, e il cui nome, le matematiche, la me'afisica, la morale, l'estetica ecc., se non vogliono dare addietro, dovranno di necessità menzionare (pag. 70).
« Il discorso diretto al prof. Rossi è una profonda e fina confutazione dell'idealismo che allora trionfava in Italia e in Germania, nonchè dell’eclet- tismo francese; all'uopo il Testa si vale con rara abilità delle armi che gli prestava il kantismo. In questo scritto egli riesce a rilevare con brevità e precisione la vita comune e l’unità, che stanno sotto le dottrine diverse dei corifei della filosofia moderna, le connessioni storiche dei varî sistemi, nonchè la potenza degl'ingegni che li idearono.
« Il carattere peculiare che informa la filosofia moderna, secondo il Testa, è la soggettività. Cartesio dice che, pur nell'ipotesi che tutti i fenomeni in- terni siano illusioni, almeno potremo essere certi che qualche ignota potenza li ha messi in noi; e in tale guisa saremo certi di qualche esistenza. Ma poi, speculando più sottilmente, ritrova che anche questo ente esterno non è asso- lutamente necessario, poichè tutte le rappresentazioni potrebbero essere pro- duzioni dello spirito. Così si apriva l’adito all'idealismo soggettivo. Ora, dalla facoltà creatrice dello spirito, di cui la possibilità non è negata da Cartesio, alla monade rappresentativa dell’universo di Leibniz, da questa alle forme di Kant, e da esse all’ 7o assoluto di Fichte, vi è continuità logica. Kant ha ereditato da Leibniz l’excipe intellectum, e all'esame dell'attività del cono- scere rivolse tutta la sua speculazione, per determinare le condizioni della pos- sibilità della scienza e della metafisica. Egli intendeva porre rimedio allo scetticismo che seguitava alla filosofia dell'esperienza, perciò mette in faccia l'uno dell’altro il mondo e l'intelligenza, l'70 e il mon i0; ma, non dandosi pensiero delle loro essenze, si tiene lontano da ogni ipotesi ontologica; e nello studiare i rapporti del soggetto coll'oggetto, venne a concludere che non vi ha conoscimento che nelle condizioni dello spazio e del tempo (forme della sensibilità), e nelle condizioni delle categorie (forme dell’ intelletto).
\ i | | ì
SOI ee
La realtà, l’attività, 1’ essere non si dà a conoscere a noi che nella con- dizione delle forme dell'intelletto; e queste forme sono nostre, non dell’es- sere. Di conseguenza riesce impossibile all'uomo la conoscenza dell'essere in sè stesso, il quale, in quanto è conosciuto, prende le forme nostre, e noi non vediamo che queste. Da questo risultamento della filosofia teore- tica di Kant, il Testa vuole arguire che quegli, lungi dal dare alla scienza un fondamento saldo e inconcusso, fa risorgere lo scetticismo più poderoso con armi di nuova tempra. La soggettività, dice il Testa, annienta il sapere; e niuna sottigliezza potrà redimere Kant dallo scetticismo. E ben lo compre- sero Fichte, Hegel e Schelling, i quali per isfuggire alla soggettività, inco- minciarono dalle astrazioni ontologiche, che essi posero a fondamento di ogni realità. Accanto ai quali è dal Testa collocato il prete di Roveredo, il cui ente universale è da lui assomigliato « all'ovo cosmogonico, che, covato dalla sensazione, ci deve dare il mondo »; ma dell'opposizione del nostro autore al Rosmini già si occupò il prof. Ferri (!). Noi diremo piuttosto due parole delle obbiezioni da lui mosse a Victor Cousin, che pure si era sforzato di rompere il soggetivismo kantiano, e il cui eclettismo in quel tempo andava diventando la filosofia ufficiale in Francia (?).
« Egli, visto il lacrimevole naufragio in cui erano caduti i pensatori che avevano fondato i loro sistemi su ipotesi ontologiche, e pur volendo stan- ziarsi nella realtà, dando un fondamento psicologico alla sua dottrina, so- stenne che l'osservazione interna ci mostra tre ordini di fenomeni tra loro irreducibili, e ai quali debbono necessariamente corrispondere tre facoltà pri- mitive dello spirito: queste sono la sensibilità, la ragione, la volontà. Egli con- cede a Kant che la sensibilità e il volere siano soggettivi; non così della ragione, la quale va distinta in 7/lessa e spontanea. La ragione spontanea, prima che entri in esercizio la riflessa, coglie la verità; essa è oggettiva, perchè indipendente dalla volontà, la quale costituisce il soggetto, l’ %0, e non è personale, perchè in nessuna lingua si dice: /a mza verità, come si direbbe la mia azione. Lungi dall'essere noi, dice il Cousin nel corso delle sue Lezioni del 1828, i creatori delle verità che ci addita la ragione, è nostra gloria quella di potervi partecipare. Ora, le forme della sensibilità e dell’in- telletto furono da Kant scoperte e classificate mediante la riflessione, la quale è sottoposta al dominio della volontà; perciò esse sono puramente soggettive, personali, e non possono essere applicate agli oggetti che stanno fuori di noi. Ma, se Kant avesse speculato sì addentro da cogliere la distinzione della ragione spontanea e della ragione riflessa, avrebbe potuto sfuggire al sub- biettivismo e di conseguenza allo scetticismo. Se egli avesse scorto sotto la riflessione il fatto primitivo e certo dell’affexmazione pura, si sarebbe ben
(1) L. Ferri, Lssar sur l’histoire de la philosophie en Italie. Tom. I, pag. 330 e s.
(3) Proprio nell’anno 1840 Cousin giungeva al Ministero dell'Istruzione Pubblica.
—°-____ror—"< “-—1rr ——— et — ———
ST —_- . €C° °C °__r—_——°_——— —_——., o _—.-.—--.
-"i——___kÈÈ_i
n LL
iu &eUetgcL-_. a.__——__r_r_.
_ ___——_—m_—m tt tc_91([
fee _—_—_r_ i
_r— P_i ia
persuaso che nulla è meno personale della ragione, sopratutto nel fatto dell'af- fermazione pura, e, per ciò, meno soggettivo; e che le verità che a noi sono così date, sono verità assolute e indipendenti dalla nostra ragione, come ciò che chiamiamo la nostra ragione è in realtà distinto da noi medesimi. Il sog- getto è l'o, la persona, la libertà, la volontà; ora la ragione spontanea non ha alcun carattere di personalità e di libertà (1).
« Vedete che voli dommatici? Ma il nostro Alfonso Testa riesce a tar- pare le ali.
« Fa osservare che tutta l'argomentazione di Cousin contro Kant sta nell'aver confinata tutta la soggettività nell’ 70, e aver chiuso questo intera- mente nella volontà. Ma questa limitazione è arbitraria ed erronea, perchè contraria all’unità dello spirito, la cui comprensione non consiste nella facoltà percettiva piuttostochè nella volitiva; non nella ragione riflessa piuttostochè nella spontanea, sibbene nell'assieme di tutte queste attività, le quali non sono che astrazioni a cui il Cousin dà il valore di vere e distinte realità. Ciascuna di queste facoltà ha condizioni e leggi proprie, le quali sono di necessità subbiettive e danno luogo a manifestazioni diverse; perciò l’apper- cezione spontanea della verità avviene sempre nel soggetto e secondo le ma- niere d'essere del soggetto; in altre parole, è sempre una forma del soggetto pensante.
« Chi non approverebbe la confutazione che il Testa fa del realismo di Cousin ?
« Infatti questi, per dissoggettivare la conoscenza, ha dichiarata obbiet- tiva la ragione, e poichè, tanto per lui quanto per Kant, la ragione è la facoltà dei principî universali e necessari, i quali non possono mai essere dati dal senso, il professore francese ha creduto poter concludere che la ra- gione conosce direttamente tali verità per un atto spontaneo. Ma è facile rilevare il circolo in cui egli s'avvolge, giacchè la ragione consta di quel com- plesso di principî di cui si vuole appunto mostrare l'obbiettività; ora, col dichiarare a priori la ragione stessa come oggettiva, si viene già ad accor- dare un valore oggettivo ai principî; si assume come premessa ciò che si vuole dimostrare. Invece la ragione, come facoltà oggettiva, ha bisogno essa stessa d’ essere spiegata mediante qualche cosa di anteriore che non sia il fenomenico della coscienza.
« Col terzo lavoro che noi abbiamo menzionato, il Testa combatte viva- mente l'abate Bignami, il quale aveva preteso di sostenere il Cristianesimo, fondando la sua apologia sul sistema di Condillac. Il condillacchismo era stato ricevuto in Italia come una religione metafisica, che aveva la sua intolle- ranza e il suo fanatismo; credeva di aver finita la scienza e d’ aver soddisfatto alla filosofia. Chi non l’aveva studiato, vi credeva per fede. Ora, il Testa
(1) V. Cousin, Cours de philosophie. Paris, 1828.
mi)
Loro) e vuole che la religione derivi la sua forza dalla fede e dalla credenza, e non dalla ragione, la quale non può provare sè stessa senza incorrere in una peli/i0 principit; e nei limiti delle questioni che gli presenta il libro dell'avver- sario, prova che il condillacchismo è tanto lontano dall'aver soddisfatto al bisogno della filosofia, che non ha nemmeno sospettato il suo più grande bi- sogno. E poichè il Bignami, pretende mostrare il principio di causalità, atte- nendosi strettamente al sistema della sensazione trasformata, e accusa Kant d’'innatismo, il Testa risponde che le idee e i giudizi, nella sentenza dei trascen- dentali, non sono ingenerati e quasi preesistenti, come non sono ingenerati i rapporti che lo spirito applica al molteplice sensato; ma che lo spirito è nella naturale abitudine di pensare la causa e gli altri principî supremi della ragione, principî che «il dolce e l'amaro non gli metterebbero mai, quando pure gustasse tutte le salse del mondo » (pag. 19), perchè la sensazione e la riflessione non possono in niun modo porgerci il necessario e l’universale.
« 3. Guglielmo di Humboldt disse: « Io non so quale parte rimarrà in piedi dell’ edificio innalzato da Kant, ma senza dubbio non resterà più nulla di quanto egli ha distrutto ». I lavori del Testa, nel principio del terzo pe- riodo della sua vita intellettuale, sono una luminosa eonferma della verità racchiusa in quell’acuta sentenza. Mente sottile e penetrante, prima ancora che conoscesse la Ragione pura, si era audacemente ribellato al dommatismo dei maestri e dei connazionali; ma la sua non sempre era una critica sicura e padrona di sè, come si mostrò verso il Romagnosi. In Kant egli trovò un potente aiuto; il suo pensiero si chiarì; la sua opposizione divenne più serrata e più coraggiosa. Agli idealisti oggettivi mostra che i fondamenti posti ai loro sistemi sono ipotesi che sfumano di fronte alla critica; agli empiristi, che le loro dottrine non spiegano il vero sapere, perchè l'universalità empirica non è che un estensione arbitraria di valore. Egli reputa chiuso il passaggio dall’ideale al reale, e stima che la necessità obbiettiva di una rappresenta- zione qualsiasi, di una idea, di un giudizio, si appoggia in ultimo e sì ri- duce ad una necessità soggettiva, che solo la coscienza può scoprirci. Il prof. Ferri scrive in proposito, intorno al Testa, queste parole: « Si l'on en croit un aveu qu'on trouve dans un écrit publié en 1841, espèce d’article critique dans lequel il examine un ouvrage d'Apologétique chrétienne, il a fini par admettre une aperception ou intuition de l’absolu, comme le seul moyen de sauver l’autorité de la raison et son rapport à la réalité, non moins que le fondement de la religion, su la quelle d’ailleurs il professait, à ce qu'il semble, des idées à la fois élevées et indépendantes » (1). Il fatto a cui credo voglia alludere l’illustre storico della filosofia italiana; si trova nel capitolo primo (pag. 7) dell'esame del Bignami. Quivi infatti il Testa additerebbe come solo pertugio per isfuggire allo scetticismo soggettivo la ragione, considerata come
(1) V. L. Ferri, op. cit. pag. 330. RenpIcontI. 1887; Vor. III, 1° Sem. 11
È See
“> Ù
——————@—— e +"+_#+— ___pZtrpva*aed:
Ia e facoltà che intuisce l'assoluto, a quel modo che Schelling, allo stesso scopo, aveva ammessa una nuova specie dell'attività generale percettiva, attribuendo all'intuizione la potenza di sorprendere l'essere, l'assoluto, senza l’aiuto della coscienza. Ma questa appercezione dell’assoluto non è per nulla in armonia collo spirito che domina tutto il resto del libro e gli altri suoi scritti di questo periodo; laonde è da credere che a quest’ intuizione dell’ assoluto attri- buisse un valore meramente ipotetico, cioè egli non vedeva modo di aprirsi il passaggio dal fenomenico della coscienza al reale; ma se alcuno avesse voluto, egli mostrava l'unica via possibile. Con ciò egli voleva negare alla coscienza quel valore oggettivo che le assegnavano il Galluppi e il Cousin.
« Dal soggettivismo il Testa vedeva con dolore provenire la rovina del sapere e il trionfo dello scetticismo, del quale egli avrebbe bramato trovare un rimedio; ma non riuscendovi e non volendo sforzare la logica e ingannare nè sè, nè gli altri, tanta era la sua devozione alla perfetta veracità, confessava sinceramente la vanità dei suoi sforzi; ma, non privo d'ogni speranza per l'avvenire, andava ripetendo che la filosofia non era ancora una scienza, ma solamente uno studio, e confortava la gioventù a darsi ad essa con amore e fiducia, perchè il non avanzare sarebbe un perire.
« Questo momento della vita cogitativa del Testa è la prova più evi- dente che le nostre convinzioni, considerate nel loro contenuto e non come un atto puro dello spirito che afferma un rapporto fra due o più oggetti del nostro pensiero, non dipendono dalla nostra volontà, ma seguono leggi invariabili, essendo esse un risultamento dell’ attività interna e dello stato antecedente della mente a contatto coi nuovi dati che vengono dal di fuori. Il che con- ferma l'importanza, già sopra messa in luce, di un'analisi estesa degl’inge- gni, illuminata per via di confronti, nella storia della filosofia.
« Il soggettivismo kantiano è l’unica filosofia che soddisfi alle esigenze della ragione; ma esso è la negazione della scienza: ecco la filosofia del Testa in questa fase della sua evoluzione.
« Dovremo noi accostarci all'opinione sua e riconoscere con lui che la soggettività annienta il sapere e che la filosofia di Kant riesce inevitabilmente allo scetticismo? Sarebbe un giudizio al tutto falso. La filosofia di Kant è figlia dello scetticismo, perchè fu provocata dal dommatismo anteriore, vuoi idealistico, vuoi empirico; ma essa, lungi dall'essere scettica, dà nuove e più salde basi all’ umano sapere. Io non voglio, nè posso entrare nella disamina di una questione che fu oggetto di vive e dotte polemiche, non solo in Ger- mania, ma anche fra noi; piacemi tuttavia avvertire che chi esce dalla let- tura dell’opera fondamentale di Kant coll’animo volto allo scetticismo, porta con sè, come Scopenhauer, lo scetticismo stesso. L’assieme della filosofia teo- retica kantiana, i principî su cui innalza tutto il suo edifizio, lo spirito infine che domina tutto il sistema, non ci danno alcun diritto a tale apprezzamento.
L'esistenza della fisica e della matematica non fu mai posta in dubbio dal- l’autore della Ragione pura; solo ne vuole dimostrare la possibilità di de- rivazione, ossia ricercare il fondamento della loro esistenza in principî primi- tivi e più generali, dai quali si debbano trarre i giudizi 4 priori che esse contengono. La scienza è possibile; la scienza deve essere possibile; ecco il postulato supremo della sua filosofia teoretica: la virtù è possibile; deve es- sere possibile; ecco il postulato supremo della sua filosofia pratica. E dovremo noi dichiarare Kant scettico, perchè trovò che le origini dei concetti costi- tutivi così dei soggetti come dei predicati dei nostri giudizi e dei termini delle prime sintesi sono soggettive? Il Testa doveva dimostrare che le con- chiusioni Kantiane ripugnano ad una sana interpretazione dei fenomeni dello spirito; il che egli è ben lungi dal fare, anzi porta contro i dommatici gli stessi argomenti di Kant, e trova in costui l’ aiuto più possente nelle sue diatribe, per la difesa delle dottrine da lui escogitate.
« Come possiamo spiegare questa contraddizione? Un pensatore, per quanto sia libero e indipendente, non può fare a meno di sentire l'influenza dell’am- biente in cui fu educato ed istruito. Ora il Testa, pur essendo criticista nel metodo del suo filosofare e nel procedimento del suo pensiero, nell'analisi sottile che senza preconcetti sa istituire di tutti i sistemi, è figlio del suo tempo riguardo all’ideale che si era formato della scienza e della verità. Per lui, reale vuol dire indipendente dal soggetto; per lui la verità non può essere una forma della ragione senza distruggersi, ma deve imporre le sue forme alla ragione stessa, che riceve dall'esterno la verità, non la crea. E siccome Kant dichiara che noi non possiamo conoscere gli oggetti quali sono in sè, ma solamente le parvenze, e che quelli che noi chiamiamo oggetti esterni non sono altro che pure rappresentazioni della nostra sensibilità « was wir dussere Gegenstinde nennen, nichtanders als blosse Vorstellungen unserer Sinnlichkeit seien » (!), egli giudicò che Kant ci allontana dalla vera scienza. Il che è falso, perchè questi non fa altro che darci della realtà un nuovo
concetto, e chi non lo segue in questa nuova posizione che dà al sapere, ne--
cessariamente o deve cadere nell’ antico dommatismo o affermare la nullità della scienza stessa; imperocchè andare contro Kant e dissoggettivare intera- mente la cognizione, sarebbe come mandare in dileguo lo spirito conoscitore e mantenere la cognizione senza soggetto. Il Testa si era chiusa già la prima via coì discorsi della Y7/osofia della Mente; dovrebbe quindi entrare, suo malgrado, nella seconda. Dico suo malgrado, perchè il suo spirito si mostra inquieto e bramoso di provare la legittimità dell'umano sapere; però egli ve- deva che questa, ch'egli chiama la tremenda delle questioni, piena di difficoltà nella speculazione, poteva avere uno scioglimento solo proseguendo per la via
(1) Immanuel Kant's, Aritik der reinen Vernuft, herausgegeben von Karl Rosenkranz Leipzig, 1888, p. 39.
is ser
=== —a==rre
Ì | il
Lago gare
aperta da Kant; per la qual cosa era solito dire che i suoi compatriotti avreh- bero imparato a filosofare, quando avessero preso a meditare sul filosofo di Conisberga. E per facilitare ad essi questo studio, scrisse e mise alla luce un Esposizione della Cri/ica della Ragione pura.
« 4. Nell'annunzio di pubblicazione il Testa si duole che gli Italiani, eredi di Galilei, siano talmente scaduti nella speculazione filosofica, da essere quasi stimati dalla Francia e dalla Germania estranei alla filosofia (!); e la colpa è tutta dei sistematici, i quali, incaponiti nei loro sistemi e non mettendo dubbio l'essere nel vero, si sono tenuti sulle difese senza muoversi dal loro posto e senza prendere parte attiva al movimento impresso alla scienza speculativa dal rivolgimento kantiano. L'Italia, per diventare grande, deve seguire il precetto di Cicerone; « Oportet abundare praeceptis institutisque philosophiae »; e, pur non accettando il criticismo come una filosofia defi- nitiva, deve prendere le mosse da Kant e ricostruire la speculazione su basi più salde che non siano quelle poste dagli ontologisti, i quali, dice arguta- mente il Testa, credono possedere la chiave del sapere; ma dopo la Ragzone pura la chiave è caduta nel pozzo, perchè Kant insegna efficacemente a non lasciarci imporre dalle arroganti pretensioni delle scuole.
« L'opera storico-critica del Testa doveva essere divisa in otto discorsi e formare un volume solo; invece si allargò in tre, corrispondenti all’ Esfefiea trascendentale, alla Logica e alla Dialettica. È suo intendimento esaminare per filo e per segno tutta la filosofia teoretica di Kant, confrontandola colle attestazioni della propria coscienza, a lui unica guida per giudicare il vero ed il falso.
« Il Piacentino, nella sua opera, ha con chiarezza e precisione distinto l'ufficio di espositore da quello di critico, separazione che spesso si desidera in molti scritti contemporanei della medesima indole; ciascuno dei tre volumi comprende due parti, la storica e la critica o polemica. In questa egli non solo esprime liberamente e senza predilezione il suo giudizio sulle esposte dottrine di Kant, ma eziandio esamina, apprezza e confuta le ragioni degli avversarî del suo autore, e principalmente dei filosofi italiani che in quel tempo andavano per la maggiore. Noi, della parte puramente espositiva, ci limiteremo ad accennare il criterio secondo il quale fu dettata, e a rilevare le
lacune più gravi; sulla parte giudicativa e polemica, che è la più vitale, es-
sendo evidentemente frutto di un lungo studio e di serie e coscienziose
(1) Il Cousin nel corso di Storia"della filosofia dell'anno 1828, lezione 13 dice: « Les deux grandes nations philosophiques de l'Europe sont aujourd’hui l’Allemagne et la France. Les nations du midi ou sont encore dans les liens de la théologie du dix-septième siècle ou se traînent è la suite de la France. La France gouverne le midi de l'Europe, et c'est toujours un peu le passé de la France qui est le présent de l’élite des populations du Por- tugal, de l’Espagne et de l’Italie ». Ed Hegel: « Noi vedremo che negli,altri paesi d'Europa appena si è conservato il nome di filosofia. Ella non è più che nella nazione tedesca »:
DE IT meditazioni, più a lungo dovremo fermarci, primieramente onde appaia l'ufficio e il merito del Testa come primo divulgatore e difensore del criticismo in Italia; poi perchè non può essere senza interesse, per la storia generale del pensiero umano, il conoscere in mezzo a quali lotte e attraverso a quali dif- ficoltà e per quali evoluzioni sia a poco a poco venuto il kantismo ad acqui- stare quell’onore, che oggi giustamente gli è attribuito dai pensatori di ogni luogo della nostra penisola ».
Paletnologia. — Nota I ad una pagina di preistoria sarda. Nota del prof. DomenIco Lovisato, presentata dal Corrispondente PIGORINI. i
«Oggi in cui si tratta di stabilire quali monumenti in ciascuna delle nostre provincie si debbano dichiarare nazionali, non parmi fuor di luogo ritor- nare brevemente sopra quelle singolari grotte artificiali, così numeros. in Sar- degna e conosciute generalmente col nome di Domos de gianas (!).
«A ciò sono spinto ancora dall'avere viste e visitate in novelle escur- sioni per l'isola, da me compite dal gennaio ai primi del passato settembre, alcune di queste grotte, che sono veramente originali e nettamente si distin- guono da quelle finora da me descritte.
« Delle più importanti fra queste darò qualche cenno, accontentandomi di un elenco delle altre, che sono numerosissime e la cui descrizione mi por- terebbe troppo in lungo ed anche fuori del campo dei miei studî.
« Ho detto (2) che queste di Sardegna colle grotte sepolcrali della Sicilia, illustrate dal Cavallari, hanno tanti termini di confronto, tanto nella forma in generale, quanto nel sistema di loro disposizione interna ed esterna, ma non le possiamo paragonare con quelle incavate nel suolo, esistenti pure in Sicilia ed alla Pianosa e coi fondi di capanne del mantovano e del reggiano, descrittici dal Salinas e dal Chierici.
« Benetutti, gentile borgata del Goceano, m'ha offerto modo di riempire in parte questa lacuna anche per la Sardegna, mostrandomi due di tali grotte incavate nel suolo. Esse si trovano a Su Montrigu de sas ladas nella regione Luzzanas in collinetta di tufo vulcanico, da quei terrazzani chiamato canton bianco e che si eleva da 4 a 5 metri immediatamente sopra la sponda sinistra del Tirso. Si scende in una di esse per foro circolare, come fosse un pozzo, il cui incavo divenendo maggiore all’interno lascia vedere superiormente spor- gente il tufo: due porte a nord ed a sud-est mettono nei relativi ambienti; sono interrati quasi completamente quei a sud-est; invece la porta a nord,
(1) Lovisato, Una pagina di preistoria sarda, Reale Accademia dei Lincei, ser. 4°, Memoria della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, vol. III, Roma 1886. (*) Lavoro citato, pag. 8.
ine
cca
pe a | pr
Li CRQ4a E
di forma trapezia, permette di scendere per più di m. 0,40 in vasta stanza con nicchia alla destra entrando, mentre alla sinistra sopra alta soglia vedesi porta abbastanza grande, che mette sempre scendendo in stanza di forma curva colle pareti verticali, che però all’ alto incurvandosi vanno quasi ad unirsi alla curva che fa la volta irregolare, mentre il cielo è piano nella stanza d’ ingresso. Ancora sulla sinistra, ma più in avanti, larga porta con incassatura esteriore mette in nuova ampia stanza dal cielo piano, ed estesa. specialmente a destra, mentre un foro sulla sinistra mette alla stanza prima descritta.
« Ritornando nella stanza d’ingresso troviamo sulla parete destra di essa una terza porta più bassa delle altre, che introduce in nuovi ambienti, inte: rotti dall’ interrimento. er”
«A sud-sud-ovest del pozzo, che ci ha condotti ai varî ambienti or ora descritti, vedesi altro pozzo quadrangolare, che un tempo dovea essere più chiuso alla bocca, dalla quale si scende ad un atrio esteso verso est: da questo per due porte a destra ed a sinistra si entrava nelle stanze, ora piene d’ acqua.
« La collinetta mostra altri fori superiormente, ora riempiti collo stesso tufo; non sarei alieno dal supporla tutta scavata ed abbia quindi servito da antichissima necropoli, forse anche a genti venute su pel Tirso.
« Queste due grotte sepolcrali vanno notate pel loro tipo speciale, che finora non ho trovato in alcun altro punto della Sardegna. Non dimenticherò che all’est di esse a forse mezzo chilometro sta il nuraghe Zuzzanas, e non molto distante si trovava l’altro bellissimo nuraghe di Séana, che all’ epoca della mia visita si stava distruggendo, semplicemente per fare i muri di una vasta fanca. Ricorderò che esso fruttò a me bellissime terre cotte e bronzi; come pure che ebbi in dono dal signor Pietro Michele Lucchesi delle curiose conterie, certamente antichissime, provenienti com’ egli mi assicurò dallo stesso nuraghe. Altri nuraghi ancora si veggono da quella collinetta.
« Ancora in maggior vicinanza di Benetutti altre grotte sepolcrali troviamo in granito e bizzarrissime. A 25 minuti da quella cara borgata in regione S'aspro coll’ apertura a sud-sud-ovest se ne trova una interrata, vedendosi solo l'atrio ed una parte della stanza interna, che non permette di scorgere se vi sieno altri ambienti: è conosciuta sotto il nome di domus de giana de Montrigu de giaga.
«Ancora a Montrigu de giaga, ma più propriamente a Sa mandra de gioso, coll’ apertura rivolta a sud-ovest, havvene altra veramente originale con largo vestibolo, con incassatura segnata a destra ed a sinistra e larga porta che mette in estesissima stanza molto bassa e con pilastro nel mezzo di forma rettangolare dai lati di m. 0,40 e 0,80. Passando dietro il pilastro e rivol- gendo lo sguardo verso l’ apertura mi potei rizzare in piedi comodamente, chè la mia testa non toccava la superficie curva della volta ingegnosamente sca- vata quasi a largo e comodo segmento sferico. Nè basta questa curiosità, chè altra bel più importante ci colpisce: ad un metro d'altezza dal suolo e quindi
CARRO) TRA
sopra il pilastro vediamo bellissima porta, che mette a superba stanza, la quale si estende per conseguenza sopra quella d’ingresso; da questa stanza superiore per altra porta a sinistra si passa in nuovo ambiente abbastanza vasto, ma basso.
« Accanto a questa originalissima grotta a due piani si trova altra, un po’ interrata, ma molto vasta e coll’apertura rivolta a sud, la quale pure si distingue dalle finora descritte o menzionate per avere una specie di trincea lunga più di tre metri, scavata nel granito, e che mette direttamente alla porta. Vi mancano le incassature e le scanalature.
«“ Ad ovest-nord-ovest di queste ed al sud-sud-ovest della prima a pochis- sima distanza vedesi il nuraghe de S'aspro.
«A un quarto d'ora da Benetutti nella località Montrigu Lollòe sempre in granito havvene altra con vestibolo, apertura rivolta a sud-sud-est, che mette in stanza bassa di forma curva, con .cielo piano, con porta rimpetto a quella d'apertura, che introduce alla sua volta in seconda stanza, dalla quale con porta in rettifilo colle altre due si passa in terzo vasto ambiente, estenden- tesi specialmente sulla destra: stan vicini gli avanzi di due nuraghi distrutti al basso, denominati Sa/anodde e Nostatile, ed i resti di un terzo pure distrutto nella parte superiore chiamato Szsine.
«Ad un'ora circa dalla stessa borgata nella località Minadorzu (si pro- nuncia Mnadorgiu) presso Rio Mannu v'è altra domus de giana, cui stan vicini i due nuraghi Pudighino. Non molto lungi di là si trova anche una tomba di giganti nella località Or7z0os e nella /anca dello stesso nome di proprietà del sig. Antonio Mulas Cocco, che volle farmi il presente di un vaso di terra cotta e di un pendaglio di schisto, forato ad una estremità trovati nella stessa tomba.
« Passo a quelle di Nuoro, le quali mostrano pure qualche singolarità sulle finora conosciute. Sono tutte in granito, da 6 a 7 nella località Marza Frunza sotto Val Verde non lungi dalla città sulla destra del torrentello, chiamato Acqua de Lucùla, ed una a Tanca Manna in un podere dell’eg. amico mio Don Gavino Gallisai. Nella visita delle prime mi faceva da guida un vispo pastorello d’Orune, dove pure esistono di queste grotte sepolcrali, conosciute col nome di corcheddas de gianas, mentre a' Nuoro si chiamano sas domos de sas fadas od anche sas birghines (!). Devo però osservare che
(1) Il Bresciani a pag. 88 del suo libro: Costumi dell’isola di Sardegna, comparati cogli antichissimi popoli orientali, Napoli 1850, accennando a questi monumenti, che con- sidera naturalmente come tombe e vede anche le lastre di chiusura, dice che vengono chia- mati coroneddas ed anche domos de sas virgines. Questi due nomi, però un po’ modificati esistono, ma localmente; infatti /2 curuneddi, non coroneddas indica una località dove si trovano varie di quelle grotte presso Sassari (vedi mio lavoro: Una pagina di preistoria
sarda, pag. 10); l’altro di sas Qirghines, non domos de sas virgines, è conosciuto solo a Nuoro.
u__.i +e _ ________i ———. n __ n i - ——_--
-—_ P_i
— i fe —— " "—__rr@@b@@m@m@
ERG taluno mi diceva che questo nome di sas dirghines oggi è dato più alla regione, che comprende le curiose grotte, che alle grotte stesse.
« Fra queste grotte per la maggior parte portanti le incassature, che mostrano evidente la chiusura dalla parte esteriore, e molte volte anche bel- lissime scanalature tutto all’intorno, ciò che non si vede in quelle di Bene- tutti, una particolarmente va ricordata per la sua singolarità. Ha oggi tre aperture, rivolte a sud-sud-ovest, che mettono tutte e tre in vastissima stanza larga 5 metri, profonda 3 ed alta nel mezzo 1,75, arrivando dalla parte destra fino ad 1,80, così da superare quindi nell’ altezza tutte le finora vedute e da permettere ad un uomo di stare comodamente in piedi. Un pilastro rettango- lare nel mezzo pare destinato a sostenere la volta. Sulla destra a poco più di un metro di altezza dalla parete, che come le altre è verticale e stupen- damente lavorata e quasi lisciata e fornita al basso di una specie di gradino, sta l’ apertura della grotta sepolcrale, alta m. 0,72, larga 0,64, scanalata supe- riormente ed inferiormente e colla stanza che non è più alta di m. 0,90. Delle tre aperture, che mettono alla vasta stanza, quella di destra è fatta da poco, giacchè vedesi dalla parte interna come essa mettesse a stanza sepolcrale late- rale, di cui rimangono gli avanzi, vedendosi non solo degli accenni di scana- lature, ma segnata nettamente anche l’ incassatura.
« Le altre semplicemente ricordate hanno le stanze interne che dall’ altezza di m. 0,90 vanno fino a m. 1,37. Non manca un bel nuraghe, quello di 7ane4 Manna nella parte superiore ed in immediata vicinanza a quella rammentata di Don Gavino Gallisai, fornita di vestibolo, un po’ rovinato, e di una bella stanza interna, la cui porta manca di scanalatura e coll’incassatura appena accennata.
«Da Dorgali verso Orosei camminando sempre sul vulcanico, che si abbassa repentinamente per sollevarsi di nuovo dopo aver oltrepassato un avval- lamento, che fa vedere accanto alla strada una bella tomba di giganti, si arriva dopo due ore circa al sommo del monticolo denominato Concas (d)e Gianas, forse per le belle grotte sepolcrali che contiene e conosciute colà collo stesso nome. Sulla cima e presso ad un nuraghe, che sta a sud, ammirasi in lava basaltica una di queste grotte coll’ apertura rivolta a sud-sud-ovest, colla porta quadrata di m. 0,42 di lato, con magnifico incassamento, che mostra dove andava adattata la lastra di pietra per chiudere l'apertura esteriore e murare la grotta; oltre ad una magnifica scapalatura tutto all’intorno nella soglia; ha bel vestibolo e due stanze, una dell'altezza di un metro e l’altra che di poco l’oltrepassa. Più avanti verso nord sempre sullo stesso monticolo vulca- nico se ne incontra coll’ apertura a sud-sud-ovest una seconda piena d’acqua, alta m. 1,20, larga m. 2 e profonda da 2,50 a 3, divisa in due da diaframma, che di poco si solleva sopra il pelo dell’acqua, ma più basso della soglia, che esteriormente si solleva sopra il piano di m. 0,35 ed internamente di m. 0,45; ha forma tondeggiante, colle pareti incurvate, mentre il fondo ed
Sete ge il cielo sono piani; ha nicchia nella parete di fondo abbastanza pronunziata; la porta dell’altezza di m. 0,60 e della larghezza di m. 0,40 è provvista di scanalatura un po’ rovinata, ma ciò che distingue questa cornea (d)e giana da tutte le altre finora osservate si è che l'incassatura si trova nettamente nella parte interna, può quindi benissimo questa grotta aver servito d'abita- zione, prestandosi a questa ipotesi anche le sue dimensioni, oltre all’ essere circondata da varie altre corcas (d)e gianas sulla medesima elevazione.
« Ancora presso Dorgali, 20 minuti più sotto di Su Campu de Lussurgia, dove vedesi la conca (d)e giana già ricordata in grosso masso di calcare cre- taceo (!), trovasene altra nella vera regione de Sa Picada de Lussurgia, pure in calcare cretaceo, pur troppo anch’ essa, sebbene in minor grado, manomessa dall'uomo attuale: come l'altra è in masso isolato, ma più piccolo, sopra il vulcanico; ha l'apertura alquanto irregolare rivolta ad est-nord-est con stan- zetta piccolissima. L'eg. signor Francesco Mereu, alla cui gentilezza devo la visita di questa grotta, mi diceva ricordarsi della porta intera di questa conca (d)e giana e che il guasto fu operato in quest ultimo decennio. Lo stesso signor Mereu mi faceva osservare che attorno a questa grotta, mancava quella specie di curioso recinto fatto da grossi massi basaltici e che si vede attorno all'altra in calcare cretaceo.
« Da Dorgali ad Oliena ve ne sono 4 in O//oé, non lungi dal Cologone e presso il fiume nella regione, che pure è conosciuta col nome di Domu de Gianas. Non dimenticherò che da Dorgali ad Oliena lungo il sentiero vedonsi tre tombe di giganti, colà chiamate gigantinos, e tutte tre violate, come ben s’ intende.
« A sud-ovest di Oliena e ad un quarto d'ora dalle ultime case in regione Peraghespe, in granito v è una bella conchedda de giana, alta da m. 1,20 ad 1,25, larga più di m. 2, profonda m. 1,50 coll’apertura rivolta ad est e la porta alta da m. 0,50 a 0,55 e con incassatura doppia per la chiusura dalla parte esteriore. Questo povero monumento corre grande rischio di essere distrutto, lavorandosi i massi di granito vicini da alcuni scalpellini.
« Altre due sono a Fenosu, sempre nei salti di Oliena per andare a Lulla presso al salto di Dorgali.
« Il vastissimo territorio di Orgosolo conta moltissime di queste grotte, conosciute col nome di Domos 0 concas de Giana 0 Jana: debbo un primo e numeroso elenco di queste alla cortesia dell’ eg.